lunedì 28 dicembre 2020

“… un assoluto dell'essere che infine possa trascendere il concreto per trasformarsi in «soffio spirituale».”

La Poesia e la Via
(Saggi sulla letteratura e la salvezza)
 

di Salvatore Ritrovato, Fara Editore 2020

recensione di Gian Ruggero Manzoni



Salvatore Ritrovato, poeta, critico, docente di Letteratura Italiana presso l’Università di Urbino, è nato nel 1967 e ha pubblicato varie raccolte di versi e saggi, di questi ultimi ricordiamo: La differenza della poesia (2017), All’ombra della memoria. Saggi su Paolo Volponi (2017). In poesia: Quanta vita (Book 1997), Via della pesa (Book 2003, n. ed. 2014), Come chi non torna (2008), L’angolo ospitale (2017), Cercando l’isola (2017), Cono d’ombra (2011), La casa dei venti (2018), Dedo, libretto in versi per Modigliani (2019), L’anima o niente (2020). Dalla quarta di copertina, così, di questo insieme, ci spiega Alessandro Ramberti: “È questo un viaggio in compagnia del pensiero poetico, della forza immaginifica, rivelatoria, emozionante, indagatrice, attenta ed empatica della parola che si fa musica e apre mondi interiori in noi e negli altri, permettendoci di vedere la realtà, la natura, l’universo visibile e persino l’oltre invisibile con un occhio di bellezza. Salvatore Ritrovato è una guida appassionata, esperta, ardita, capace di indicarci nuove vie per sempre nuove, entusiasmanti letture”. E così dice del suo lavoro l’autore stesso: “La poesia? Non esiste tema più appropriato a intenderne il valore come il silenzio. Ma che cos’è il silenzio? È probabile che qualsiasi definizione si voglia dare, possa nuocergli, togliendogli quel senso di raccoglimento e attesa che dispone all’ascolto e al dialogo. Io direi che il silenzio è come qualcosa. Per esempio: il silenzio è come lo spazio bianco che circonda il testo di una poesia, dal quale emergono e affiorano le parole della poesia. Non è possibile, leggendo dei versi, ignorare il bianco della pagina che avanza ai bordi e intorno, soprattutto se vi vediamo lo spazio nel quale si nasconde il possibile: il bianco è lo spazio nel quale l’autore dei versi ha rinunciato alla parola per scrivere il silenzio; il quale occorre leggere così come leggiamo le parole, riconoscendogli un suo perché, che vale più di una pausa all’interno di una battuta musicale, in quanto rappresenta anche il silenzio di colui che, davanti al testo, è pronto ad ascoltare le parole dell’altro, ad accoglierle, a farle sue”. Invece Alberto Fraccacreta in questo modo si interroga, prendendo spunto dall’opera di Ritrovato: “La poesia salva? Questo interrogativo millenario ci riporta alla novecentesca - e attualissima - cognizione di una religione dell’arte che ha nutrito il pensiero di grandissimi scrittori (da Proust a Kafka, da Borges a Montale), ugualmente desiderosi di non finire nel côté del nichilismo e della fede confessionale. Insomma, nell’arte, nella letteratura - secondo loro - è possibile trovare (con le dovute proporzioni) uno scampo alternativo”.
La Poesia e la Via mi ha portato a mettere da parte il mito del poeta-vate per indicare, con umiltà e deferenza, come ogni autore che si rispetti dovrebbe, in primo luogo, mirare al sacro allorquando affronta la pagina bianca (e in questo mi trovo più che d’accordo con l’amico Salvatore) così che lo stesso - il sacro, appunto - via via si sveli nel suo farsi parola e ci riporti al senso primigenio dell’origine. Alla base di tale dimensione mistica esiste, comunque, un forte rapporto con la natura e il mondo… con il cosmo… con il creato, così che il fare poesia assume infiniti significati, pur sempre miranti a un assoluto dell’essere che infine possa trascendere il concreto per trasformarsi in «soffio spirituale».

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