Carlangelo
Mauro
La tersa,
pacata limpidezza dei versi di Carlangelo Mauro, confluiti nel libro Il giardino e i passi (edizioni Archinto),
non esclude l’emergere inatteso di accensioni potenti, di energici fuochi sorprendenti.
Il centro
gravitazionale della raccolta è un luogo sospeso e incompiuto: ed è lo spazio
arcano delle dolci reminiscenze famigliari. Qui, la memoria del poeta si
abbandona a un viaggio estremo, attraverso la folta costellazione dei propri
affetti segreti; e lo fa col sostegno di un amorevole e strano sentimento,
capace di unire la dolcezza col dolore, e di intrecciare, infine, un dialogo
prezioso col passato e col presente, con l’immaginazione e con la realtà, con
la terra e col cielo. Le rievocazioni si fondano sulla scioltezza e sulla bella
fluidità di una dizione trasparente e piana, a volte scossa da sottilissimi
echi rivestiti di una mestizia aspra, teneramente aspra. Si nota, in questi
versi, un’enimmatica fusione di pulsioni e di forze mobilissime e alterne, ove
il demone acuto del ricordo, dell’evocazione e dell’invocazione, col suo
continuo rilevare e cancellare, col suo perenne lumeggiare e disperdere, sembra
quasi somigliare alla tensione di una veglia oracolare, o alla magia di un atto
luminoso e sacro, ma incontrastabile e tremendo.
Molte
dediche accompagnano le poesie di Mauro: e così i testi divengono, a un tratto,
silenziosamente dialogici, rendendo più intenso il movimento circolare
dell’occhio lungo della ricordanza, del suo gioco sempre leggero e infido.
Una fatata
lumiera, dunque, scorta il girotondo mnemonico di Carlangelo Mauro; e
nell’accogliere, con lieve turbamento, la favolosa visitazione delle immagini
degli amati parenti e dei cari suoi antenati, degli amici presenti e degli
antichi conoscenti, si capisce che la poesia stessa si trasforma, qui, in un
sentiero dilatato e pulviscolare, permeato di una scura densità misteriosa che
trasumana e trasfigura le presenze evocate: e sono, queste, presenze
trascendenti, quasi irreali e fantasmatiche; ma anche, al tempo stesso, vicinissime
e vive, immanenti e concrete.
Così la
lingua poetica si allontana, a poco a poco, dalla prigione della confessione
privata, e il suo sguardo si fa più denso e più chiaro, più vasto e universale;
e nell’incontro stupìto con le affettuose apparizioni parentali, si mostrano,
finalmente, la meta più dolorosa e occulta della poesia, e il più ambizioso, il
più recondito suo desiderio: e cioè quello di volere dialogare con l’ossessiva immagine
della morte, col suo profilo incomprensibile e crudele; e la poesia diventa,
allora, l’ ansiosa portavoce di un’ indagine sofferta, di una dolente
esplorazione che pare divisa tra la crudezza di un’analisi tanatologica e
l’illusiva speranza di un approdo metafisico e stellare.
c’è qualcosa
che rimane
nell’aria senza peso
che ti dice che è inutile
muoverti o stare fermo
far scorrere l’inchiostro
sulla pagina bianca
di inesattezze
nell’aria senza peso
che ti dice che è inutile
muoverti o stare fermo
far scorrere l’inchiostro
sulla pagina bianca
di inesattezze
dire il
vuoto
dell’abbandono e della consolazione,
la polvere dei crolli,
che riacceca
ma sei già estinto
in partenza
rimarrà nell’aria
il buonissimo o altri giochi:
dell’abbandono e della consolazione,
la polvere dei crolli,
che riacceca
ma sei già estinto
in partenza
rimarrà nell’aria
il buonissimo o altri giochi:
è già morta
da tempo
l’impronunciabile
e con essa non muore il mondo
l’impronunciabile
e con essa non muore il mondo
Versi tratti dalla raccolta Il giardino e i passi, Archinto, 2012, con prefazione di Maurizio Cucchi.
Carlangelo Mauro è nato nel 1965 e vive a S. Paolo
Bel Sito. Dottore di ricerca in Italianistica, collabora con la cattedra di
Letteratura Italiana Contemporanea dell’Università “L’Orientale” di Napoli. Ha
pubblicato studi e saggi sulla poesia italiana del Cinquecento e del Novecento. Ha curato con Enzo
Rega il volume La poesia a scuola. A
colloquio con i poeti Milo De Angelis, Luigi Fontanella, Giampiero Neri (2003).
Ha pubblicato le raccolte di poesia In
margine (1997), Antidoto (2000) e
la plaquette Alla madre (2003).
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