recensione di Giancarlo Baroni
Nei giorni scorsi è stato presentato, alla Biblioteca Guanda di Parma, il libro della poetessa giapponese Mari Kashiwagi intitolato Farfalla. L’ha pubblicato nel 2024 l’editore Bertoni nella collana curata da Luca Ariano. La traduzione in italiano è della poetessa Lucilla Trapazzo. L’autrice era presente all’incontro assieme alla traduttrice.
Accostarsi a questi versi, scrive quest’ultima nella Prefazione, «significa abbandonarsi con fiducia alla grazia sconosciuta del volo, alla curiosità dello sguardo incontaminato dei bambini, allo stupore sempre nuovo della vita, all’inafferrabile». La farfalla senza peso e gravità di Mari Kashiwagi danza nell’aria e presto svanisce. È «un ponte impercettibile / verso l’invisibile»; la sua apparizione ha qualcosa in comune con lo stupefacente e insondabile mistero della vita.
Nelle pagine del libro prevale il bianco silenzioso, il vuoto sul pieno; le parole essenziali, necessarie, eleganti ed armoniose emergono dal foglio e ne vengono riassorbite in un equilibrio precario di presenza e assenza, di evanescenza e consistenza, di leggerezza e profondità, di effimero e duraturo, di istante ed eternità. I versi sembrano scomparire e poi per incanto riapparire fluttuando («Farfalla che più non è / cade fluttuando sulla neve»).
È un libro che assolutamente consiglio non solo a chi, come me, ama le poesie dedicate agli animali. Riporto qui alcuni testi di Mari Kashiwagi che mi hanno particolarmente coinvolto:
*
Dolcemente scrollandosi via il mondo
emerge
una farfalla
*
La Gravità
che la tiene legata
al mondo
solleva
Farfalla
in una danza
*
Farfalla
curva
l’universo
col suo volo
*
Farfalla
si muove
sul limite
tra la danza e
e lo svanire piano piano

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