L'obiettivo di Pozzoni è di segnalare ai lettori inesattezze e trascuratezze culturali, scusabili, della recensione. L'interpretazione soggettiva del critico è insindacabile (fino ad una eventuale interpretazione autentica dell'artista, cioè dell'organo stesso che ha emesso il testo interpretato dal critico); il neustico della recensione, fatto di teoria e valutazione, è oggetto di dialogo etico/sociale; il frastico, fatto di credenze, è oggetto di verificazione o falsificazione, secondo le strategie cognitive della new epistemology.
Pozzoni desidera opporre all'interpretazione soggettiva di Michele Nigro, l'interpretazione autentica di Ivan Pozzoni, attraverso una anti-recensione termonucleare.
Il 90% della recensione - come nella recensione di Pasquale Vitagliano- trova Pozzoni d'accordo. Pozzoni vorrebbe segnalare, col massimo rispetto verso Michele, un 10% di interpretazione autentica, con massima clearity (non clarity) analitica. Precisiamo:
1. [r.2] Pozzoni non è un «autore». L'anti-manifesto neon-avanguardista, steso nel 2016, con il suo maestro Bauman e firmato dai maggiori intellettuali del XX/XXI, recita:
5] Pyat: L’«autore» è finalmente deceduto [Non essendo «autore» dell’«opera d’arte», l’artista non alienato e non ignorante, deve assumersi il dovere di concorrere ad essa, come tutti i restanti «agenti» della «filiera», in tutti i fattori di «produzione» (creatività, lavoro e finanza). Nel tardomoderno, con l’affermarsi del dato sociologico della collettività dell’«opera d’arte», è alienazione dell’intellettuale inattuale ignorare la nuova categoria socioeconomica del dovere d’autore, smarcandosi, con arroganza parassitaria, dai costi della (anche) sua attività].
Ivan Pozzoni è artista tardomodernista, chiusa l'esperienza di transizione con la neoavanguardia millenials e sul campo di battaglia sin dal 2005. Fondatore del movimento tardomodernista europeo e internazionale e artista tardomodernista (homo agens, lontanissimo dall'homo faber della creazione romantica fantasy).
Questo è un esempio di come la critica letteraria - aldilà delle sciocchezze affermate dai cento e cento e cento epigoni di epigoni di epigoni (epigoni al cubo) come lo sconosciuto S. Gallo- come scrivevo a Giorgio Linguaglossa diventa inefficace ad affrontare un testo, non avendo l'energia olistica del text-context (and intertextuality) pragmatici.
2. «Poesia universale». [r. 7/8] L'esatto contrario della πρᾶξις del noi, cioè della πρᾶξις dell'hic et nunc. Pozzoni non userebbe la locuzione «poesia universale», cioè ontologica e metafisica, nemmeno sotto tortura. La πρᾶξις del noi è l'esito del dibattito delle assemblee, bund, kolektivne tra ogni artista internazionale, di ogni orientamento e stile. La «morte del lettore» - al di fuori delle belardinellate letterarie - è stata riconosciuta da Bruno Gentili nel 1984 (Poesia e pubblico nella Grecia antica); la «morte della poesia» è stata riconosciuta, sin dal 2000, dalle neo-avanguardie millenials e dall’economia aziendale (sconosciuta ai letterati di mestiere) coi continui reports sull’ipertrofia del mercato editoriale della «poesia» e, successivamente, della narrativa (col risultato, 2024, di 1 copia/mese max venduta da una minoranza di volumi spinti da marketing e agenzie letterarie); l’«anacronismo della poesia» come ποίησις è stato riconosciuto dal tardomodernismo artistico, che rifiuta ogni forma di modernismo diffusa tra centinaia di scrittori mediocri (che escono con l’aiuto mafioso del regime Mondazzoli). La locuzione «poesia universale» la lasciamo volentieri all'amico Ridolfi (scolastica e neo-scolastica continuano fino al XXI).
3. [r 13/19] Smentiamo definitamente una tesi introdotta - a sproposito- da Dino Villatico: Pozzoni non afferma o propaganda l'inesistenza dell'«io» nella ποίησις (consiglio al maestro Villatico di visionare il mio saggio, in rivista internazionale, I. Pozzoni, Suggestioni etico/giuridiche nei lirici greci arcaici, in “Información Filosófica”, Roma, fasc.19 (2012), IX, 7-36 (ci sarà una differenza tra l'«io» eterico/tiasico e l'«ego» archilocheo?). Sostiene che dall'autobiografismo letterario di Dante (che, in Petrarca, è moderato dal richiamo all'idea di communitas antica) e dal soggettivismo teoretico di Cartesio, che ci hanno liberati dalle catene teologiche scolastiche medioevali, si scatena una escalation - vocabolo alla moda- con la progressiva trasformazione egopatica ed egomaniaca dell'«io», che trova esito esiziale nell'ermetismo e nelle sbruffonate narcisistiche di Fo/Bene («[...] Sono apparso alla Madonna [...]»). Pozzoni segnala che esiste una linea alternativa che mantiene l'«io» lirico, mediato da una sorta di osservazione partecipante malinowkisana, libero dall'egopatia (Becchin'amor! e Spinoza, ove si riesca comprendere la distinzione tra due diverse forme di organizzazione della relazione tra res cogitans e res extensa). Villatico che, nei suoi due/tre volumi editi, ha studiato Dante, in dipartimento, insieme a Mario Alessandro Cattaneo continua ad accusare Pozzoni di responsabilizzare Dante di tale escalation egopatica dell'«io». Dante nella Comedia, nella Vita Nova o nel De Monarchia non è autobiografico. Davvero la Comedia non rappresenta Firenze, la discesa di Arrigo VII/Enrico VII o il conflitto tra Guelfi, bianchi e neri e Ghibellini, azzurri e rosa. Parla di Dio come farebbe Tommaso d'Aquino. Qualcuno ha studiato Geertz, Davis e Kunda sull’«attendibilità» dell’osservazione, con la neutralizzazione delle loro critiche con un accostamento alla Grounded Theory di Glaser e Strauss? Siamo fermi a Hegel.
4. [r. 25] Pozzoni non è in cerca di «[...] visibilità e fortuna letteraria [...]». Ce l'ha, da Ulan Bator a Mexico City, in accademia e rivista. Ha realizzato 150 volumi, 1.000 saggi accademici e 5.000 inserimenti in riviste artistiche di ogni zona nel mondo, tradotti in 30 lingue. Pasquale Vitagliano ha scritto bene: Kolektivne NSEAE si divide in tre zone: apparato teoretico, testi artistici e bio-bibliografia. Pozzoni - in Rino- combatte contro la strategia di insonorizzazione attuata dal regime italiano Mondazzoli verso le sue battaglie neon-avanguardiste con Berlusconi et familia. L'opposizione, nello Stato Pontificio italiano, conduce all'insonorizzazione e alla damnatio memoriae (caso Lunetta). Pozzoni, a differenza di camorristi, cooptati e cooptatori, «mestieranti» della cultura e dell'arte, si dipinge il viso di azzurro e scende, affilata la sua ascia, sul campo di battaglia. Gli altri membri della ghost generation si sono fatti acquistare, locare, distribuire dai registi di regime. Protestavano, con la kefiah, a trent'anni (e lui studiava e lavorava, studiava e lavorava, studiava e lavorava, a ritmi folli): loro sono diventati direttori delle riviste di regime e delle loro case editrici, di inserti culturali dei quotidiani nazionali di regime, a forza di scambi, sesso e proskunesis. Pozzoni non si inchina e non si è mai inchinato a nessuno.
5. Le recidive reiterazioni del vocabolo «universale» spingerebbero Pozzoni alla bestemmia, se non lo ospitasse il sito "fancescano" dell'amico Alessandro Ramberti. Cosa diavolo è l'«universalità»: a. La ricerca di un γένος comune all'uomo o b. la ricerca di una οὐσία ontologica? Pozzoni sostiene da trent'anni a. pragmatismo in filosofia e pragmatics in semiotica o b. rifiuto ogni forma di metafisica sulle basi della new epistemology. «Universalità» e πρᾶξις sono concetti antitetici. Restate serenamente nella vostra (nuova) ontologia, cioè la vecchia ontologia estetica cacciata dall'uscio e fatta rientrare dalla finestra: Pozzoni ha fondato la nuova socio/etno/antropologia estetica. L'«interazione sociale» non è e non deve essere universale: Pozzoni sta con «[...]un piede nell'oggi e un piede nell'oggi[...]».
Per il resto ringrazio molto, moltissimo, «universalmente».
I.v.a.n. Project
5 commenti:
Grazie per questa interessante contro recensione 🤪😁💪
Caro Michele, di niente. Cerco di sostenere con ogni mezzo chi esordisce nel mondo della cultura. 😝
Riesci a spiegare a Dino che la distinzione umanistica tra homo faber e homo religiosus non c'entra un cavolo con la distinzione tra homo faber (Sallustio su Appio) e homo agens (scuola ciceroniana) interessata a consolidare il ribaltamento dell'interpretazione errata della categorizzazione aristotelica della «poesia» come ποίησις e recuperata nella socio/antropologia contemporanea al fine di definire la «poesia» come πρᾶξις, il «poeta» come homo agens, lontano dalla concezione romantica di «poesia» come creazione fantastica illimitata (Bodmer, Breitinger, Klopstock, antecedenti di Novalis, di Friedrich Schlegel, Caroline Schlegel, Schleiermacher, Schelling e Goethe)? Perché, altrimenti, si finisce con il non avere intuito nemmeno lontanamente la mia spiegazione. Gracias
Caro Ivan, io non ho i vostri stessi strumenti teoretici e letterari, sono solo come avrai notato un povero scribacchino di provincia, quindi non posso spiegare niente a nessuno. Se vi siete incontrati e avete esposto le vostre argomentazioni senza riuscire a capirvi, stop, si volta pagina senza cercare o rispondere ad altre interazioni sui social. Mi dispiace assistere a questo conflitto teorico fatto di offese che si va ad aggiungere ai vari conflitti concreti sparsi nel mondo... 🙏
Caro Michele, la differenza si nota dai nostri due cs (non sono cessi). Però ciò non significa niente: hai scritto una bella recensione, orientata (involontariamente) da Ridolfi, e ti sei trovato in mezzo ad una battaglia tra giganti (autos, me) e molto meno. 1. Ricordati, in Negricante, di segnalare il curatore della antologia in cui sei stato inserito nel 2017, con Liminamentis, ai tuoi esordi, col suo programma e con la sua biobibliografia, siccome scrivere solamente dell'amico Gian Mario, invitato e "orientato" dal curatore, è un atto antipatico di "fellatio" artistica. Gian Mario ha letto e scritto di me. Di voi, no. 2. Non taggare, con una risata, la tua recensione a Linguaglossa, Ridolfi e Villatico su Facebook. Gli scemi credono nella involontarietà di ogni atto: pragmatista, credo nel contrario, e non sono scemo.
Perché, finito in mezzo alla battaglia, rischi di diventare una vittima collaterale. Io chiuderei il discorso. Sei anche tu il mediano del Teramo, come Ridolfi, che si è dato, vergognosamente, alla fuga? 💋
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