lunedì 1 settembre 2025

"Ciò che rimane di me": il viaggio poetico di Federica Re tra amore, assenza e rinascita


La nuova raccolta di poesie di Federica Re, Ciò che rimane di me, è insieme confessione e visione, sguardo intimo e apertura universale, percorso dentro le contraddizioni dell’amore e le metamorfosi dell’esistenza. La raccolta si articola in tre sezioni — senza te, con te e dopo te — e accompagna il lettore in un viaggio che intreccia solitudine, estasi, abbandono e ritorno, fino a un approdo che coincide con l’essenza stessa dell’essere poeta.
Nelle sue liriche, Federica Re esplora i confini tra visibile e invisibile, tra musica e parola, tra sogno e materia. La sua scrittura, sperimentale e pittorica, gioca con punteggiatura, spazi, corsivi, persino con la grafia, per negare inizio e fine, inseguendo un altrove che vibra oltre il tempo.
Le poesie risuonano di echi musicali (da De André a Tenco, da Zucchero a Bowie) e si muovono in un paesaggio costellato di cieli azzurri e orizzonti terrosi, di estasi e ferite,
di amore e solitudine.
Con Ciò che rimane di me, Federica Re consegna ai lettori una testimonianza poetica che non cerca consolazioni facili, ma affronta la complessità della vita con uno sguardo onesto e visionario. Perché, come scrive in chiusura, “vivere nel mondo condiviso” a lei non basta: ciò che resta, e resiste, è la poesia.


Se (non) mi guardi
mi stacco dal finito
e le mie dita
ti ammoniscono fruscianti

mentre dissemino
le spoglie di me stessa
rivendicandone
l’impavido clamore.

Non hai saputo
tenermi tra le braccia
né riconoscere le
labbra sulle tue

ed hai scambiato
ogni mia resurrezione
per un ritorno
dopo la follia.

(ma questa volta
non ti cercherò)



La fonte della felicità


Gaudente mi rifugio 
nell’estatica bellezza 
di un cielo sconfinato 
che mi avvolge e 
mi consola:

docili si placano ansie 
disordinate e strane

mentre gli occhi estasiati 
ammirano le sapienti 
evoluzioni dell'universo.


Nulla avrà mai fine 
in quest’attimo d’eternità

nulla turberà la pace 
dello spirito placato 
con dubbi inquieti e 
rimpianti mai asciugati

ma un silenzio venerato 
e meditabondo
tacerà la paura del divenire

e lascerà che il pensiero 
si abbeveri fecondo 
alla Fonte della Felicità




mentre mi guardi
da spazi forse solo immaginati

i tuoi occhi rotolano accorti
dentro la mia anima
sfiorando solo le parti
di me stessa 
che non so scegliere 
nè dimenticare

ma nonostante il tempo
inutilmente sparso 
dai nostri umori e
dalle nostre troppe attese
che si ripetono senza più direzione

non ti è permesso
infliggere ad una sagoma 
finita, i fitti assilli 
del mio vociare manicheo




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