rubrica a cura di Fabio Cecchi
Cari lettori e care lettrici, un altro foglio delle mie recensioni ed esplorazioni editoriali! Sono estremamente contento, ve ne metto al corrente, di aver potuto rilasciarlo online nel mezzo della stagione estiva lavorativa. Vi invito ad approvare, a contestare, insomma a commentare per fare la vostra parte. Il prossimo appuntamento sarà ad agosto inoltrato. State bene.
Caterina
Camporesi - POESIE / POEZIJA - Cid Podgorica 2018
Sono passato
finalmente a visitare Caterina nella sua dimora riminese, al cospetto di un
patrimonio cartaceo stupefacente che sommerge l’ospite ignaro. “Ci sarà nella
Biblioteca Comunale?” “Non penso, Caterina, ma posso recarlo oltre”. Caterina
acconsente. Stiamo parlando dell’edizione bilingue delle Poesie, presentata lo
scorso autunno al Museo della Città. Nell’attesa di portarlo, viene da sé,
passo un po’ l’occhio sull’oggetto stesso, robusto come me ma di una maggiore
eleganza. Vesna
Andrejevic, curatrice, ha mantenuto saggiamente ogni introduzione ai singoli
libri (sono radunati Solchi e Nodi, Dove il vero si coagula, Muove il Dove), praticamente l’ultima
stagione poetica della Nostra, divisa tra le edizioni Fara e Raffaelli. Sono
pochi là fuori a padroneggiare l’elemento verbale così bene.
Caterina,
affaccendatissima ancella della materia letteraria da tempo immane, oggi tira
il fiato da scadenze e impegni di rilievo, riservandosi alle priorità di sorta
del suo quotidiano. Saremo noi a non farci troppo riservati, voglio auspicarmi,
nel restare presenti attorno a lei. Quei molti libri diranno molte cose ma non
fanno la parte di noi entità viventi. E non serve argomento letterario per
portarsi presso una bella persona. Caterina aspetta di ricambiare il vostro
saluto. L’Editore è come me a disposizione per contatti.
Francois Bégaudeau
- LA CLASSE - Einaudi 2008
Il film
omonimo, pluripremiato in Francia, me lo sono perso nonostante la professione
umanistica. Ho almeno tra le mani il libro. La letteratura che attinge a scuola
e scolari dovrebbe muovere con veduta ampia e cauta, per come la penso. Ho un
precedente positivo, avendo trovato Il
rosso e il blu calzante e piacevole, divenuto poi un film senza lode, ora pressoché
dimenticato.
Il libro è
una maratona, si sfoglia con scioltezza e si segue con concentrazione. Non è per
niente un teatro di comicità, si sorride tutt’al più. La classe è il campo
minato sul quale il narratore, ovviamente, affronta una platea né bellicosa né pericolosa,
soltanto restìa e lontana dall’assumere la consona attitudine dello studente
diligente. Il programma scolastico, nonostante le avversità, viene espletato
eccome, così che assistiamo all’operato del pedagogista, all’arte della formazione
e trasmissione del sapere.
Il libro. Il
flop consiste forse nelle caratterizzazioni, numerose e frettolose. Il lettore è
spesso fermo a mezza pagina a richiamare alla mente tutto il possibile sull’allievo
di turno. Il top consiste nell’adesione al vero riguardo una realtà sicuramente
importante come la Scuola Secondaria Superiore. Un plauso al finale, del tutto
naturale, che giova e non nuoce. Se fosse stato un prodotto nostrano, saremmo penso
passati da love stories roboanti e rivoluzioni interiori, roba forte per
imprimere impronta forte. Va invece bene così, per come la vedo, va bene così.
Un libro non
proprio unico o straordinario, ma singolare ed avvincente al punto giusto. Un
voto adeguato penso sia tra sette e otto.
Giulio
Cavalli - CARNAIO - Fandango 2018
Una
barcaccia cavalca il mare in copertina. Un preludio fasullo, vorrei dire,
perché l’opera non abbraccia seriamente uno sfondo politico. Siamo in una
cittadina immaginaria del basso stivale, tanto da specchiarci a pieno nella
nostra cultura di appartenenza. L’idea di base della storia invece - un’apocalisse
da allarme rosso e panico in città - la vedo di ispirazione statunitense. Il
romanzo imbocca infatti la via della fantascienza. Il carnaio raggiunge la
terra dal mare, senza che nessuna scoperta o rivelazione salvifica possa
seguirne. L’impostazione realistica ben delineata in partenza da qui finisce
per stonare con l’idea stessa ed i suoi sviluppi. Non c’è altro che tenga
davvero a esporre della trama. Quanto c’è di
positivo appartiene ai personaggi: sindaco, giornalista, pescatori, casalinghe,
sono tanto credibili da scambiarli per presenze tangibili di vicini di casa. Non
che sia entusiasmante, data l’emergenza descritta. Una storia esente da messaggio
sociale che si aggrappa a una scrittura da manuale. Il mio voto: sei e mezzo.
Stefano Massini
- DIZIONARIO INESISTENTE - Mondadori 2019
L’antologia appare
promettente, appare una compilazione dalla vasta erudizione. Il linguaggio è senza
alcun dubbio vivido e potente. Il pensiero è marcatamente intelligente, nella stesura
ex novo e nei collegamenti dei fatti storici,
incombenza mica da poco. La lettura degli episodi sembra invece abbastanza
forzata. Il gioco di Massini vuole sperimentare la lingua nazionale sopra
episodi fortemente simbolici, ricavandone locuzioni inedite e il più possibile appropriate.
Massini
lavora alacremente nella sua veste di demiurgo, ma all’operazione altisonante non
corrisponde un risultato eguale. Non manca l’esattezza della scientificità,
manca la semplice credibilità e lo spazio di applicazione. Sono episodi che
ebbero luogo in epoche lontane ed in nazioni ancora più lontane. L’antologia
avrebbe avuto più senso restando fino in fondo legata a uno sfondo concettuale
anziché linguistico. Il dizionario che tengo più a cuore rimane quello
panziniano, anni trenta, che è stato anche una pubblicazione fariana d’annata.
Mauro
Covacich - DI CHI E’ QUESTO CUORE - La Nave di Teseo 2019
Un libro
qualunque, senza nessuna ironia. Se accordiamo l’aggettivo a qualcosa di
conformazione media, regolare, comune, non passo idea tanto sbagliata. Covacich
ha inteso realizzare un siffatto libro, che accerto come buona compagnia per qualche
serata di divagazione. Il libro inteso come oggetto è inoltre leggibile e
maneggiabile alla grande, mi congratulo con redazione e tipografia.
La storia
prende corpo da appunti di biografia con poche spennellate di invenzione,
pochissimo invasiva. Un romanzo molto psicologico, un po’ come ascoltare una voce
della mente. I dialoghi sparuti non fanno molta presa. La traccia sempre aderente
a una quotidianità di medio tenore attecchisce invece molto bene, col supporto
imprescindibile dell’acume dello scrittore triestino. Niente violenza o
erotismo sfacciato, di quello che aiuta ad affermare il pennivendolo. Un libro
qualunque, facciamo così, seppure definizione leggermente ignobile e
facilitante. Il mio voto: sette.
Paolo Rumiz
- IL FILO INFINITO - Feltrinelli 2019
Voglio
sperare sia superfluo presentare Paolo Rumiz, scrittore-viandante abbastanza
prolifico sia di avventure continentali sia di uscite editoriali. Quella buona
invidia che abbiamo in tanti verso il canuto giramondo non dovrebbe frenarci
dall’elevarlo a oggetto di discussione, magari anche in classe agli scolari. Il
suo Morimondo è stato una scoperta
bellissima che mi portò al bis di lettura. Il
filo infinito, restando letteratura di livello, è meno accattivante e
magnetico. L’abisso temporale che intercorre tra la fondazione benedettina e la
nostra epoca è un certo limite nella riscoperta operata dall’autore. Il libro
presenta inoltre impegno politico e bandiera di sinistra, nulla comunque di che
preoccuparsi preventivamente. Una sintesi estrema: Rumiz parte a rintracciare
gli elementi benedettini - idee, metodi, statuti, visioni, pulsioni, ecc - che
svilupparono dopo dei monasteri le regioni, e contribuirono all’idea di Europa,
quella attualmente vessata da pochi potenti e molti populisti. Il libro merita
e spero possiate farlo vostro.
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