martedì 18 marzo 2014

Apostoli della Poesia: stranieri nella propria terra.

di Vincenzo D'Alessio
http://www.faraeditore.it/html/siacosache/valigiamerid.htmlGuardate quello che accade sotto i vostri occhi: non vedete? Come mai?! Tale è il caos generato in trent’anni di decadenza morale ch’è difficile scorgere il reale dai miraggi generati da questo deserto? 
Hanno inquinato ogni zolla di terra. Hanno ucciso ogni forma di vita vegetale. Hanno spopolato i boschi e le campagne dagli animali domestici. Hanno concentrato gran parte di uomini in spazi urbani generando malattie endemiche. Hanno fame d’acqua, d’aria, di spazio. Non c’è nulla che basti!
C’è un manipolo di “Poeti estinti” , stranieri nella propria terra, come scriveva Pino Aprile nel suo libro Giù al Sud. Perché i terroni salveranno l’Italia (Piemme, 2011) che si batte per recuperare la Letteratura Meridionale rimettendola nel ruolo dal quale il benessere l’ha diseredata: parte integrante della Letteratura Italiana. Dichiarava Paolo Saggese, apostolo della Poesia Meridionale, nel citato libro di Pino Aprile: «(Nei testi scolastici adottati dai licei italiani) Non c’è un meridionale! Nelle ministeriali “indicazioni” non vi è soltanto il “rifiuto della cultura del Sud” – commenta Saggese – ma anche la convinzione dell’estraneità di questa poesia dalla storia nazionale. Da cui viene sbattuta fuori, ope legis, per legge! Persino la “triade” Quasimodo, Gatto, Scotellaro, sembra essere indegna di figurare nella programmazione scolastica attuale» (pag. 325).
L’apostolo deve morire, com’è morto il Maestro perché le idee che promulga sono pericolosissime: come può lo schiavo essere simile al suo padrone? È quanto meno assurdo in una società civile! Si vuole sovvertire l’ordine sociale?!
Da quanti secoli dura questa maledizione? Chi agita le coscienze per il martirio dell’apostolo e dei suoi discepoli?
Risposte certe non ne abbiamo. I politici sono tra i primi sospettati, seguono i preti, i faccendieri, i procacciatori di raccomandazioni per i pochi posti di lavoro rimasti. A muovere l’accanimento verso questi miseri poeti è uno spaventapoeti senza volto, continuamente affamato di benessere per sé e i propri simili, posto nel bel mezzo del campo dove ogni anno matura dal seme il nuovo grano. La parabola va spiegata per chi non legge poesie: lo spaventapoeti immobile è il popolo che rincorre da secoli, forse troppi, il benessere personale leccando i piedi ai potenti di turno. Il campo della semina sono le scuole di ogni ordine e grado, dalle quali ogni anno emigrano i giovani liberi verso altre nazioni. Quella parte di grano che resta nel campo viene predata dagli uccelli di turno e sono quelli che restano e diventano feroci avversari dei poeti estinti.
Gli apostoli sono pochi, anzi pochissimi, non solo nel Meridione di questa stretta penisola mediterranea, e il loro compito è sempre più arduo. Pubblicare libri che non vengono letti né seguiti. Cercare di tenere a bada le forze interne dei discepoli che vogliono emergere egoisticamente ad ogni pagina stampata. Tenere in alto la passione che va affievolendosi ad ogni passo compiuto nel deserto nazionale. Finché alla fine della strada si dirà: ho fatto quanto ho potuto. Poi, scomparso l’apostolo, un poco per volta vengono dimenticati sacrifici, idee, libri.
Ricordate che questo è già accaduto! Fin troppe volte è stato così!
Allora, cosa possiamo fare per rifocillare durante il viaggiol’apostolo della poesia meridionale?
Non è facile la risposta a questa domanda. Per me stesso ho provveduto ad acquistare , nonostante le difficoltà economiche che viviamo, i libri che Paolo Saggese ha prodotto in questi anni. Ultimo nato Storia della Poesia Irpina 2 (dal primo Novecento ad oggi) (Delta 3, Edizioni, 2013). Poi, dopo averlo letto, l’ho consigliato agli amici di poesia, ai lettori di Facebook, di twitter, dei blog letterari. Poi l’ho riposto nello scaffale trai libri di quei pochi che hanno tentato nei secoli la “Rivoluzione Meridionale” e mi auguro passerà nelle mani dei miei figli e nipoti.
Duemila anni fa l’Impero Romano, guidato da Cesare Ottaviano Augusto e successivamente da Tiberio Giulio Cesare Augusto, non si aspettava certamente che “la vita di un operaio ebreo vissuto in Palestina” (cito Hall Caine, Vita di Gesù Cristo, Arnoldo Mondadori Editore, 1946, volume 1°) fosse da esempio a tutta l’umanità, fino ad oggi, sciogliendo le catene della schiavitù, della sottomissione e dell’imperialismo. Ci vorrà del tempo. Noi non saremo qui a vederne i frutti. Ma il vento della poesia abbatterà lo spaventapoeti cullando il grano con le parole che Pino Aprile riporta nel libro che abbiamo citato prima: “C’è una potenza del sentire che il tempo, la distanza possono nascondere, ma da cui non riesci ad allontanarti tanto da perdere la radice. Nicola vuol dirmi che la tua natura prima o poi ti raggiunge” (op. cit., pag. 255).

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