lunedì 5 novembre 2012

"Fischi di merlo" di Matteo Bianchi


fonte: criticaletteraria.org, 5 novembre 2012

«La poesia di Matteo Bianchi, nella sua volatile essenza, è sacrale, ma di una sacralità del tutto particolare che la rende alquanto originale e avvincente: sa volare alto quando capace di atterrare, chiedere le ali e camminare. Poesia viandante che cammina nei meandri di una città – la città del poeta – che è la sua culla. Ferrara» – così Roberto Dall'Olio, nella sua prefazione a Fischi di merlo di Matteo Bianchi (Edizioni del Leone 2011) descrive la flâneurie che percorre tutta la raccolta, sullo sfondo di una tensione spirituale.


Fischi di Merlo, di Matteo Bianchi
(Edizioni del Leone 2011)
C'è una grande religiosità, difatti, in questi versi, una religiosità concreta, arcaica direi, che parla dell'anima come di un flatus vocis: «Sento il penso / invisibile / del respiro / uscire dall'anima: / tornerà?». Una religiosità che trova la sua palestra di esercizi spirituali nella dimensione poetica. La poesia aiuta a indagare «il limite disperso» o «quello che sta dietro / le quinte dell'animo / e tira il fiato per noi».

fischi di Bianchi sono in tutto sessanta componimenti divisi in cinque sezioni. Ogni sezione prende il nome da una via di Ferrara, ogni via è uno spazio reale e simbolico, è una tappa verso l'ascensione, da Via Assiderato a Via del Paradiso. Un cammino poetico, lirico e quotidiano, che s'ispira molto liberamente alla triplice ripartizione della Commedia di Dante.
Qui, però, il numero che detta la rotta del viaggio non è il tre, ma il cinque – numero nel quale, simbolicamente, si riflette con più drammaticità tutta la «la dialettica fra sublime e carnale, tra sacralità e dimensione profana, spirito volatile e caduta terrena». Allora, sono elementi questi, così ben individuati da Dall'Olio, che non si ordinano in un sistema tomistico e ben organizzato, ma si miscelano più o meno disordinatamente fra loro, esprimendo tutta la tribolazione di un esperimento alchemico, un sofferto tentativo di ascesi.
Ecco che la realtà, nei fischi di Bianchi, ci si manifesta come grave, oscura: «Codesto solo oggi / riesco a dirti / e macchiato di realtà...». Una realtà sovente messa a fuoco ...in negativo.
Ma non mancano toni liberatori dalla via apofatica di Montale, e in questa poesia sacrale riecheggia più spesso la tradizione di un lirismo petrarchesco – dai termini aulici, e moltissimo insoliti nella poesia attuale – che Matteo Bianchi consegna quasi intatto alla contemporaneità. Un lirismo espresso attraverso i temi della malinconia («fatico a riconoscerti l'anima»), della lontananza («il baule lasciato ansimare, / in stazione, tra polveri care»), e soprattutto della purezza («Essere puri dalla nascita / è uno strascico di seta, / nuotare gli anni / nelle pupille altrui: / non temere i gabbiani, sorridono davvero / di altri mondi / al passaggio sul mare») [...]

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