venerdì 2 febbraio 2007

Aglaìa (di Francesco Randazzo)


Il rosso, fra le quartàre rotte
infisse nel muro antico, quaglia
mentre l’occhio s’impanna
stupido, di là il fruscìo
del mare attonito dal vento
soffia sussurro e panico,
ed il respiro per un attimo
si pensa.



Cauto è il precipite del muro,
su dall’alto ripara dalle morti
incaute. Il cielo taglia il vuoto
e ammonisce. Sotto se sporgi
e volendo puoi, scogli bellissimi
attendono, arricciati di schiuma
bianca come il cuore.
E si ascolta in quell’attimo
il grido della pietra.



Ho visto
il colore dei tuoi denti
e lo sgomento dell’occhio
sorpreso dall’intruso,
e ti sei chiusa
come dentro di me
per non vederti.



Spaccate sulla terra stanno
sparse come briciole d’inverno,
le gocce salate del tuo corpo.
La terra assorbe
ma non germoglia frutto.



Aperta nel cielo
sul mare
fra le nuvole
d’indaco impossibile
una porta perfetta
di sette colori.
Ho volato
dentro
quell’arco,
baléno del miocardio,
e cadendo
qualche ora più tardi
non ho saputo dirti
con parole
dove
ero stato
io con te.



Aglaìa
luce su metallo
che si rompe
grido di frattura
labirinto di sole
fulmine d’inverno
parusìa di te stessa,
tu
lama mia.



Sul cemento affondato nell’acqua,
blocco di riparo della riva, lì
proprio, sotto la lingua polvere
e vento, sotto la lingua pause
leggere di paure, vestita
d’una giacca strappata,
hai sorriso
ed io ho bevuto il senso.



Amo le scatolette dei pelati
spogliate d’etichette, rese
chiaro argento metallico
e le righe in mezzo a dire
“Sono cosa”, pulite, belle
fredde e compagnone,
vuote di sugo piene di matite.

Amo bottiglie, tappi e fil di ferro
ne colleziono più d’un rigattiere,
non so che metterci dentro
se non l’aria. Spesso respiro
e poi le chiudo e sole
le lascio per la strada
e me ne vado.



Passano i suoni e cantano
l’addio. Esistere non è
essere sempre. Un gatto
miagola e non sai perché.
Chi mi dirà parole che non sono?



Le papere alla fonte
sguazzano e figliano
industrialmente intente.
I papìri si guardano le chiome,
i pesci ingrassano quieti
e un topolino alle undici,
ogni sera, si tuffa, nuota
riaffiora, approda, squìtta
furbo e se ne torna a casa,
a comporre formaggi con i buchi.



Vetro, schermo di libri
dentro, d’alberi e vento
fuori, smeriglia lo sguardo
che non può vedere.

Bruciano sigarette ultrasottili
e la cenere s’ostina a non cadere.
Se il sole, una volta, una soltanto
s’accendesse nel cuore della notte.

Lampade al neon purtroppo,
a luce intermittente ultranociva,
fingono giorno e rodono la mente.

Bisognerà aspettarlo il sole.



Occhi, non vedo che occhi.
Grigio caffè bluastro brumoso,
Verde fumo e caffe' profumo.
Sogno treni e sofà, occhi
e sussulti. Vorrei dormire
senza sognare, come fossi blu.



Una volta, una soltanto,
saper dire e nel dire
esistere, così, per un nulla,
così poco da essere per sempre.



Note d’inchiostro bianco,
Qoèlet e affanno,
frutta secca marcita
e le dita le dita che non sanno
contare il tempo e la misura.
Suona un vuoto senza fine
e la cavea del corpo s’abbandona.



Rosso nel vetro,
vetro trasparente,
pianto di un dio
che muore,
pieno di compassione
e struggimento.



Questi versi si segnalano per una capacità sicilianamente zen di offrirci parole scelte, scavanti, echeggianti di miti rivisitati, scabre e sobrie… Il brano che segue penso possa essere sottoscritto da chi, della parola, non può farne a meno: "Una volta, una soltanto, / saper dire e nel dire / esistere, così, per un nulla, / così poco da essere per sempre."
Perché la Sicilia è così ricca di autori (spesso fuorisede como il Nostro) che hanno davvero qualcosa da dire e sanno farlo senza appiattirsi sulla ormai scolastica linea lombarda?

Francesco Randazzo autore e regista ha un ricchissimo cv che potete trovare qui. Il suo ultimo libro è una raccolta di racconti fulminanti Papier mais.

8 commenti:

Alessandro Ansuini ha detto...

la prima volta che lessi questa poesia era il 2000, se non sbaglio. si era su libero di scrivere, e ricordo nitidamente che questa poesia era fra le cose più belle che avessi letto nella mia vita. successivamente fummo anche pubblicati sulla stessa antologia, il che oggi mi fa ancora più piacere. la sua bellezza resta immutata. una scultura.

A

Alessandro Ramberti ha detto...

Caro omonimo
sono circondato da alessandri :)
posso chiederti chi sei?
Alex R

Francesco Randazzo ha detto...

credo sia Ansuini... con il quale condivido il piacere di avere abitato le pagine di una stessa antologia...
e lo ringrazio per la stessa costante fedeltà a questi miei versi...

francesco

Alessandro Ramberti ha detto...

Sì è probabile. Allora lo invito a mandarmi via mail sue cose anche per il blog (alcune sue poesie si trovano in Faranews). Ti aspetto Alessandro!
A

Alessandro Ansuini ha detto...

ciao alessandro e francesco perdonate l'assenza ma ero a presentare guglielin a bazzano. per alessandro. stavo proprio pensando di mandart qualcosa. per francesco: onorato che ti ricordi di me. a presto.

A

p.s.
scusate se non mi sono firmato ma non capisco come si fa...

Alessandro Ramberti ha detto...

Ciao Alessandro A. allora a presto e buona domenica!
AR

girolamo grammatico ha detto...

mitico!
g

damielarindi ha detto...

sono catturata dai tuoi versi...incredibili...:)