sabato 29 gennaio 2022

Transumanesimo di Giuseppe Vanni: oltre l’uomo

recensione di Marco Belemmi




Dante, nel primo canto del Paradiso, e non a caso precisamente in quel luogo, introduce il concetto di “Trasumanar”, ossia di spingersi oltre l’umano per ascendere all’Oggetto Divino. Un’operazione di aereo superamento dunque per trascendere la propria greve condizione umana e cogliere Dio. Si tratta di un neologismo, un termine coniato dal Sommo Poeta per aggirare i limiti del Linguaggio e tentare di descrivere l’abbattimento dei limiti umani per potersi rapportare al Superno. E il Poeta tale collasso semantico lo sottolinea con veemenza nella Commedia: “Trasumanar significar per verba / non si porìa; però l’essemplo basti / a cui esperienza grazia serba” (Paradiso, I, vv. 70-73). Il Lessico non è più utile, ma occorre la Fede per uscire dal corto circuito logico.


Giuseppe Vanni, amico e poeta cattolichino, rielabora nella sua ultima raccolta poetica Transumanesimo (Fara Editore 2021) il concetto dantesco in una funzione antropocentrica: il (disperato) tentativo di trascendere i limiti umani, non già per arrivare a conoscere Dio, ma per una volontà di potenza estremamente pragmatica e terrena. Trascendere la condizione umana per creare un nuovo essere capace di travalicare la propria condizione per giungere ad una nuova e potenziata essenza umana. Un concetto splendidamente descritto nel prologo (Genome Editing) in versi di fulminante presenza: “Non più nell’Amore/ origina il mistero/ dell’evoluzione./ Non figli di Dio,/ ma di una mutazione.”. Quasi a scagliarsi contro questo spasmodico anelito di superamento della condizione umana per plasmare il Prototipo Perfetto, Nietzsche avrebbe detto il Superuomo.


Un’esigenza quasi cronachistica quella di Vanni nel descrivere la parabola discendente dell’Uomo, evidenziata anche dalla scelta dei titoli delle sezioni della raccolta: Crepuscolo, Declino, Calpestare, e Mondo Nuovo. Una tassonomia della Nuova Umanità sciorinata in versi essenziali e asciutti, quasi illuminanti haiku sullo sgretolamento di un Mondo, di una Realtà che va disintegrandosi intorno, dove ogni relazione umana è progressivamente disciolta nella proiezione febbrile verso un Futuro inesistente, oscuro, senza prospettive.


In uno dei componimenti più belli dell’intera raccolta (Intreccio) troviamo il senso di questo straniamento dinanzi a una Realtà aliena e inconoscibile.


L’intreccio

che ti ha portato qui

ho smesso di dipanarlo

ormai da giorni.

Mi accontento di averti

se ci sei, non mi chiedo

se parti dove vai.

Non cerco parole 

per dirti chi siamo:

ho smesso di rispondere

a chi chiede ragione

di un attimo.


Dinanzi ad una Realtà densa di barocchismi e di biforcazioni perenni l’autore cerca di stringere a sé i propri affetti. Una realtà che ormai è impossibile da conchiudere in una definizione univoca ma che si presenta come una tentacolare entità che ghermisce e stritola l’uomo, che fallisce nel compito di ritrovarsi dentro di Essa, ma si perde nel suo continuo divenire.


Transumanesimo è una raccolta del Distacco. Un lungo amaro allontanamento da ciò che il Poeta non può più cogliere né comprendere. Ogni modello, ogni pattern fallisce nell’ascrivere una sentenza tassonomica sul Mondo Esteriore. L’unica certezza è questo progressivo e inesorabile declino dell’Uomo attraverso un inane quanto inutile tentativo di superarsi, di elevarsi al di sopra di questo rutilante fluire. La difesa poetica sta nell’astrazione della Parola, nel contendere alla Verità ultima un grumo poetico di autentica umanità, come in un altro luogo memorabile della raccolta, il componimento Ombre, i cui versi finali recitano come un bruciante epitaffio: “È un baleno la verità/ che ti s’approssima,/ l’istante che t’afferra/ a ipotecarti la vita./ Ma tutto ancora/ alla pupilla/ rapido s’imbruna,/ l’incantesimo svanisce./ Per un attimo la verità./ la dannazione per l’eternità.”


L’uomo ormai è solo dinanzi allo sfacelo della sua Storia: un rapido istante di consapevolezza lo inchioda per sempre al suo destino.

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