giovedì 8 febbraio 2007

Geli e altre poesie (Luigina Bigon)


GLI ORTI DELL’OLOCAUSTO

Angeli e demoni ad Auschwitz.
Dalle oscene ciminiere sale il rosso
delle ceneri, si consuma nell’aria
va ovunque sui campi sulle strade,
sulle case di campagna a profanare
gli orti dell’olocausto. Un silenzio
gravido come un mantello nero
chiude ogni bocca, spegne ogni vista
mentre adulti madri e bambini
muoiono nei forni crematoi.

Qui nei campi di sterminio
ci tengono alla pulizia:
niente cappelli lunghi per i pidocchi,
niente vesti: ci devono lavare
disinfettare. Nella misera nudità
noi nascondiamo con le mani
il pudore dissacrato,
ma crediamo ancora. Il respiro
ci addormenta lentamente, persi
per sempre in un limbo senza fine.

26 gennaio 2009




ELUANA

Ti pensavo nel respiro forzato
di un’agonia senza freno
nata dalla superbia di chi
si crede dio. E Dio paziente.
L’ho pregato nel silenzio
mentre il cuore batteva,
il mio e il tuo: “ti prego,
…soltanto la Tua volontà”.

Poco fa un tumulto mi ha scosso
fino alle radici. Mi sono fatta
il segno della croce nel segreto.

Ti ringrazio, Dio!

9 febbraio 2009 (morte di Eluana)



OGGI

Si combatte sulla Striscia di Gaza,
missili bombe deflagrazioni spari.
Corpi a brandelli, grida, bambini
straziati. Si muore a Gaza.
Gli uomini delle guerre
sprofondati nelle loro poltrone
non dicono dell’amore,
soltanto il potere conta
più rosso del sangue di mia madre
quando mi partorì, allora sangue
di vita, ora sangue di apocalisse.
A Gaza piangono i fratelli morti
le madri mutilate
i bambini zoppi
i padri senza mani
e noi offuscati nei nostri divani
a consumare leccornie
a inzuppare manicaretti nel vino…

Sulla Striscia di Gaza si muore…

Grido la sconfitta
il piombo sugli innocenti.

Strappiamoci le belle uniformi
il rosso dalle labbra
il profumo selvaggio.
A Gaza soltanto odore di fuoco
e il rosso delle ferite.

A Gaza si muore.

6 gennaio 2009


L’OMBRA

Una tentazione mordente
di svelare il paradosso
come il sole che brucia.
Il mondo illusorio si muove
in un acquario dove
il sommerso si riflette in superficie
e tutto viene a galla
e tutto rimane nel fondo
dove si insabbiano anche i pensieri.
Resta quel senso di magone
tra laringe ed esofago
che non sai ammorbidire.
La tua ombra sulla sabbia
ha contorni nitidi, impercettibile
il movimento dei capelli
sotto l’onda degli ombrelloni.
Isole di bronzo i corpi sulla sabbia
aperti a un coito inappagabile.
Il mare macina alghe e conchiglie
senza voltarsi indietro. Ho visto
l’Ombra passare sopra le teste
trascinando via la materia grigia
e portarla con se nei fondali.
Solo i bambini sanno cantare.

(Sottomarina di Chioggia, VE
28 giugno 2007 – 15,04)


(foto di Luigina Bigon)

LA MIA CITTÀ

Dov’è la mia città
i suoi abitanti, la parlata
padovana, lo scherzo, la battuta?
Tutto si svuota e si riempie
di mendicanti, di orrori,
di ragazzi come topi
allo sbaraglio. Sonora
era la mia città, ora
è un urlo, uno stridore
un pugnale nel petto.
Cerco tra la gente sguardi
che mi appartengono
che mi fanno sentire a casa mia.
Breakfast all’ultimo istante,
un tram che striscia sulle rotaie
come un serpente. Povera gente,
la mia, stordita da flashes
che non perdonano.
Mozziconi di sigarette, odori
di schermaglie metropolitane
singulti atei, e la corsa al vuoto
che domina come un gran bluastro
tumefatto sopra le luci al neon.
Non ha più colori la mia città,
solo ori falsi, nickel luccicanti d’angoscia
tra extracomunitari emarginati
e altri ossessi nella ricerca disperata.

(2 aprile 2007)


DOMENICA IN RIVA AL BRENTA

I rumeni sono venuti in riva al fiume
con i loro bambini Alexei, Andrej, Sonia…
famiglie sdraiate sull’erba con le merende.
Dalle acacie cinguettano gli uccelli,
il profumo dell’acqua scorre dentro di me
in quel flusso di anni e ricordi. L’avevo
quasi dimenticato, ancora non so definirlo.
Forse mio padre avrebbe saputo.
Ci portava qui nelle domeniche estive
insieme a mia madre e le mie sorelle:
ci divertivamo un mondo correndo0 cofano dell’auto
fino ai fanalini di coda. Molte macchine
ed altre cose erano state inghiottite
sul finire della guerra. Avevo paura.
– Felici chiacchierano i rumeni, cicaleccio
di musica nuova per il mio udito stordito.
Tento una lettura impossibile,
troppe cose mi attraversano la mente.
– Lentamente i rumeni se ne sono andati
trascinandosi dietro griglie passeggini e bambini.
Sono rimaste soltanto le orme sull’erba
e le ombre tremolanti dei salici.
Accanto a me un mucchietto di cenere ancora calda.
– È qui da sola? mi avevano chiesto.
– Ciao signora, dissero prima di andarsene.
Altre famiglie se ne vanno lungo lo stradone
con il sole che sbuca tra le foglie.

(20 maggio 2007)






GELI

Il ghiaccio scricchiola
sotto i passi, sulla neve
tracce di sangue, forse
una cincia ferita. La strada
in discesa brilla come una cometa.
Il silenzio della sera
scivola sulle case e sui nidi
delle cornacchie. Nel paese
luci accese, al bar uomini seduti
con il bicchiere in mano
il berretto calato sugli occhi
il vino rosso che scivola
nelle gole. Voci roche, basse
pause interminabili
sguardi ovattati.
Un vecchio si alza dal tavolo
si avvicina alla ragazza del bar
gli lascia cadere una banconota
tra il seno e la camicetta.
Fuori il gelo incrudisce le pietre.

(5 gennaio 2006)



GIASSI

El giasso el scroca
soto i pie, so la neve
mace de sangue, forse
la xe na cincia feria.
La strada inpissà de diamanti
la va in xo piena de lustrini
come na cometa.
El siensio de la sera
el sbrissa sora le case
e so i gnari dei osei.
In paese ciari inpissai,
ne i bar omini sentai
co el goto in man,
la bareta zo so i oci
e el vin ch’el sgorna zo
ne le gole. Vosse rauche,
ociade infumegae che no le
vede gnente. On vecio
se alsa da la tola, el va
vissin a la toseta del bar,
el ghe lassa cascare na fojola de schei
tra la camisetta e el peto.
Fora el fredo spaca le piere.

(dialetto padovano)


SLITTAMENTI

Trasporto la voce
l’icona auscultativi
reperto.
Trasferisco il suono e il dove
di un pensiero in trasformazione.
Doppio alabastro questo volo
Sintesi – aquilotto.
Rapo! Cosa?
Perché questa forma-pensiero?
L’uccello batte le ali sulla finestra
piume bianche
avorio (ovario) il seme
tremo (tramo – treno?)
Cosa?
L’apice del monte in salita
un dunque abitato per altre forme.
Sganciamento. Pronunciarsi?

(In volo sopra Chicago)


BLUSBUGHIVUGHI

Chicago in blues Chicagooo!
ritmo che ritorna
voce suonatori suono.
Passo dal soft sincopato
al piede che batte,
riempio la misura
il regolo
il tempo
Accanto a me lui - luiii i i (ginaa!)
la vena
il vino
(bevo caffè/cofi)
e tu che ti misuri
al ritmo di un interno
americano
tavolini libri musica
boy bicchieri book
familystore
un basso due chitarre elettriche
due cantanti
e la spinetta.
Rigiro il bicchiere
sorseggio
respiro
mi lascio vivere
bughivughi
ritratti alle pareti
foto in bianco e nero
batto il tempo
teenagers sul sofà.
Oltre le vetrine
insegne rossealneon
l’avenue che svetta nella notte.

(Hammond, 4.1.2002 - 21.45 Bookstore music)



AMBARADAN LONDINESE

Piccadully Circus eccitante
pazzo circuito di elettrodi
cuori Big-Ben, continuo fermento
di volti, piedi in tutti le direzioni.
Bus, quanti bus, infinità di taxi,
cabine telefoniche rosse, Sanyo
sempre in moto, semafori omini
verdi/rossi lampioni neri
interminabili corsie ambaradam.
Parlo con tutti (I do not spik inglis!)
quante lingue, cammino ovunque
meteora passo-passo,
metrobus terribili incalzanti
precisione svizzera.
Venti milioni di piedi (Harrods
basilica del lusso | bellissime
donne arabe con il velo). Vado
a Coventry Garden in cerca di
imitazioni. — Auto acciaio inox
nero bombate con vista panoramica
altre oro egizio; aerei tetti strade…
Da Vinci se la gode, lui che pensava
al futuro: eccolo in piena forma
con tutte le gag che si formano
sotto l'occhio di Londra che ruota dall’alto.
Galileo ride. Fumatori di samovar
appartati sul fronte strada quasi musicisti.
Cammino per i fatti miei come
quando a Padova vado al mercato.
Qui non vale la pena vestirsi eleganti
tanto nessuno ti vede.

(Londra, 10 agosto 2004)


SOPA DE TERA

Te vjio ben
anca se el gropesso
me fa sopa de tera
foja de albaro invirgolà.
Bateso l’oro de le to sc-iantise
el fogo de le to raise.
Te cuno so i me brassi
te fasso puteo,
indormessate so la me cuna
fate inamorà.
La campana sona
i putei siga
i osei i canta al fior de croda alta.
Te ciapo le man
te caresso el viso
me indormesso vissin de ti.


Versi a tratti idillici e impressionistici che scorrono con semplicità particolarmente vivida ed efficace nella versione in padovano.
Luigina Bigon è nata e resiede a Padova. Ha pubblicato Barattare Sogni, Clessidra 1989; Lucenenèra, Maseratense 1995; Cercando O, Panda 2001, tradotto in inglese da A. Piazza Nicolai. Ha ideato e curato la collana «… in versi», pubblicando Camminando in… versi, Panda 1996; Gelato… in versi, Media Diffusion 1997; Occhiali in… versi, Panda 1998.
Fa parte del direttivo del "Gruppo letterario Formica Nera" dal 1980. Nel 1989 ha fondato il "Gruppo Poeti UCAI", sez. di Padova, il cui intento è quello di promuovere i valori cristiani attraverso l'arte in tutte le sue espressioni. Ha realizzato, con il contributo di R. Bettiol, L. Gaddo e M. Ottogalli diverse antologie.

Ascolto il volto irragiungibile
il dio insaziabile che mi sfugge.
So solo che mi devo nascondere
per sapermi dire.

7 commenti:

adeodato ha detto...

Piu' che "tendenzialmente idillica e mpressionistica" la poesia di Luigina Bigon attinge profondamente dal "realismo magico" sudamericano e dalla poesia statunitense post-beat generation.

adeodato piazza nicolai

Alessandro Ramberti ha detto...

Grazie Adeodato, le mie note sono veloci e impressionistiche e mi fa piacere se puoi presentarci meglio la poetica di Luigina che io trovo particolarmente espressiva ed efficace nell'uso della lingua veneta: tu che ne dici?
Se mi invii qualche inedito assieme a una stringata autopresentazione sarò lieto di inserti in questo spazio: a presto e buon tutto!
Alex

giorgia ha detto...

Nella poesia "Geli" la poetessa ha reso, con un susseguirsi di suoni sibilanti, i rumori/silenzi che circondano i luoghi in cui la neve è personaggio primo. Nelle altre liriche, con ritmo incalzante e veloce il lettore viene alternativamente trasportato dal tempo "americano" in cui la parola è suono intenso, al ritmo padovano in cui la quotidianità ha la lentenza della vita vera. Complessivamente, l'autrice, malgrado gli inserti linguistici, riesce a raggiungere e cogliere l'attenzione del lettore.

Alessandro Ramberti ha detto...

Grazie Giorgia per il commento che credo faccia piacere anche a Luigina. A presto e buona continuazione!
A

Alessandro Ramberti ha detto...

(inserisco volentieri questo commento di Marilla Battilana)

I versi di Luigina Bigon scorrono inarrestabili ricreando anche per via del ritmo nel linguaggio le scene in cui la pura nominatio delle cose e persone che l'attorniano evoca il moto perpetuo del centro londinese oppure la riposante intimità di una coffee-house americana. La scelta di un vocabolo può determinare sottilmente una valutazione etica. Vera poesia.

Alessandro Ramberti ha detto...

(sono davvero lieto di postare questo commento in cui Luigina ci parla della sua "officina" poetica, e la ringrazio per avermi gentilmente inviato la bella, intensa poesia in padovano che ho inserito qui sopra in calce alle altre)

Sono veramente felice dei commenti inviati. Per priorità ringrazio Alessandro con le sue veloci e impressionistiche note, poi Adeodato che adirittura mi ha fatto volare tra le aree statunitensi post-beat generation; di seguito la voce di Giorgia che ha trovato in GELI tutto il susseguirsi di suoni sibilanti: se guardiamo bene la prima parte della poesia oltre che sibillante è anche sibillina dove dice "macchie di sangue sulla neve, forse una cincia ferita". Avevo visto queste gocce rosse e immediatamente avevo pensato ad un piccolo uccellino ferito, ma quale "cincia"? Non lo potevo sapere. Ma proseguendo attraverso il paesaggio serale, con tutte le immagini che seguono, entro al bar e vedo gli "uomini" beoni e opachi. Porto con me sempre un notes, e annoto quello che vedo: uno di loro, piuttosto anziano, si alza, paga il conto e poi si avvicina alla ragazzina del bar: e qui la scena della banconota da cinque euro che fa cadere nella scollatura della camicetta: rimane ammutolita. Io pure. Cala il silenzio. Istantaneamente mi scatta l'immagine della neve macchiata. Il cerchio si chiude: ecco la "cincia ferita" annunciata. "Fuori il gelo incrudisce le pietre" conclude il gelo del gesto, che a sua volta lo coniuga, con il gelo del di fuori, in GELI. Grazie Giorgia!
Poi Marilla che ha colto "il moto perpetuo
londinese" e "la ripostante intimità di una coffee-house americana". Conclude "vera poesia". Certamente generosa, cara Marilla: te ne sono grata. Posso aggiungere che per me la poesia si trova in ogni angolo, anche il più buio e nei momenti più disparati. Quello che ne esce poi lo dirà il fruitore...
Ancora grazie a tutti
Luigina Bigon

luigina bigon ha detto...

Ringrazio Alessandro per aver reso visibile "Gli orti dell'Olocausto", PER NON DIMENTICARE.
Cordialità

Luigina Bigon