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«Ho sognato di avere
il cervello percorso
da una lancia gettata
da qualcuno indistinto
e remoto… riuscivo
ad estrarla. Col cranio
perforato dal tunnel
luminoso e perfetto
senza tracce di sangue,
lacrimavo contento:
ero vivo e cosciente»
(Antefatto)
il cervello percorso
da una lancia gettata
da qualcuno indistinto
e remoto… riuscivo
ad estrarla. Col cranio
perforato dal tunnel
luminoso e perfetto
senza tracce di sangue,
lacrimavo contento:
ero vivo e cosciente»
(Antefatto)
Alessandro Ramberti, poeta ed editore, è uno di quei rari casi in cui la soavità della poesia, soffice fino all’immateriale, è in grado di legarsi alla più dura ed eloquente concretezza. In questo poemetto in quartine ed endecasillabi si parla di Dio; o, meglio, si parla con Dio: quel Dio che anche quando non risponde in un discorso diretto, vis à vis, di un’immediatezza “chiara e distinta” (come l’uomo, sovente, lo desidererebbe), sa manifestarsi nella vita con una presenza, una forza, una testimonianza inequivocabili. Né un’opera di devozione né uno scritto rimato di sottigliezze teologiche: piuttosto, versi vividi e “saporiti”, per così dire, che sgorgano come irrefrenabile respiro di chi ha saputo stare a lungo nell’apnea del pensiero e nel silenzio della propria interiorità. L’opera è arricchita da numerosi disegni a matita e a carboncino. Con la Prefazione di Vincenzo D’Alessio e le Postfazioni di Alfonsina Zanatta, Ardea Montebelli e Gianni Criveller. Consigliato anche a chi non abbia familiarità con la poesia.
A. Ramberti, Orme intangibili, ed. Fara, 2015, pp. 78, euro 10.
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