domenica 28 ottobre 2018

Questionario di Proust [4]: Federica Giordano





Questionario di Proust
A cura di Mario Fresa


Le risposte di 
Federica Giordano





Il tratto principale del mio carattere. 
Forte idealismo, avida curiosità e senso di insofferenza verso la stasi.

La qualità che desidero in un uomo. 
La prima qualità in un uomo è la “capacità di nutrirsi di luce”.

La qualità che preferisco in una donna. 
La buona disposizione di animo verso le altre donne.

Quel che apprezzo di più nei miei amici. 
La presenza anche quando non si riesce ad avere il tempo per vedersi fisicamente.

Il mio principale difetto.
Ho un carattere piuttosto forte, che a volte può sfociare nella prepotenza. Inoltre a volte rinuncio alla forma per la sostanza, creando dispiacere negli altri.

La mia occupazione preferita.
Dedicarmi all’arte in ogni sua forma, ascoltare musica, leggere e scrivere, viaggiare, ballare il tango.

Il mio sogno di felicità. 
Riuscire a lavorare solo ed esclusivamente con le mie passioni.

Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia. 
Da madre, le prime disgrazie a cui si pensa sono quelle legate ai figli e alla famiglia. Volendo escludere queste paure fisiologiche, direi che la più grande disgrazia personale sarebbe senza dubbio alcuno la vittoria della disillusione sul mio esercizio di fede verso il positivo, inteso soprattutto in senso morale.

Quel che vorrei essere.
Vorrei poter avere la possibilità di rinunciare all’esercizio quotidiano di adattamento a dei contesti cui si è “costretti”. Contemporaneamente credo però che questo lavoro continuo porti l’effetto collaterale di “ridimensionamento” dell’io e quindi, da questo punto di vista, è un salutare confronto con l’altro da sé ed è un bene per non perdere del tutto il contatto con un tempo presente che non si riconosce come proprio. Risulta però fascinosa, a volte, l’eventualità di rinunciare al compromesso di sopravvivenza sociale e inselvatichirsi, passare il tempo e usarlo in base alle proprie priorità.

Dove vorrei vivere.
Vorrei vivere al mio posto, nel mio paese. Eppure spesso ho desiderato vivere in un paese con una politica più giusta e che avesse l’obiettivo di permettere a ciascuno di dare il proprio contributo alla società secondo la propria natura. La cosa meno intelligente che un politico possa fare è rinunciare ad adoperare le qualità di ogni singolo. Questo errore è fallimentare perché si perde la portata costruttiva del singolo nella società. Inoltre si porta dietro la demotivazione degli individui, che ha come conseguenza la rinuncia, la depressione, la deriva.

L’animale preferito. 
Il cavallo: coniugazione di forza, eleganza e innocenza.

L’oggetto cui sono più legato. 
Il mio primo pianoforte verticale, i miei libri, soprattutto quelli regalati, le mie scarpe da tango, i dischi, lo stereo di mio padre.

I miei autori preferiti in prosa. 
Mi limito a citarne alcuni, i primi che mi vengono alla mente, probabilmente perché sono quelli che mi hanno lasciato un’impronta emotiva più forte: Platone, Saramago, Marquez, Hesse, Kafka, Goethe, Mann, Dostoevskij, Weil, Yourcenar.

I miei poeti preferiti. 
P. Celan, T. Transtroemer, B. Brecht, T. Eliot, Dante, A. Anedda, M. Mehr.

I miei eroi nella finzione. 
Batman, che fa della sua paura la sua forza e che si interroga sulla giustizia e su come realizzarla.

Le mie eroine preferite nella finzione. 
Cat Woman, personaggio ambiguo e stilosissimo, affascinante.

I miei compositori preferiti. 
Schubert, verso il quale nutro una specie di ossessione. Lo considero il compositore dell’ambivalenza e dell’abisso, mirabile nel lavoro sulla parola. Oltre lui, Bach, Sostakovic, Prokofiev, Mozart, Strauss, Penderecki.

I miei pittori preferiti. 
La mia conoscenza della storia dell’arte è piuttosto disordinata e frammentaria, guidata dal gusto più che dallo studio sistematico. Più che pittori preferiti, quindi, ho dei quadri visti dal vivo che rappresentano degli “spartiacque” emotivi della mia vita. Ne cito alcuni, anche questa volta i primi che mi vengono in mente: il ciclo pittorico della Cappella degli Scrovegni di Giotto, “Le sette opere di misericordia” di Caravaggio, la Maestà di Simone Martini, il Buon Governo di Lorenzetti,  Leda e il cigno di Correggio,“Bambini chiedono l’elemosina” di K. Appel, il fregio del Palazzo Secessione a Vienna di G. Klimt e le Wasser Nymphen del Museum Albertina. Volendo restare sul mio territorio partenopeo, sono molto legata alla napoletanità di Ribera, Giordano e Cavallino.

I film più amati.
Metropolis (F. Lang), Dracula (F. F. Coppola), Melancholia (L. von Trier), The mill and the cross (L. Majewski), La quinta stagione (P. Brosens, J. Woodworth) e Odissea nello spazio (S. Kubrik).

I miei eroi nella vita reale. 
Chiunque salvi le vite altrui, sia in senso fisico che spirituale. Chi ha il coraggio di difendere le idee in tempi duri, dove il costo di prendere posizione è alto.

Le mie eroine nella Storia. 
Eroi ed eroine hanno per me le stesse connotazioni.

La riforma che apprezzo di più.
Il suffragio universale.

I miei nomi preferiti. 
Nomi femminili: Rebecca, Ginevra, Greta, Vittoria.
Nomi maschili: Bruno, Alessandro, Carlo, Federico.

Quel che detesto più di tutto. 
La mancanza di autonomia di pensiero.

Il dono di natura che vorrei avere. 
Vorrei poter viaggiare nel tempo. O forse mi affascinerebbe ancora di più avere una parziale (assolutamente non totale, per carità!) preveggenza.

Se avessi un milione di euro.
Se avessi un milione di euro rinuncerei a lavori che non mi piacciono per dedicarmi a “lavori” che, intollerabilmente, non sono considerati tali.

Come vorrei morire. 
Vorrei morire ovviamente di vecchiaia e senza particolari problemi di salute. Oltretutto vorrei poter essere cosciente per provare (una sola volta si può!) la sensazione e viverla fino alla fine. Soffrendo spesso di svenimenti, non credo che la morte sia una sensazione dolorosa, soprattutto quando avviene naturalmente.

Stato attuale del mio animo. 
Inquieto, con molti alti e bassi, ma assolutamente appassionato ed energico.

Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza.
Tutte le azioni che si compiono per impossibilità di scelta.

Il mio motto. 
“Solo nell’essere colonna non si teme il fardello della struttura”.