lunedì 19 aprile 2021

L'assenza come “essere lontano”

Recensione di Franceso Destro su Alma Poesia (a cui si rimanda per il post completo) 

 


 

Si potrebbe definire un viaggio nell’assenza, quello che ci racconta con i suoi versi Francesco Randazzo in Itaca deserta ruggine (Fara Editore, 2020).

Una raccolta dedicata a una riscrittura della figura e del mito di Ulisse, in cui dall’assenza sgorgano non tanto la nostalgia quanto, soprattutto, rammarico e rimpianto. Sentimenti che si intrecciano ad ammissioni di colpevolezza, manchevolezza e finitudine, riscrivendo il rapporto con l’amore, gli dèi e il proprio destino.

La voce dell’aedo è sostituita da quella di Odisseo, che in prima persona ci rende partecipi di una credibilità (o menzogna?) soggettiva, con un’espressione diretta del rimpianto, dell’ossessione, del lamento.

In questo poemetto, agile e nervoso al contempo, elementi del mito greco s’intrecciano a una visione ben più contemporanea, proiettando e sintetizzando l’epopea di Ulisse ai tempi nostri.

Nel corso della lettura si conferma più volte l’impressione di «una memoria che è sempre in movimento», come suggerisce in un accenno iniziale Salvatore Ritrovato, con sguardi sì ravvicinati sulle cose e le donne che ha amato, ma comunque nebbiosi, come sottolinea invece Pippo Ruiz nella postfazione. Un io poetante che ha bisogno di ricordare, dunque, un Ulisse che si è «perso nel labirinto d’acqua dell’inquietudine» dopo aver «vagato su mari e terre, in fuga e ricerca, forsennato, egoista, scaltrissimo vigliacco, perché tutto della vita mi spaventava».

Un navigante, un naufrago divorato da sé stesso, dai suoi amori e dalla sua disperata ricerca di un senso che continua a sfuggire: una narrazione che, a tratti, nel suo sviluppo viene affidata alla voce di alter ego quali la figura di Penelope, anch’essa rovesciata nel suo ruolo di attesa.

Quella di Randazzo è una rivisitazione vivida nelle sue intuizioni e intelligente nei suoi rimandi al presente, con un particolare valore nel descrivere quel multiforme e sopracitato viaggio nell’assenza. Assenza che immagino nel suo significato primordiale, ovvero “essere lontano”, con un protagonista che potrebbe essere specchio di ciascuno di noi: tormentato e forse disgiunto e distante in primis da sé stesso, incapace di godere dei suoi stessi sforzi, in fuga sia dal già noto sia da ciò che gli si porrà davanti nel suo prossimo futuro.

continua qui www.almapoesia.it/post/nota-di-lettura-a-itaca-deserta-ruggine-di-francesco-randazzo

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