giovedì 20 novembre 2025

Versi in cui sono presenti affondi originali e fulminee intrusioni

recensione di Vincenzo Capodiferro

pubblicata su Insubria Critica




Piccolo bestiario è un’opera poetica di Alessia Boldrini, pubblicata da Fara, Rimini 2025, vincitrice al concorso letterario Narrapoetando. Leggiamo fra le motivazioni dei giurati: «Versi in cui sono presenti affondi originali e fulminee intrusioni e intuizioni, da cui traspaiono, talora, sia una sottile ironia che, di contro, una soffusa malinconia» (D. Nardin). «In questo bestiario sono le figure dei animali, reali o mitologici, a dare spessore all’umano» (A. Ruotolo).
La giovane poetessa, con un esperimento poetico originale e irripetibile, ci ripropone in versi un insolito, ma recondito legame dell’umanità all’animalità. Sono finestrelle che si affacciano a paradigmi anche arcaici, come la favolistica grecolatina, i compendi medievali, fino al totemismo tribale e sciamanico. «Leggere Piccolo bestiario è come un viaggio dentro un mondo che ha l’apparenza di qualcosa di familiare, ma che ti stupisce e ti incanta,» scrive Anna Paradisi nella prefazione.

Al cervo

Ti son caduti i palchi

La scorsa notte – …

Gli zoccoli ti hanno

portato lontano

nella vergogna

ma io sono qui

pronta a perdonarti

l’essere figlio fragile

dell’inverno.



È l’immagine dell’uomo adamitico che scopre la vergogna originaria. Il palco è simbolo della fecondità. Il palco in fondo è ciò che si esibisce, ma anche la base dove in arte ci si esibisce. Il cervo rappresenta la ciclica rinascita dell’antica madre, di cui l’uomo in parte fa parte, alla sua radice, ma che si stacca nel tronco e nei rami, credendo di sfidare babelico i cieli, oltraggiando la nutrice primordiale. Le radici in fondo sono rami che si estendono all’ingiù. S’asconde una intensa rappresentatività erotica, la quale freudianamente diviene medesimezza impudica. Un simile intendimento si intravede in “Sirene”, ove la poetessa si rivolge così a questo essere mitologico:


Ti ho insegnato a camminare

ma tu ti ostini

nel blu senza riserva…




Ti ho fatta arrabbiare e tu

hai fatto tempesta

parlando la lingua dei venti…



In “Dialettica dell’illuminismo”, gli autori Horkheimer e Adorno paragonano il borghese moderno all’Odisseo, cioè il Nessuno, incatenato, gli operai ai commilitoni con le orecchie turate innanzi alle sirene/passioni. Come è difficile addomesticare questi animali interiori che vanno a costituire un bestiario intrapsichico! Son i fiumi irrefrenabili che ci scorrono dentro, sono i venti impetuosi di cui parla la stessa Alessia, sono i “maremoti nello stomaco”, perché dentro di noi c’è un altro mondo, con foreste, cieli, mari e fiumi e monti e piane. Noi, in fondo, siamo, i “fragili figli dell’inverno”, come foglie rinasciamo ad ogni primavera e cadiamo ad ogni autunno, nonostante i cambiamenti climatici. Così cantava anche il greco Vate: «Le generazioni degli uomini sono come le foglie: le fa cadere il vento ma altre ne spuntano sugli alberi in fiore quando viene la primavera. Così le stirpi degli uomini, una nasce, l’altra svanisce» (trad. R. Calzecchi Onesti).


In fin dei conti

non siamo che arterie

e nervi – …

Fisico pulsare

di pulsioni metafisiche.


Siamo immersi in quel dannunziano e panico oceano dell’universo. Siamo conduttori dell’energia cosmica.

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