giovedì 12 febbraio 2009

Su La sede dell'estro di Antonio D'Alessio


Edizioni G.C: “F. Guarini” – Montoro Inferiore, 2009, pp. 64, € 10,00

«Alla vita sorriderò sempre / anche se non per tutto; / ma non so se sorriderò alla / mia morte» (ivi, p. 36)

Come scrive nella Prefazione Narda Fattori: «Sono poesie che risalgono agli anni 1991-1994, dai 15 ai 19 anni e Antonio stesso le ha raccolte sotto il titolo, per chissà quale presagio, de “L’adolescenza mai finita”. Non è il facile sociologismo dei Peter Pan, ma la consapevolezza che l’unica certezza può venire dalla fede; il resto è una selva di domande dalle risposte provvisorie a domande poste da sempre: chi siamo, dove andiamo, perché andiamo, quale la meta e il percorso.»

Solo l'ultima poesia risale al 1999 e contiene questo splendido distico: «tutto è com'è; / è quotidiano» (p. 39), icastico come il “Je est un autre” di Rimbaud. Come sostiene Massimo Sannelli la poesia contiene in sé una profezia di cui il poeta stesso non si rende completamente conto, ma che costituisce per lui la densa cifra del suo cammino, dei suoi passi.

Questi versi, raccolti e impaginati con amore infinito dal padre Vincenzo, ci offrono lo sguardo sensibile di chi si definisce «… una piccola formica / che cerca di passare / sotto la grande porta / dell'incoscienza» (p. 12) o «… una / carta / sfruttata / da gettare!» (p. 17). Di chi è già arrivato al fondo di sé: «Da piccolo cercavo calore; / oggi ho capito che il fuoco / è dentro di me» (p. 21). Di chi «già sa dove / andare, il tempo / da trascorrere non è troppo / lontano» (p. 24). Di chi sente con particolare forza i legami ancestrali coi defunti: «farò cantare insieme / a me / il corpo di / quelle persone ormai / marcite / nelle tavole di legno» (p. 28). E quest'ultima immagine mi ricorda mio padre Roberto a cui ho dedicato La simmetria imperfetta (imperfetta già nello pseudonimo islandese): la narrazione/condivisione oso dire abbastanza poetica, almeno per densità e ritmo, di un cammino, con le sue domande, le sue divagazioni, le paure, il mistero dell'oltre, la ricerca di una meta, di un amore fedele per cui valga la pena “faticare sotto il sole” nonostante l'apparente scetticismo del Qohèlet: «ti vogliono togliere / anche l'ultimo respiro, / [ci dice Antonio] lìberati dalle oppressioni / fa quel che vuoi / non farti togliere / dagli argini del fiume / quella è la tua casa» (p. 30).
Ricordare la prematura scomparsa di un figlio con queste pagine che saranno ufficialmente presentate a Solofra il prossimo 27 febbraio (giorno in cui avrebbe compiuto 33 anni), arricchite dalle testimonianze di Teresa Armenti, Emilia Dente, Antonietta Gnerre, Michele Luongo, Paolo Saggese, Maria Giovanna Vitale e dei familiari, penso sia la maniera meno effimera di rendere “vivo” e presente Antonio.

Alessandro Ramberti

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