martedì 20 febbraio 2007

da Biometrie (Italo Testa)

(Manni, Lecce, 2005)

Retine


Di ora in ora, appena scatta un allarme
da qualche parte una luce si accende
tra le tende il tuo corpo si nasconde
dalla donna che nella stanza dorme.
Poi dal frigo un sibilo si propaga:
imbevuto di una tinta acida
il quadro luminoso della strada
sovresposto sulla pupilla dilaga.
Se un elicottero verde veleno
sovrasta le insegne della notte
battendo ai vetri, dal decimo piano
manda il tuo segno al profilo alieno
fondi la retina al cerchio radiante
del dio in acciaio metropolitano.


Gli altri

Hai visto gli altri in fondo al giardino
l’uomo in divisa che pianta la tenda
quello è tuo padre, sorpreso si volta

e scarica l’arma, brilla nel piombo
la fronte dell’ombra che al suolo ricade
e nella sabbia conficca la lama.

Hai visto nella luce del prato
la maestrina distesa e morente
la ferita del ventre si allarga

e combacia con il taglio di vita
l’apertura che al mondo ti invita
ad uscire dall’incavo al giorno.

Hai visto a brevi tratti sul verde
dissolto da un moto o un respiro
uno che lento si porta nel mezzo

quello è tuo figlio, col sangue alla bocca
schiude i passaggi, ripete l’oblio,
simula un gesto e addenta un papavero.


Nel ventre dei canali

Poi scendiamo a scrutare il fondo dei canali,
nella melma lascia un’impronta la tua spina
dorsale: l’acqua non soffoca, l’acqua
arrossa le congiuntive, gonfia le orbite
in cui si consumano i resti del giorno.

Scendiamo ad immergerci sotto le coltri
di rottami: alla corrente si affidano,
nella corrente corpi indifesi mutano,
di umori s’infiltra la secrezione dell’onda
di linfe s’intarsiano le vene degli occhi.

È con la marea che poi i resti riaffiorano,
la tua pelle dilavata a macerare
nell’incavo di copertoni affondati;
con la marea si specchia il cielo, a morsi
gli sparsi rifiuti riflettono le iridi.

Scendiamo a misurare le buie tane
il ventre dei topi, i desideri infetti;
all’acqua che piaga, nell’acqua che dilava
si ispessisce il manto, si dilata il sesso,
di questa laguna ogni anfratto è palude.


Dopo i segni della mente


Nuota via dalla barriera sommersa
quando il sole si scioglie nell’acqua
come un embrione impastato di sangue:
quando la motonave attracca ad un molo
su cui la nebbia si coagula a strati
nelle piume di un gabbiano tramortito.

Svolta via dalla barricata bruna
che compatta si stringe nei vagoni
e batte alle lamiere come tempie
quando una testa porta il suo cappello
dentro il flusso indistinto dei tunnel
affondati sotto il peso del duomo.

Dormi via dalla barena sepolta
nella volta piombata del cranio
cicatrizza i segni della mente
come la medusa grigia si scioglie
l’ansia, liquefatta nello sterno
nuota via nella placenta nascosta.



Le cose


Ma questo sogno che cadano i denti
una volta ogni due, tre mesi,
e tutti a far finta di niente,
che poi, a tradirci, sono le cose;

la luce intermittente degli allarmi
ci sorprende, irrigiditi, tesi;
il neon che manda lampi sulle scale
ci fissa a un'istantanea delle cose.

La chiave, quando scatta nella porta,
fa scorrere le palpebre sugli occhi,
e l'airbag che tutto a un tratto esplode
ci invita a smarrirci tra le cose;
e l'altro sogno di non arrivare
mai in nessun luogo, da qualche parte
dove valga la pena di fermarsi,
di segnarsi, piegarsi a caso,

imparando attenti a respirare,
e a stringersi negli spazi vuoti
se abbagliati dai fari sulle strade
cediamo all'assedio delle cose.



Alcune delle atmosferse evocate da queste poesie mi hanno ricordato Il mio Carso di Slataper (segnatamente la scena del Dagli, ma anche altre): "Poi scendiamo a scrutare il fondo dei canali, /nella melma lascia un’impronta la tua spina / dorsale: l’acqua non soffoca, l’acqua / arrossa le congiuntive, gonfia le orbite / in cui si consumano i resti del giorno."
Una capacità di usare anche in non semplice decasillabo e le assonanze e le polisemie sintattiche per creare un ritmo a volte giocosamente sinuoso vitalistico e sensuale, ma forse slataperaniamente venato di una Angst che fonde tratti neocrepuscolari a immagini posfuturistiche. Una poesia filosofica, ma senza snobismo.
Italo Testa (1972), vive attualmente a Milano. Ha pubblicato per la poesia la raccolta Biometrie (Manni, Lecce, 2005) e il poemetto Gli aspri inganni (Lietocolle, Como, 2004). È co-direttore della rivista on-line di poesia L’ULISSE. Per la saggistica ha pubblicato di recente il volume Ragione impura (Bruno Mondadori, Milano, 2006).

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