lunedì 29 luglio 2019

Colonna, D’Alessio, Biondi, Orrico, Iorio sotto la lente di Gian Ruggero Manzoni


recensioni di Gian Ruggero Manzoni



HO SCRITTO QUESTO SALTO di Marco Colonna, FaraEditore, pubblicazioni dell’amico Alessandro Ramberti.

Marco Colonna, giornalista e scrittore, è nato a Palermo nel 1964, vive a Forlì. Dirige dal ’99 il portale web di cronaca e attualità politica sestopotere.com. Cura il canale YouTube “Lotta alle mafie”. Ha scritto articoli per: Il Messaggero, Gazzetta di Romagna, Il Resto del Carlino, La Voce di Forlì, Il Momento, RomagnaSera, Il Giornale, Lo Stato, Il Borghese, L’Uomo Qualunque. Ha pubblicato con Fara le raccolte poetiche Ani+ma (2016) e Siamo sono (2017, finalista al Premio Città di Arona 2018). È stato inserito nelle antologie: L’orizzonte delle metafore (Edizioni Tracce) e La responsabilità delle parole (FaraEditore). Ha partecipato a numerosi reading di poesie. Questa intensa opera in versi si è classificata prima al concorso Narrapoetando. Angela Caccia ha scritto che questo libro è necessario e rientra nella “poesia esistenziale”; queste le parole di Serse Cardellini: «Ricostruzione di un “disessere” dove tutto, in questo grande stomaco del mondo, si fa cibo e riciclo»; Pietro Caruso: «La sontuosa forma dell’eterno percorsa da un funambolo delle parole»; Francesco Filia: «Una meditazione sul destino e il senso dell’esistenza; Andrea Parato: «Capace di legare l’attualità, l’interiorità, la storia, dando voce a ciò che resta»; Adalgisa Zanotto: «Un’esplorazione creaturale, privata dell’inevitabile commozione, nutrita da una contemplazione serena della finitudine umana». 
Ed io: «Poesia oltremodo sapienziale, netta, a momenti oserei aforistica, per come ti entra nella mente e in essa si espande, fino a creare vortici».



NUOVE ANIME di Vincenzo D’Alessio, FaraEditore.

Vincenzo D’Alessio (Solofra di Avellino 1950), laureato in Lettere all’Università di Salerno, ha ideato il Premio Città di Solofra, fondato il Gruppo Culturale “Francesco Guarini” e l’omonima casa editrice. Acuto e attento critico letterario, ha pubblicato saggi di archeologia e storia, recensioni e versi in numerosi periodici, antologie, siti e blog. Le sue raccolte poetiche per i tipi di Fara: La valigia del meridionale e altri viaggi (2012); Il passo verde (in Opere scelte, 2014); La tristezza del tempo (in Emozioni in marcia, 2015) e Alfabeto per sordi (in Rapida.mente, 2015), poi in Immagine convessa (2017). Sempre nel 2017 è uscita la raccolta Dopo l’inverno. Del 2018 sono i Racconti di Provincia. Della sua opera hanno scritto: «Il linguaggio di D’Alessio è essenziale, nitido, ricercato, estremamente preciso» (Nicoletta Mari); «Poesia che rimbocca le coperte nel freddo inverno, che tiene vivo il fuoco del focolare del Sud del mondo per chi è andato a Nord. Una poesia fondamentale in questo tempo di silenzi disumani e di chiusure aberranti» (Colomba Di Pasquale). 
Vincenzo D’Alessio usa parole scelte e umili, semplici e ricche di riverberi, quindi aggettivi concreti e universali. Come sostiene giustamente Michele Sessa, questo poeta campano è testimone assai valido della paziente Irpinia. È il cantore delle “nuove anime” dei borghi della sua terra, continuamente ferita, sfruttata, desertificata se non devastata. La sua è poesia “antica”, poesia che si rifà alla tradizione, quindi, da me, GRM, oltremodo apprezzata.


GHIRONDA di Andrea Biondi, FaraEditore.

Andrea Biondi (Rimini 1986) si è laureato in Lettere presso l’Università di Urbino nel 2009; sempre in quell’ateneo si è specializzato in Scienze Religiose nel 2017. Insegna nelle scuole superiori del maceratese. Con Le campagne hanno bocche ha vinto il concorso Faraexcelsior 2017. Dice, di lui, l’amico poeta, critico letterario ed editore Alessandro Ramberti: «La poetica di Andrea Biondi può essere definita elegantemente, pregnantemente (già dall’esergo), erotica, sia per l’uso di metafore sensuali (“I sogni nessuno può controllarli: / ti sei bagnata tutta di luna”), che per l’uso di una lingua pastosa, saporosa e ritmata (“Ma il tuo corpo è una polpa per morire, / il campo brullo dove affondare i denti”) – non a caso è stato scelto il titolo Ghironda». Ma che cos’è la ghironda? La ghironda è uno strumento musicale a corde di origini antichissime tuttora usato in molti paesi europei per l'esecuzione di musiche tipiche delle tradizioni popolari. Le corde sono poste in vibrazione dallo sfregamento del bordo di una ruota che il musicista vortica per mezzo di una manovella e vengono attivate da una tastiera avente, di solito, i colori invertiti rispetto a quella del pianoforte. Ma veniamo al dove la complessità del suonare la ghironda: l’aspetto più difficoltoso è dato dall’azionamento della “trompette”, ovvero di una corda non tastata che provoca il tipico ronzio ritmico a seconda del tempo e della velocità del brano eseguito, azione che costringe il suonatore a sincronizzare le due mani con movimenti poco naturali e non riscontrabili nell’uso di nessun altro strumento musicale. Sebbene tutto ciò, Biondi se la cava benissimo nel gestire il suo suono e, soprattutto, certe sue immagini oltremodo taglienti.


20 PEZZI FACILI (più uno) di Fabio Orrico, FaraEditore.

Fabio Orrico è nato, vive e lavora a Rimini. Ha pubblicato due raccolte di poesie Strategia di contenimento, uscita nel 2005 per Giulio Perrone Editore, e Della violenza, uscita nel 2017 per FaraEditore, quindi ha scritto il romanzo breve Il bunker (ErosCultura 2016) e, a quattro mani con Germano Tarricone, il thriller Giostra di sangue (Echos Edizioni 2015), nonché il noir Estate nera (Golem Edizioni, 2017). Collabora al blog di Nicola Vacca Zonadidisagio e al periodico online Scrittinediti. Confessa l’autore: “In realtà ogni volta che rivedo un film che amo è come se rivedessi sullo schermo anche la mia autobiografia. È un po’ come se le mie rughe andassero a segnare la pellicola e il film si ricaricasse di senso e di un’urgenza nuova”. Di lui dicono riguardo il suo fare critica cinematografica: «La scrittura è godibile e attraente anche per i non esperti» (Angelo Leva); «L’ottima descrizione, anche di particolari che potrebbero sembrare insignificanti, conduce il lettore alla sua visione della pellicola. L’insieme è piacevole e stimolante» (Franca Oberti); «I collegamenti che crea danno un senso di organicità all’opera e restituiscono l’impressione di compiere un viaggio a più tappe, ognuna delle quali non sarebbe stata raggiunta se non tramite il passaggio da quella precedente» (Angela Colapinto); «Recensioni minuziose, quasi poetiche nel linguaggio attento a forme, colori e suggestioni» (Giovanna Passigato); «Orrico snocciola immagini con nonchalance come se davvero si trattasse di “pezzi facili”, ma lo fa con vera passione e senza arroganza, quintali di informazioni e impressioni che possono fungere per noi da bussola per orientarci nel panorama cinematografico dei nostri tempi» (Corrado Giamboni). 
Per quello che mi riguarda questo è libro da leggere, soprattutto per chi, come me, ama i film e, se potesse, ne divorerebbe 1 se non 2 al giorno. Un vero grazie a Fabio Orrico!


DORMIVEGLIA (E ALTRI RACCONTI SMARRITI) di Giovanna Iorio, FaraEditore.

Giovanna Iorio, irpina, è vissuta per anni a Roma ma si è recentemente trasferita nel Regno Unito. Ha pubblicato diverse raccolte di poesie. Le più recenti: Poesie d’amore per un albero (Albeggi 2017), Haiku dell’Inquietudine (Fusibilia 2016) e Frammenti di un profilo (Pellicano 2015, con post poesia di Renzo Paris). È presente in molte antologie tra cui Cuore di preda e SignorNo. Collabora con le testate Erodoto108, Roma&Roma e DiarioRomano. Dopo aver vinto il concorso “Pubblica con noi” è uscita con FaraEditore La neve è altrove (finalista al Premio Camaiore 2017 e al Premio Città di Arona 2018). Nel 2017 pubblica, sempre con FaraEditore, Succede nei paesi. Ha ideato e cura il progetto sonoro Poetry Sound Library. Nel 2019 sono usciti I giorni della volpe (Gattili Edizioni) e Ora rischiara (EscaMontage). Questi avvincenti racconti, fra il sonno e la veglia, si sono classificati secondi al concorso Narrapoetando: Così hanno scritto di lei i giurati: «Un insieme volutamente vario con l’incipit che avvisa da subito chi legge sulla caratteristica onirica dei testi. Ho trovato divertente la lettura e talvolta un pizzico di inquietudine nell’aspettativa» (Franca Oberti); «Il suo originale punto di vista verso la realtà che ogni giorno viviamo ha in sé un tratto fortemente onirico e al tempo stesso, con molta più frequenza di quanto a una lettura superficiale potrebbe apparire, riesce a cogliere nel segno, restituendoci un sapore intimo e familiare in grado di riportarci a casa» (Angela Colapinto); «Amori impossibili, creature che fanno esplodere le magie nascoste dentro di sé, momenti di amara e beffarda chiarificazione, universi familiari che con uno scarto improvviso diventano altro. E ancora piccole crudeltà, che poi diventano risolutrici, in virtù di una intelligente ironia» (Giovanna Passigato). 
La scrittura della Iorio è oltremodo calibrata, sicura, attenta ai particolari, sobria. Nel suo narrare, “il teatro che è la vita” risulta più che manifesto, coinvolgendoci al punto di immedesimarci nei vari personaggi, divenendo personaggi noi stessi del suo racconto, e ciò non è valore da poco.

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