domenica 13 maggio 2018

“la fiamma cieca delle ore”

Salvatore Ritrovato, La casa dei venti, Il Vicolo 2018, collana Arcana Mundi, pp. 46

recensione di AR




Queste liriche scritte in tempi e situazioni di cui l'Autore sa cogliere l'estrema ferita, quella breccia ombro-luminosa che solo la poesia, la musica, l'arte che tranciano con discrezione amorevele il vissuto (come certo cinema rohmeriano) possono in qualche modo “fissare”, rendendola emozione insinuante e carica di saudade; questi versi che rendono bene la fatica del sangue nell'irrorare le vene, l'ironia di una mente che a volte mente a sé stessa per lasciare spazio alle pascaliane ragioni del cuore; questi canti che risuonano della nostalgia di una felicità affidata al ricordo e quindi inevitabilmente rivista col senno di poi (e forse umanamente irraggiungibile); questi microracconti che portano a galla desideri e passioni, riflessioni e osservazioni che scandagliano i miti, i personaggi (reali o letterari), gli affetti che mettono in relazione conscio e inconscio… in sintesi, questa Casa dei venti ci apre le sue finestre, ci accoglie e si lascia accogliere negli scomparti più empatici dell'anima di ogni lettore.
L'opera si apre con questa splendida e sofferta dichiarazione (il corsivo ne accentua l'intento di chiave per accedere alla ratio dell'elegante plaquette):  “Io è il sentimento mortale di queste pagine. / (…) / Tante braccia protese a saluto. // Si slancia in loro, si consegna all'angelo / caduto senza pietà nel mondo / (…) / Io lascia dietro di sé una voragine. // (…) // Un giorno arriva il vento e cala il sole, / di tanta fatica qualcuno ricorderà l'amore.” (p. 7).
Segue la sezione Bagatelle di viaggio” in cui troviamo queste vibranti considerazioni: “un giorno andranno tutti via / e servirà ancora la poesia / dove nessuno lo raggiunge?” (III); “arrivare alle cose fra timori / e dubbi, e quando muori / leggere al buio l'ultima pagina.” (IV); “silenzioso pesa il nulla” (VI).
Abbiamo poi la sezione “Vuoto a perdere, e altro da me” che pare interrogarsi con ancora maggiore inquietudine sulla pessoana finzione del poeta (il titolo di questa recensione è tratto da Su un sonetto di Jean Desponde, p. 19, contenuto in questa sezione): “ancora nera sono i miei capelli ma tristi. / (…) / … «Tutto diedi a lei, chiuso in un bacio / partendo, tutto in un abbraccio. / Durò un minuto, e fui felice».” (Per una rosa, p. 17); “cala il secchio sporco di vita e tira / su quella parte di me più pulita / laggiù sommersa, / spalanca lo specchio: / quello che leggi, rovescialo.” (A una carrucola, p. 21); “Volerà lontana la parte che non pesa / dove l'aria è impenetrabile e la luce / eterna si sfarina tra le mani come gesso.” (In articulo, p. 23); “Grande è la colpa di chi è nato. / In ogni stanza il silenzio stringe le ombre / a scomparse stagioni, ad antenati senza nome.” (Lasciando Grodek, p. 25). Significativa la citazione di Alfred de Vigny preposta a La variabile umana (p. 26): À voir ce que l'on fut sur terre et ce qu'on laisse, / Seul le silence est grand; tout le reste est faiblesse.
La terza sezione si intitola
“Quello che non puoi togliere” e trova nell'amare, nell'amicizia, nelle relazioni che rispettanno e valorizzano la sola traccia indelebile di ogni cammino (incluso quello dei poeti): “«Mi hai letto nel cuore, lontano amico. / Fra noi soffia sempre lo stesso vento».” (a Dario, p. 31);  “Mi domando se un ricordo che da sempre ci aspetta / un giorno all'improvviso invecchia” (L'aura di Guayaquil, p. 34); “Ma io sono qui e la terra trema ogni giorno: / è la linea inferma del mondo.” (L'ultima epistola, p. 35).
Chiude il libro una poesia in corsivo come quella che lo ha aperto e che ci parla del grande poeta cieco (Omero significa  “Il-non-vedente”) e tramite lui della visionarietà sonora della poesia che viene non di rado rifiutata, o accecata, o ridotta a spazi di ombra e in definitiva sempre in bilico tra l'essere negletta e l'essere capace di ricreare/trasformamare la realtà: “Il tempo è come il mare, mi ha detto, / quando passa sulla sabbia: / all'inizio è solo una macchia, poi ha fretta.”
La qualità di questa immagine è un sigillo perfetto che certifica l'intensità preziosa della poesia di Ritrovato.

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