lunedì 18 novembre 2019

Colibrì e A mio padre: lo svelamento di un mondo sommerso, la pienezza di una visione

recensione di Silvia Venuti



La raccolta che si apre con i testi di Colibrì e si conclude con le poesie A mio padre presenta, a mio avviso, caratteristiche diverse nell’attitudine d’accostamento alla scrittura.
Nella prima parte la forma espressiva, molto essenziale, sembra cristallizzarsi in una raffinata letterarietà (la scelta delle parole dotte, l’assenza di punteggiatura, l’incipit sempre minuscolo, la compresenza di testi in carattere tondo e corsivo, a confronto, come eco o alter ego).
Sembra di assistere allo svelamento di un mondo sommerso che tende a risalire, a emergere luminoso come un risveglio all’alba della creazione. Alle parole è affidata nuova espressività, nuovo significato in un continuum meditativo. Frammenti d’immagini, come flashback, interrompono la logica narrativa ed evocano visioni bibliche in dimensioni cosmiche e temporali primordiali. È una poesia che seppur nell’apparente assertività, sempre interroga la vita, si fa analisi attenta per scoprire il senso del flusso cosmico.

e non sai perché a volte / non hai forza di accostare / chi pure ami e temi / quasi contagiare di un tuo malore …

Il testo rivela un’inclinazione personale nel porsi in rapporto con la realtà: il timore di essere sé stessi interamente.
Allora anche la struttura poetica costruita su raffinati parametri letterari diventa schermo, scudo e rivela, a mio vedere, una scissione intima tra il sentire e il meditare.
Risuona l’eco del tempo in un confronto cosmico e l’attenzione è agli animali (delfini, orsi, libellule, merli) agli alberi e ai fiori. Tutto è pervaso da una musicalità umile: il poeta parla sottovoce quasi per non disturbare il flusso del reale. Eppure anche una comunicazione di verità esperita connota i testi. Le parole ricercate alludono a un’iniziazione, alla pretesa di un ascolto con sensibilità nuova. E per far risuonare il mistero della vita la scrittura è a tratti volutamente enigmatica ma delicata come un acquarello e insieme forte nell’espandere concetti nella spazialità visionaria di un tempo dilatato che tanto riflette studi biblici (soprattutto la Genesi, Il Cantico dei cantici, i Salmi): 

la vita che nasce / all’incontro di vite / – di anime assai / più che corpi, …

Nella splendida poesia e tu rubami / l’attimo – se riesci – / il colibrì / fuoriuscito da strati / del vissuto, / il cuore che palpita / all’attesa, / all’incrocio degli incontri, / all’erta  è svelata la tensione-ispirazione del poeta al volo alto e libero finalmente in totalità d’essere.
Dalla terra, dagli strati di concrezione di materia, attraverso l’acqua e il fuoco fino alla punta dell’anima un sommovimento in volo di elementi, atomi, elettroni generano energie sempre più sottili nell’aria e nella scrittura poetica.

Nella seconda parte del volume la poesia si fa più discorsiva: il dolore trova catarsi nella parola.
Il sentire anima la scrittura con grande forza espressiva e i testi comunicano con immediatezza pur sempre in una controllatissima forma stilistica. 

Aspiro di tanto in tanto ancora, in silenzio ti assenti / a poco a poco perdona le nostre cure che insisti;  e ora già è passato, la prima rossa dell’orto, occhi di cieloa te che pezzo a pezzo dal vero, sotto un cielo invernale sono poesie che rimangono impresse nella memoria: sono piccoli capolavori di riflessione, sensibilità, armonia e compiutezza linguistica.
In esse si trova la pienezza di una visione, maturata attraverso l’esperienza del dolore, unica e originale ma nel contempo universale per la profondità con cui vengono affrontati quei contenuti che sono inevitabilmente radicati alla vita.

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