L'arcolaio, collana «Il laboratorio» diretta da Gianfranco Fabbi, prefazione di Luigi Metropoli, pp. 64, € 11,00)
nota di lettura di AR
La struttura nerboruta della poesia di Giovanni Turra Zan, sofferta come notava Massimo Sannelli con riferimento al Lavoro del luogo, si è in questa nuova silloge come ossificata in un dettato preciso e dinamico (ovvero “potente”): i versi si dispiegano in ricordi-visioni-meditazioni che trasformano il lirismo in qualcosa di pulsante, di emozionante, eppure (come si diceva) riportato all'osso da un stile già maturo e riconoscibile, dantesco nella sua forza. Come osserva Luigi Metropoli, “l'idea del viaggio è il filo conduttore della raccolta”, il libro infatti e quasi la sequenza fotografica di un cammino, che è poi quel grumo infettante e infettato chiamato vita: «il sole sbarca tra pagine di quaderno, oggi / e i nervi a bolo sono soli. soli nella stazione» (p. 11); «… menischi che s'arrendono al gioco / e fasciati si toccano. le mudra delle mani a ripetere / che vietati sono i ventri» (p. 13); «… di quella loro frazione d'amore / lei è l'ossessiva numeratrice, lui il loro comune, / incerto denominatore» (p. 27); «oggi è ruggine il baccano delle ruspe / che rifanno i marciapiedi su cii prendevi / la rincorsa per alzare la ruota della bici» (p. 34); «o per impedimenti, o per il peso del corpo che perso / aveva ogni riflesso e stava nel pantano delle ossa, / nella scintigrafia dei dubbi. ossa, / paolo e asse, respiro imploso, lui così si sentiva» (p. 47); «purché sia ragione il volo, siamo noi / ad inquinarne il lampo: o torni o vai» (p. 49)…
Alcuni lacerti che abbiamo impietosamente separato dal loro tessuto poetico, ma credo possano dare un'idea della bellezza di libro: non lasciatevelo sfuggure, è già un classico e le sue “ossa”, come quelle descritte da Ezechiele (37), sono amorosamente pronte alla battaglia, cioè alla vita.
1 commento:
ottimo autore, ottimo amico.
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