sabato 5 marzo 2011

Su Dove il vero si coagula di Caterina Camporesi

Raffaelli Editore, Rimini, 2011
L'acqua scende a valle - Stefano CammelliMi ha sempre affascinato l’identico suono della congiunzione “se” e del pronome “sé”:   l’uomo è infatti l’essere vivente per eccellenza che dubita e quindi si pone domande. Al tempo stesso è questo dubitare che consente all’uomo di aprirsi al mondo, di relazionarsi, di trovare le coordinate del proprio cammino e in definitiva di identificarsi e costruire il proprio sé: «precipitano risposte a domande / insolute / in bocche imbastite si ritirano» (p. 34); «nel cuore che vive / aprendosi al dono / torna il vigore» (p. 40)
Il titolo della prima sezione di questa nuova raccolta di Caterina Camporesi, “un porto ai sé nascenti”, non poteva non colpirmi. È infatti una dichiarazione di poetica che mi trova molto in sintonia. La scrittura accogliente eppure chirurgicamente analitica, indagante e provocatoria (nel senso etimologico di una parola che richiama la nostra attenzione) si offre con umiltà al lettore che non può restare indifferente a queste poesie così ricche di verità “coagulata” in immagini, metafore e figure retoriche non certo stereotipate ma autentiche, incisive e contemporanee: «si coagula la parola / ormeggiata nella neve» (p. 21); «la luce dello spirito perfora palpebre / staziona in dilatate pupille» (p. 22); «sui ponti a sorpresa a sera / caschi di fiori bianchi / silenziano fiumi» (p. 47).
In queste pagine è riconoscibilissimo lo stile nudo e vigoroso della Nostra: tutto è stato con cura essenzializzato, il ritmo mai cullante sostiene versi carichi di senso, allitterazioni e assonanze riecheggiano ovunque e non sono mai gioco artificioso bensì una chiave interpretativa donata al lettore invitato a rimasticare queste scarne parole per goderne il sapore intenso e durevole: «sibili sconnessi / alternano abissi estasi» (e qui mi pare interessante la possibilità di separare nella dizione e-stasi, così che l’estasi diventi anche una “stasi”, una situazione misticamente inattaccabile dall’abisso); «nel vermiglio del travaglio / un parto ancora / per un porto ai sé nascenti» (p. 46);  «scova verità sepolte il suono / nel ritmo che eterna il senso / chiudendo porte alla morte» (p.48).

La seconda parte dell’opera, “per scelta oculata”, ha già dal titolo un tono etico-sapienziale di estremo interesse e ne troviamo una bellissima sintesi negli ultimi due versi della raccolta: «la giusta soluzione // aiuta l’essere ad esserci» (p. 87). Ritengo che in questa parte il messaggio di Camporesi sia particolarmente attento all’analisi della realtà, allo svelamento delle ingiustizie, delle ipocrisie e delle tragedie del nostro mondo “globale” così pericolosamente a corto di spirito e di empatia, e desideri sommessamente (ma con forza tellurica) scuoterci dal torpore illusorio e consumistico che vela le menti e addormenta le coscienze: «residui flutti di tsunami / inaugurano frontiere / suturano strappi / inseguendo navi corsare» (p. 53); «tra inquietudini stanziali / torna a spaesarsi l’io nomade / bramando erranza» (p. 56); «se il contenitore si stringe / e fuori spinge // per scelta oculata / non per sorte data / meno diventa più» (p . 61); «non manca niente / oltre l’incontro / se non l’anima spoglia» (p. 65); «la fede nel tutto / non sostiene più la vita // si frammenta e si rinsalda / nell’io che muta / nel possibile che albeggia» (p. 76).

Concludo questa nota di lettura con una poesia emblematica, che riproduco senza commento se non questi aggettivi “inquietante e splendida”: «molti anelano danzare nel castello / pochi liberi di ondeggiare dentro e fuori // tanti appesi eternamente alla soglia / troppi asseragliati in oscure prigioni»  (p. 70).

Mi piace considerare Dove il vero si coagula una sorta di salterio laico perché c’è sempre una estrema attenzione all’altro e all’oltre, al senso e al perché del tutto incapsulato nelle questioni più profonde e ineludibili del sé. Con poeti come Caterina Camporesi possiamo ben dire che anche oggi la poesia possa offrire una speranza, indicare una salvezza, donare bellezza alle nostre anime che sembrano ritirarsi dal mondo (cfr. p. 78).
(AR)

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