lunedì 25 gennaio 2010

Su Sequenza di dolore di Rosa Elisa Giangoia

recensione di Nicoletta Verzicco

Vita e amore


Ho respirato tutto d’un fiato questa Sequenza di dolore di Rosa Elisa Giangoia percependo in ogni pagina vita e amore.
Nonostante io non abbia combattuto con le lacrime che velavano le parole scritte, queste ultime erano limpide e sono entrate in me trovando spazio in fondo al mio cuore per restare.
In un sommesso scambio di sguardi, di pensieri unilaterali, di parole dette e parole che possono sembrare essere state offerte troppo tardi, si legge di due esseri umani legati per la vita, uniti nell’amore oltre la vita: «E intanto t’amavo anche per i giorni / in cui non ci saresti più stato.»
La sofferenza transitoria di lui che, costretto, ha «abbandonato il bozzolo» si trasforma in afflizione incessante per lei che rimane «… sono perseguitata / dai giorni che verranno… mentre una moltitudine / di pensieri variabili / si precipita nella mia notte / che volevo rimanesse con la tua».
Si è avvolti delicatamente dai colori che appaiono all’improvviso tingendo il nero «… arderci di sale sul mare / bruciarci le ali verso il sole… persi nell’azzurro e nella brezza / incontro all’antico…” che nero poi ritorna per assorbire tutti i raggi del medesimo sole «Ma la Gorgone / da albe ormai remote… scrutava le nostre vite / e… ci avvolgeva / nelle sue trecce di serpente».
C’è commistione fra morte e vita, gioia e dolore e da essi si è avvinti; è impossibile non immedesimarsi e non provare le emozioni della poetessa; è incredibile non vedere ciò che di lui rimane attorno a lei e, leggendo, diventa colmo nei miei occhi quel vuoto «… sul divano dello studio… sullo sfondo azzurro / del mare e del cielo / oltre la finestra…» perché non esiste spazio completamente privo di materia se attraverso esso qualcosa di prezioso è passato. I versi sgorgano come acqua pura da falde sotterranee attraversando «quel muro di pietre a secco» e tengono unito ciò che la caducità umana vorrebbe dividere, così vita e amore ci sono donati non rendendo vana la sequenza del dolore.

Nessun commento: