venerdì 15 giugno 2007

Ossimori infiniti (Daniele Borghi)


v. anche Ha senso Farapoesia?


Entrata libera

È un'umida grotta franante
infestata da freddi vapori di rabbia
il luogo in cui vanno a morire
gli amori traditi e umiliati.

Sdrucciolevole e scuro
come grasso bruciato
sul fondo di vecchie padelle scrostate
il suolo afferra e trattiene
come morsa feroce e crudele
ogni piede che prova ad entrare.

Nell'aria rimbalzano gli echi
di frasi corrotte dal tempo
odore di baci marciti
e mani trasformate in tenaglie.

Gli addii rancorosi
trasformati in lampi verdastri
rischiarano a tratti
la volta di roccia
che gocciola lenta e distante
gli umori dei corpi
che un tempo sereno
rincorrevano orgasmi gridati.

Le pozze che formano
in basso, sul fondo,
hanno l'aspetto del fango
e del liquame l'afrore.

Fiammelle ormai prossime a morte
galleggiano inutili e vacue.

Non ci sono biglietti d'ingresso
l'entrata è pagata in dolore
con la paura di abbracciare la vita
con la minaccia all'istinto d'amare.


Saldi

Da oggi si svende.

In saldo il re dei forse,
Il despota assoluto
dei non posso ma vorrei,
l'esperto più famoso
delle occasioni perse,
il genio scintillante
delle parole inutili.

Soltanto una moneta.

Salterà nella borsetta
il profeta inascoltato
dei perdenti rassegnati,
il famigerato totem
degli idioti più sapienti
il simbolo del futile
l'emblema dell'inutile.

Ci basterà un sorriso.

Scodinzolerà pavido
lo scemo del paese
il marchese dei barboni
il capofila dei dementi
dei creduloni il principe
degli orfani il messia
del nulla gran profeta.


Il treno e la brezza del mattino

Guardo passare il tempo lento
come un treno merci vuoto
o il volo di un uccello lontano
che raschia pigro i vapori del cielo
Guardo passare il tempo e penso
a quanto malamente ne ho sprecato
come fossero gli spiccioli di un capitale enorme
Immagino pietoso che non stia per finire
ma evito il raffronto con quello già trascorso
Lo scorrere ha lisciato i ciottoli sul fondo
le rese inevitabili e i bilanci sempre in rosso

È solo una mattina di giugno come tante
albeggia lentamente con nuvole distanti.

È solo il punto il punto morto prima di ricadere
un acme impercettibile figlio del troppo bere
un attimo impietoso figlio del troppo male
Riposa mestamente il mondo tutto intorno
il sole manda raggi spogliati di calore
soltanto un uomo pazzo è fermo sulla riva
riproverà a tuffarsi spinto da un vecchio sogno
Non tornerà mai indietro è troppo grande il peso
dell'anima sconfitta da luride finzioni
da ingenuità racchiuse in un corpo vigoroso.
Nell'aria solamente suoni d'acqua spostata
nel vento si disperdono respiri troppo flebili
la brezza del mattino scivola sul silenzio.

È solo una mattina di giugno come tante
albeggia lentamente con nuvole distanti.


Rami secchi

Il vento ormai non districa
nessuno dei pensieri
quest'aria in movimento
incurva le mie linee

Le sento che si torcono
come dei rami giovani
si flettono e resistono
soffrendo inutilmente

Solito vecchio schianto
la terra accoglierà
marcire lentamente
maledicendo il gelo

Rami marci per chi resta
rami secchi per un dopo
un poi dalle ombre lunghe
vestito da pagliaccio.


Memoria

Ci s'innamora ancora
perché poi si dimentica

Non l'oggetto dell’amore
ma di quanto male fa

Si scordano i momenti in cui
la vita sanguina
in cui
l'anima muore
e
i giorni ti massacrano

Nel tempo poi rimane
soltanto il poco lieto
lo scarto di memorie
che spinge a amare ancora


Ghiaccio tra i denti

Come ghiaccio tra i denti
succhio un sapore svanito
ne sento i temibili crocchi
scortati da un freddo crudele.

Le schegge m’incidono a sangue
e dolgono le ossa malate
non sciolgono niente da dentro
queste albe di cieli pesanti.

Gli abiti sporchi per terra
rimandano a notti lontane
perdute e sparite per sempre
svanite in un mondo trascorso.


Equinozio

Si appoggia il vento flebile
su foglie verde morbido
l'inverno ha le ore lente
ma finalmente è andato.

Immagino il futuro
con animo ospitale
aspetto un sole tiepido
come seno di madre

Ripetere propositi
e distillare ipotesi
rivivere in un ciclo
dagli esiti immutabili.

Illudersi di vivere
con ritmi naturali
è un tentativo ingenuo
di credersi immortali


Mentendosi il dolore

Ricordi senza senso
ingiuriano il presente
Molesti ospiti ottusi
di pensieri malformati
Tubercoli gibbosi
su pelli screpolate.

Si specchiano in silenzio
in lastre di cristallo
mostrandosi perfetti
mentendosi il dolore
ignobili e sottili
serpenti sotto pietre.

La caccia mai aperta
non ne consente morte
di armi troppo antiche
non ho più munizioni
è mira dissestata
la guida delle mani.

La tregua mai richiesta
ritarda il suo sollievo
infette le ferite
perchè da mai lavate
speranze troppo attese
corrono lontano.


Crimine

Scivola il tempo
scivola il vento
su foglie di alberi morti
su fili di erba ingiallita.

Scivola il senso
scivola l'onda
su spiagge deserte
su scogli puntuti.

Smarrito torpore
di sensi annebbiati
di occhi bendati
sull'anima mundi.

Pensieri raccolti e acconciati
come capelli di crocchie pigiate
pensieri che sciolti non hanno
neppure una vaga ragione.

Scivola il vento
scivola il tempo
spirale infinita e corrotta
di vite inermi e passive

Scivola l'onda
scivola il senso
perduto nel crimine folle
di spreco, di vuoto, di nulla.

Le pazze saccenti

Capiscono soltanto
il dolore che si sono abilmente procurate

Lanciano in aria parole
come maneggevoli clavette di giocoliere

Milioni, al vento, inutili e stracciate
come fogli laceri di un quotidiano letto

Consunte lise inutili
nel vano tentativo di svellere certezze

Ossimori infiniti e iperboli scortesi
si sbranano l'un l'altro per riparare i guasti

Parole che devastano e foto audaci e folli
nascono da menti propense a uccidere

Le malattie modificano il suono delle voci
è troppo dolore inutile cercare di capire

Possenti barricate di un'anima in disuso
hanno strappato viscere e lacerato spiriti

Infami le bugie e ignobili le scuse
hanno sepolto vivo un uomo senza senso

Pietoso velo bianco ricopre un corpo immobile
pesante coltre scura nasconde gli occhi vitrei




Sono lieto di pubblicare questa poesia di Daniele Borghi che credo faccia riflettere sull'uso etico della parola.

1 commento:

Alessandro Ramberti ha detto...

Su suggerimento di Daniele definisco un po' cosa intendo per "uso etico della parola". In sintesi credo che ogni comunicazione che ne faccia uso, specialmente se si tratta di letteratura e ancor più di poesia, debba far uso di parole che sappiano dialogare, indicare, proporre e "ascoltare" in un continuo feedback con i lettori: quindi l'autore si pone quasi come intermediario, come stimolo al riflettere e al fare, partendo da sé ma non limitandosi a sé. La parola per me ha senso solo – se come è poi la sua funizone - va oltre, si propone rispettosamente e umilmente, si confronta con le voci passate e presenti, si depura, si essenzializza, si espone dunque dopo un processo di autentificazione che per l'autore può essere doloroso, ma necessario.