Il dolore è lo sfondo integratore di queste dissonanze, un
dolore presente nel microcosmo come nel macrocosmo dell’autrice di questa
raccolta.
Non basta chiudersi in
casa per non dover guardare per non ascoltare le grida e non sentire il puzzo
afro del sangue. Anche in casa i volti i gesti le carni devastate le macerie
fumanti ci raggiungono e gridano che tutt’intorno a noi - anche in quelle
scatole dure dove abbiamo rinchiuso le nostre vite dove apriamo e chiudiamo
finestre a piacimento e intratteniamo con conoscenti e estranei un parlottio di
vento, e tessiamo fili così fragili…
E ancora: provo un
dolore ottuso ampio e continuo. Pieno del suo modo specifico d’esser dolore il
mio dolore. Il dolore di me il mio dolente me
Altro elemento ricorrente è il muro che si può alzare per
difesa di presunte identità oppure
per allontanare l’altro da noi, il diverso. La Nostra è attenta agli ultimi,
alle vittime di un circuito produttivo che calpesta l’essere per celebrare
l’avere. Dunque vibra nei suoi componimenti la pietas e piange per il lutto d’interdizione /destino d’ombre il
naufragio.
Non è però solo lamento, vi è l’ironia della perseveranza,
la metafora della scacchiera che riproduce il gioco d’equilibrio tra astuzia e
fato.
Vi è la ricerca delle emozioni per sfuggire all’assuefazione
quotidiana, perché Silvana conosce il ruolo del Pathos e del Logos, nonché
quello di Thanatos.
Un gioco gentile le
brilla negli occhi dove un lume lontano lontano come una luce di fiaba nel
bosco pare accendersi - tremulo - piano. La invita a seguirlo oltre il vetro,
oltre il vento ma lo sguardo si volge, sgomento alle piccole dita intrecciate
sul grembo fasciato di pavida noia e silenzio. Nella piega tra gli occhi sfuma
lesto il richiamo.
La morte aleggia a ricordarci l’importanza del vivere ed è
continua la ricerca di senso nei gesti ricorrenti che facciamo. Basti rileggere
il ricalco dei versi di Montale:Spesso il male di vivere…
Spesso il male di
vivere ho schivato evocando una bolla di luce colorata con me dentro ben
accomodata sollevata dal vento a vorticare sugli affanni del mondo in
lontananza. Quando la bolla scoppia - e non si può evitare - mi ritrovo in
cucina a spignattare o a sistemare gli impicci che ho lasciato nella mia vita
precedente ben cosciente che tutta quella luce preziosa e quei colori mi
nutriranno a lungo di speranza.
Costante è nella sua poetica, la capacità di godere delle
piccole cose, senza necessariamente inseguire velleità e sfoggiare curriculum.
Amo di casa mia
quest’angolo fiorito dove il mondo riposa
Ironicamente Silvana sostiene di non essere Cristina
Rossetti, eppure è evidente il suo substrato poetico, i richiami a Montale,
alla Szymborska, Cardarelli, Neruda, vi è una dimensione onirica, teatrale,
dialogica che ci ricorda Beckett in Aspettando Godot, vi è la consapevolezza di
essere Donna e ci rivedo le lotte della Deledda per affermarsi a prescindere
dai ruoli.
Una raccolta densa di contenuti e spunti pedagogici, in cui
si ribadisce l’importanza del fare memoria attraverso la scrittura, non a caso
ella richiama un patto di fiducia tra chi scrive e chi legge.Verosimile il testo alla lettura ultima
azione: farsene garanti.
Un libro che suggerisco caldamente, perché ci invita a
credere che un altro mondo è possibile,
nell’esercizio della libera volontà e del grato stupore …
Claudia Piccinno
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