giovedì 4 luglio 2019

REPORT DI LETTURE: foglio quinto


rubrica a cura di Fabio Cecchi

Cari lettori e care lettrici, un altro foglio delle mie recensioni ed esplorazioni editoriali! Sono estremamente contento, ve ne metto al corrente, di aver potuto rilasciarlo online nel mezzo della stagione estiva lavorativa. Vi invito ad approvare, a contestare, insomma a commentare per fare la vostra parte. Il prossimo appuntamento sarà ad agosto inoltrato. State bene.



Caterina Camporesi - POESIE / POEZIJA - Cid Podgorica 2018

Sono passato finalmente a visitare Caterina nella sua dimora riminese, al cospetto di un patrimonio cartaceo stupefacente che sommerge l’ospite ignaro. “Ci sarà nella Biblioteca Comunale?” “Non penso, Caterina, ma posso recarlo oltre”. Caterina acconsente. Stiamo parlando dell’edizione bilingue delle Poesie, presentata lo scorso autunno al Museo della Città. Nell’attesa di portarlo, viene da sé, passo un po’ l’occhio sull’oggetto stesso, robusto come me ma di una maggiore eleganza. Vesna Andrejevic, curatrice, ha mantenuto saggiamente ogni introduzione ai singoli libri (sono radunati Solchi e Nodi, Dove il vero si coagula, Muove il Dove), praticamente l’ultima stagione poetica della Nostra, divisa tra le edizioni Fara e Raffaelli. Sono pochi là fuori a padroneggiare l’elemento verbale così bene.      

Caterina, affaccendatissima ancella della materia letteraria da tempo immane, oggi tira il fiato da scadenze e impegni di rilievo, riservandosi alle priorità di sorta del suo quotidiano. Saremo noi a non farci troppo riservati, voglio auspicarmi, nel restare presenti attorno a lei. Quei molti libri diranno molte cose ma non fanno la parte di noi entità viventi. E non serve argomento letterario per portarsi presso una bella persona. Caterina aspetta di ricambiare il vostro saluto. L’Editore è come me a disposizione per contatti.
     
Francois Bégaudeau - LA CLASSE - Einaudi 2008

Il film omonimo, pluripremiato in Francia, me lo sono perso nonostante la professione umanistica. Ho almeno tra le mani il libro. La letteratura che attinge a scuola e scolari dovrebbe muovere con veduta ampia e cauta, per come la penso. Ho un precedente positivo, avendo trovato Il rosso e il blu calzante e piacevole, divenuto poi un film senza lode, ora pressoché dimenticato.
Il libro è una maratona, si sfoglia con scioltezza e si segue con concentrazione. Non è per niente un teatro di comicità, si sorride tutt’al più. La classe è il campo minato sul quale il narratore, ovviamente, affronta una platea né bellicosa né pericolosa, soltanto restìa e lontana dall’assumere la consona attitudine dello studente diligente. Il programma scolastico, nonostante le avversità, viene espletato eccome, così che assistiamo all’operato del pedagogista, all’arte della formazione e trasmissione del sapere.   

Il libro. Il flop consiste forse nelle caratterizzazioni, numerose e frettolose. Il lettore è spesso fermo a mezza pagina a richiamare alla mente tutto il possibile sull’allievo di turno. Il top consiste nell’adesione al vero riguardo una realtà sicuramente importante come la Scuola Secondaria Superiore. Un plauso al finale, del tutto naturale, che giova e non nuoce. Se fosse stato un prodotto nostrano, saremmo penso passati da love stories roboanti e rivoluzioni interiori, roba forte per imprimere impronta forte. Va invece bene così, per come la vedo, va bene così.   
Un libro non proprio unico o straordinario, ma singolare ed avvincente al punto giusto. Un voto adeguato penso sia tra sette e otto.


Giulio Cavalli - CARNAIO - Fandango 2018

Una barcaccia cavalca il mare in copertina. Un preludio fasullo, vorrei dire, perché l’opera non abbraccia seriamente uno sfondo politico. Siamo in una cittadina immaginaria del basso stivale, tanto da specchiarci a pieno nella nostra cultura di appartenenza. L’idea di base della storia invece - un’apocalisse da allarme rosso e panico in città - la vedo di ispirazione statunitense. Il romanzo imbocca infatti la via della fantascienza. Il carnaio raggiunge la terra dal mare, senza che nessuna scoperta o rivelazione salvifica possa seguirne. L’impostazione realistica ben delineata in partenza da qui finisce per stonare con l’idea stessa ed i suoi sviluppi. Non c’è altro che tenga davvero a esporre della trama. Quanto c’è di positivo appartiene ai personaggi: sindaco, giornalista, pescatori, casalinghe, sono tanto credibili da scambiarli per presenze tangibili di vicini di casa. Non che sia entusiasmante, data l’emergenza descritta. Una storia esente da messaggio sociale che si aggrappa a una scrittura da manuale. Il mio voto: sei e mezzo.      

Stefano Massini - DIZIONARIO INESISTENTE - Mondadori 2019

L’antologia appare promettente, appare una compilazione dalla vasta erudizione. Il linguaggio è senza alcun dubbio vivido e potente. Il pensiero è marcatamente intelligente, nella stesura ex novo e nei collegamenti dei fatti storici, incombenza mica da poco. La lettura degli episodi sembra invece abbastanza forzata. Il gioco di Massini vuole sperimentare la lingua nazionale sopra episodi fortemente simbolici, ricavandone locuzioni inedite e il più possibile appropriate.    

Massini lavora alacremente nella sua veste di demiurgo, ma all’operazione altisonante non corrisponde un risultato eguale. Non manca l’esattezza della scientificità, manca la semplice credibilità e lo spazio di applicazione. Sono episodi che ebbero luogo in epoche lontane ed in nazioni ancora più lontane. L’antologia avrebbe avuto più senso restando fino in fondo legata a uno sfondo concettuale anziché linguistico. Il dizionario che tengo più a cuore rimane quello panziniano, anni trenta, che è stato anche una pubblicazione fariana d’annata.  


Mauro Covacich - DI CHI E’ QUESTO CUORE - La Nave di Teseo 2019

Un libro qualunque, senza nessuna ironia. Se accordiamo l’aggettivo a qualcosa di conformazione media, regolare, comune, non passo idea tanto sbagliata. Covacich ha inteso realizzare un siffatto libro, che accerto come buona compagnia per qualche serata di divagazione. Il libro inteso come oggetto è inoltre leggibile e maneggiabile alla grande, mi congratulo con redazione e tipografia.
La storia prende corpo da appunti di biografia con poche spennellate di invenzione, pochissimo invasiva. Un romanzo molto psicologico, un po’ come ascoltare una voce della mente. I dialoghi sparuti non fanno molta presa. La traccia sempre aderente a una quotidianità di medio tenore attecchisce invece molto bene, col supporto imprescindibile dell’acume dello scrittore triestino. Niente violenza o erotismo sfacciato, di quello che aiuta ad affermare il pennivendolo. Un libro qualunque, facciamo così, seppure definizione leggermente ignobile e facilitante. Il mio voto: sette.         

Paolo Rumiz - IL FILO INFINITO - Feltrinelli 2019

Voglio sperare sia superfluo presentare Paolo Rumiz, scrittore-viandante abbastanza prolifico sia di avventure continentali sia di uscite editoriali. Quella buona invidia che abbiamo in tanti verso il canuto giramondo non dovrebbe frenarci dall’elevarlo a oggetto di discussione, magari anche in classe agli scolari. Il suo Morimondo è stato una scoperta bellissima che mi portò al bis di lettura. Il filo infinito, restando letteratura di livello, è meno accattivante e magnetico. L’abisso temporale che intercorre tra la fondazione benedettina e la nostra epoca è un certo limite nella riscoperta operata dall’autore. Il libro presenta inoltre impegno politico e bandiera di sinistra, nulla comunque di che preoccuparsi preventivamente. Una sintesi estrema: Rumiz parte a rintracciare gli elementi benedettini - idee, metodi, statuti, visioni, pulsioni, ecc - che svilupparono dopo dei monasteri le regioni, e contribuirono all’idea di Europa, quella attualmente vessata da pochi potenti e molti populisti. Il libro merita e spero possiate farlo vostro.     

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