recensione di AR (v. anche la recensione di Cinzia Demi)
Il sottotitolo di questa raccolta (ed. Oèdipus,
Salerno/Milano, 2015) è costituito da tre parole di sapore esodico: La migranza, L’erranza, La viandanza. Tutte
e tre determinate: l’Autrice fa infatti particolare riferimento alle tragedie
in cui sono coinvolti i profughi, i migranti, le folle di perseguitati che
cercano rifugio in Europa. Il tono è particolarmente empatico e dialogante, non
a caso il Prologo è costituito da due
colonne di versi che potrebbero ben essere letti da due voci distinte. Ad esso
fa seguito il Canto delle speranze in cui tre “Speranze” (allegra, curiosa e
spavalda) devono fare i conti con il rischio vitale della traversata, con una
terra agognata ma “lontana / lontana / lontana…” (p. 13). Queste Speranze sono
evidentemente persone che testimoniano la: “Lunga /tormentata storia d’amore /
fra Africa e Europa / (…) / un lembo / di Mare nostrum / bagna / – ancora – / deserti e spezie / (…) / ormai
/ perpetuo / luogo di morte” (pp. 14-15). A volte i migranti parlano con
terribile intensità in prima persona: “Mi piace il vento/ che non si vende /
all’orizzonte prendo figura / (…) / andando incontro / al buio che si fa. / Un
tonfo sordo / un sasso / giù” (p. 16). Sassi umani.
La disumanità dei trafficanti di anime ricorda quella dei
pianificatori dell’olocausto: “A
chi / tocca / vagone staccato da un binario morto / senza un preciso giorno da calendario / con un salto mortale
senza rete / va giù” (p. 19).
Eppure questo flusso coartato, svilito, vessato,violentato…
riesce ancora ad esprimere voci che cercano “disperatamente” di resistere: “Ho
colto tutti i fiori grigi del mare. / Sarei un passante come un altro / se /
solo avessi una strada. / Ho solo mare / ovunque. / Ho solo male / ovunque” (p.
21).
La scrittura poetica di Eisenberg ci sembra molto adatta ad
una coinvolgente rappresentazione teatrale, ricca com’è di suggestioni
letterarie e mitiche; impregnata di storia, di vita, di realtà; di tensione drammatica
fra il destino personale e quello dell’intera umanità (intesa anche in senso
etico): “Com’è l’ombra / su un barcone? / È augurio / per anime / (…) /
un’orgia di pronomi / si confronta / senza mai un noi; / cosa se ne farà mai il
tempo / di così tanti occhi?” (p. 22); “Il tempo fa parte degli organi interni:
/ conoscono il tempo / che li fa marcire / (…) / Il tempo si è compiuto / allorquando / parole immediatamente
vecchie / non ce l’hanno fatta / a trafiggere il mondo” (p. 23). Quest’ultima
poesia che ha come titolo in calce Racimolato
Racconto (tutte le poesie della raccolta, tranne il Prologo, il Canto delle speranze
e l’Epilogo hanno un titolo in coda
di due parole con l’iniziale maiuscola) è forse lo snodo del libro e non a caso
viene tradotto in francese nel saluto finale da Maram al-Masri in cui ella definisce giustamente Mariastella “Femme qui a vécu ses poèmes” (Donna che ha
vissuto le sue poesie, p. 65), paragonandola a Maria dei sette dolori, Donna e
Madre (ivi).
A questa prima sezione, fa seguito un Intermezzo, quasi dei
flash giornalistici che fotografano situazioni, esperienze, traversie:
“Talvolta / dura più il sogno che la vita / nomi / sparsi tutt’intorno sul mare…”
(p. 32); “… e non sai / se ti
toccherà morire almeno un po’. / Sfilacciata di alghe / l’alba / passaporto /
senza foto” (p. 35); “… bisogna farlo / bisogna / – vela strappata – / cercare
la brezza” (p. 36); “… linea d’universo / siete / traiettoria semovente…” (p.
41); “Ogni luce appare casa / a chi / ha casa il marciapiede” (p. 50); “Disarcionati cavalieri d’avventura /
ansimanti allo scoglio / infine / pupille dilatate nel buio di tutto il mare”
(p. 52); “Il mare vi schiaffeggia / faccia immersa tra le mani / ad evitare i
colpi” (p. 54).
Il protagonista “oggettivo” (di sfondo ma essenziale) di
questo Viaggio è senz’altro il mare, nella sua ambiguità di potenziale tomba e
di liquida superficie da solcare verso la salvezza. Lo stile è scarno, fatto di parole all'osso, necessarie; i
versi hanno il “fiato corto” di chi sta correndo
un pericolo, le immagini sono vivide eppure rispettose del dramma che
descrivono: il lettore/ascoltatore è con discrezione invitato a farle scendere
in sé, ad alimentare la sua empatia, a rendere più attento e coinvolto il suo
sguardo, a far un po’ anche lui questo Viaggio al fondo della notte che ci
riguarda tutti, se non vogliamo rinnegare la nostra umanità.
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