venerdì 19 marzo 2021

La luce ai gomiti sta- recensione a cura di Claudia Piccinno del libro “Di albe e di occasi “di Grazia Procino

 

“Di albe e di occasi “di Grazia Procino,


La luce ai gomiti sta


La luce del Sud nel cielo di un levante accecante, la luce interiore che non vuole esporsi alle punture della gente malevola si alternano dall’alba al tramonto in un ciclo di addii e ripartenze.

“Sulle strade del Sud

battono a passi alterni

incantesimi di luce”

Luce e sole sono i termini più ricorrenti in questa raccolta, che mostra compattezza di stile e di intenti: scintille di follia mischiate al sole forte, nidi ubriacanti di luce, ombre di panni al sole, rosari chiedevano di rivedere all’indomani il sole e la zappa. C’è un Sud contadino nei suoi versi, la rana che gracida quando cala il sole, la bellezza della valle d’Itria, il mar Ionio che prega per i bambini di Taranto,” sarà che vivo in controluce”-recita la Nostra- e ancora “qui, tuttavia, dalle ferite germogliano sogni”. Oltre alla terra, agli avi contadini, ai tratturi, alle piante di cappero, Grazia canta l’amore, “sbandiererò il mio amore e ci sentiremo vivi” e lo fa con il beneplacito della natura circostante, il fogliame prende in sé l’incendio dell’amore, “mettete il ghiaccio sul viso quando vi sentite la febbre ma l’amore lasciatelo esplodere”. Scintille, faville, bagliori sono vocaboli ricorrenti, sebbene “non è di sgargiante luce e di simmetrie assolute che si nutre la perfezione”. Grazia a volte è stanca di essere grazia, vorrebbe esplodere, rivelarsi, ma sa che potrebbe scottarsi o finire come una falena e dunque si impone la compostezza; “nel non cedere alla pusillanimità sta il varco per la luce”. L’autrice dice a una figlia mai nata “Io e te abitiamo i silenzi”; sa che Dio e Allah insieme guidano gli uomini usciti dalla voragine del dolore e riconosce nell’abbraccio l’antidoto all’isolamento. “La luce ai gomiti sta”. Il suo è un dolore previggente, che sceglie il silenzio, un dolore composto, appunto, non si aspetta che il sole abbagli il suo corpo esposto alla luce, è consapevole che la morte ti trascina i piedi dove non c’è il sole, eppure alla domanda rivoltale presumibilmente da un ipotetico lettore o che ella stessa rivolge a se stessa: “Da che parte è l’alba?” Ella risponde: “Là dove è prossima la speranza”.

Claudia Piccinno



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