recensione di Vincenzo D'Alessio (G.C.F. Guarini)
via Sala 29 - frazione S. Felice
83025 Montoro Inferiore (AV)
Appropriarsi di un testo poetico è sempre un’impresa ardua, per chi lo scrive e per chi lo legge. Capita così ai migliori autori e a quei critici, militanti o in retrovia, che si pongono in ascolto della memoria dell’Umanità: la scrittura.
Avvicinarsi ad un poema, come i classici inclusi nel “Siglo de Oro” della Spagna di Cervantes, Lope de Vega, Calderón de la Barca, in lingua originale, resta bellissimo, poiché le assonanze, la cadenza, l’armonia che governa i versi, le parole, vengono percepite nella loro interezza. Un bravo traduttore, egli stesso poeta, riesce a dare una traduzione fedele, originale nella interpretazione.
L’autrice della raccolta, Gladys Basagoitia, realizza nella sua persona entrambi i risultati: poeta e traduttore. Senza alcuna contesa linguistica. Il fluire della lingua madre, lo spagnolo, nel poema La carne / El sueño, è un «y sentirme viva». La traduzione in lingua italiana lascia trasparire interamente la proprietà del linguaggio assunto, nelle sue molteplici sfaccettature. Non è poi semplice!
Il poema canta «nella valle di tenebre» la lotta tra il corpo e l’anima, l’essere e il non essere, il vivere e l’annullarsi nel silenzio. Dalla prima all’ultima pagina la poesia non perde mai di consistenza. Il costrutto onirico soggiace al dolore vero dell’essere, si rialza, geme, ma non annulla l’essenza, come è invocato nell’esergo: «a la vida que continua»; «non permettere mai che la carne ferita / possa dannare l’anima» (p. 73).
Mettere in moto la Fede, gli affetti, gli amici, la nascita continua nella «bimba che sogna», tutto deve contribuire a sostenere la carne per avvicinarla al sogno: «imperversa il rabbioso carnefice» (p. 73); «tormenta della carne / tormenta del sangue» (p. 75). La notte dell’esistenza cala sull’apparire del giorno e il futuro non ha più speranza: «alla soglia del viaggio / verso il mare increspato del mio inverno inevitabile / e so che devo attraversare la soglia» (p. 65). Poema della salvezza, poema della speranza, poema degli ossimori: «i brevi / eterni momenti dell’arcobaleno» (p. 95); delle metafore: «bevono i gufi latte siderale» (p. 87); poema dei contrasti, delle allitterazioni, degli orpelli: «effimera eppure eterna» (p. 29) – «sognai un campo seminato di parole in fiore / per cantare con gratitudine / consapevole del regalo di respirare ancora / e sentirmi viva» (p. 97).
La vita è sogno, come scriveva Calderón de la Barca quattrocento anni fa nel suo capolavoro La vita è sogno. L’esistenza è in lotta tra predestinazione e libero arbitrio. Come oggi ci indica la stessa Basagoitia nei suoi versi: «vivere il prisma dei giorni / sogni meravigliosi e incuibi crudeli» (p. 93). Dov’è l’Umanità in questi atroci momenti, mentre… «l’abisso delle infauste ore / mi trafiggono i lamenti di Dora / le sue grida invocano insieme all’analgesico / le assenti carezze del figlio» (p. 77)? La poetezza è la vestale che «deve mantenere vivo il fuoco / della gratitudine» (p. 157) per sé e per tanti.
Il mondo di oggi è lontano dall’essere presente al dolore degli altri, abbandonati alle sofferenze. Troppa corsa al denaro, al benessere, all’inciviltà violenta.
Torna alla mente un’altra bella poesia, quella di Maria Luisa Ripa, dalla raccolta Parole dal silenzio (2003) dove la poetessa scrive, idealmente con Basagoitia: «Non è semplice / Sorridere al dolore / (…) Sbatti in faccia al tuo dolore / La tua vita» (p. 88).
Straordinaria ed appassionante resta la lettura di questo poema umano. Tanti sono gli spunti originali, come molteplici quelli mediati dalla letteratura italiana classica, come dagli autori spagnoli: i girasoli tra Firenze e Certaldo, e «pensai al Perù» (p. 155). Senza enfasi.
Vorremmo che questo libro giungesse a lenire la sofferenza che assedia questa Umanità del ventunesimo secolo. Lenisse i tumori, le guerre, la fame, le malattie, in nome dell’unica vera medicina terrena: «abbracciarmi alla tua anima» (p. 21).
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