Le Voci della Luna Poesia, 2008, pp. 80, € 10,00
collana diretta da Fabrizio Bianchi, volume curato da Stefano Guglielmin
nota di lettura di AR
Francesco Tomada è un vero poeta: ha una voce riconoscibile; un modo di porre le cose che le rende vivide, reali, condivisibili; sa comunicare messaggi che emozionano e mostrano i fatti della vita sotto un'angolatura mobile e quindi densa di significati. Questa raccolta ci offre una notevole sintesi (una recente selezione di sue poesie è pure inserita nell'antologia dall'Adige all'Isonzo. Poeti a Nord-Est) della poetica tomadiana, e già la bella prefazione di Fabiano Alborghetti ce ne fa pregustare l'intensità: «Per Tomada la lingua non è un attrezzo, non è uno strumento. Essa è la struttura stessa, la materia di cui siamo fatti. (…) Ogni parola nasce dall'ascolto e solo dopo cade nella pagina che le darà il suo nuovo corpo.» (p. 5)
I libro è diviso in quattro sezioni. Qui sotto proponiamo una poesia per ciascuna sezione. Si noterà come sia intensa, al di sotto di un dettato semplice e quasi dimesso, la quantità di energia “verbale” che sfolgora in queste poesie capaci di incurvare lo spazio tempo, di proiettarlo “oltre”.
da “Altri luoghi”
vi. Nell'armadio
Tutti i biglietti che lascio nelle tasche
delle giacche ai cambi di stagione
sono indirizzi numeri di telefono
e dirsi ecco dov'erano finiti
sono persone da aggiungere alle tante
che ho cercato nei posti sbagliati
proprio quando ne avevo bisogno
proprio mentre le stavo perdendo
(p. 18)
da “Io vivo qui”
viii. Un cortile
Guarda che basse le rondini adesso
più basse dei tetti
i loro cerchi danno al cortile il senso
di un piccolo cielo
è come ci insegnavano alla scuola elementare
di sera volano vicine alla terra con gli occhi
semichiusi e il becco spalancato
così ingoiano insetti e respirano aria
io so che il cibo gli serve per vivere
però mi chiedo com'è
il sapore del vento
(p. 34)
da “In suo nome”
(parla lei)
Un giorno voglio crocifiggerti sul letto con le frasi
che non ho saputo pronunciare, o meglio trasformarmi
in uno specchio d'anima che ti torna addosso tutte le parole
con cui tu mi hai ferita come quando da bambini
con qualcosa che riflette
ci si punta l'uno contro l'altro dentro gli occhi il sole
da “Tre diviso due”
vii.
Il tuo seno mi riempie giusto il cavo della mano
oggi ho le dita tagliate e piene di schegge di legno
e c'è un complimento che mi spaventa
e non posso dirti: il tuo corpo ha
la forma del mio dolore
venerdì 28 novembre 2008
Su A ogni cosa il suo nome
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