In posa
In posa, come una Monnalisa
dell’antropocene, incline alla perdizione,
alla dipendenza, mi consegno
ai vostri sguardi, sorrido nell’enigma,
non avendo nient'altro di meglio da fare,
stornando lo sguardo dal baratro
sul quale insieme ci affacciamo.
In realtà vorrei gridare,
non vorrei nuovamente sottostare
a queste mie pose da brava bambina
alle quali, per compiacenza,
mi assoggetto
digrignando.
Hannah Sullivan
Al termine del mattino lei sente
il torpore della neve distesa
sulla siepe del giardino, sui rami
protesi sulla strada ammutolita,
sul fiato bianco dei rari passanti.
Lei si domanda come sia la spiaggia
livellata nel biancore, quel luogo
dove ha vissuto intensamente
le estati, là dove ha ammirato
gli intrepidi avventurarsi al largo,
là dove la consapevolezza di esserci
non bada ai giri di parole delle poete mute
né alla dura scorza dei significati
occultati. Qui dove il conforto di scrivere
qualcosa di appena immaginato
equivale a vivere nella meraviglia
del momento, quando
tutto appare illuminato alla vista
e all'ascolto e ai sensi scoperti
e alla mia mai sufficiente gratitudine.
Staccarmi da terra
Mi piace chi sa restare sdraiato
sotto il sole, nel silenzio,
in compagnia dei propri demoni quietati.
Dei miei ormai non ricordo più nulla
non saprei neppure come andarli a incontrare.
Che fino hanno fatto le loro parole
che mi hanno trascinata alla poesia,
a tutto quello che amo e mi spaventa?
Fino a portarmi qui, dove sono ora,
inconsapevole ancora, ancora irrisolta,
con tutta questa vita accatastata,
questa incosciente esperienza
poggiata sulle spalle nude.
Ancora incapace davvero a capire
come stanno davvero le cose.
Potendo vorrei staccarmi da terra,
tingermi i capelli di azzurro
come un palloncino sfuggito di mano,
come una luna attonita,
come una finestra illuminata
all'ultimo piano
che ignora serenate improvvisate
e perenni latrati di cani.
Tutto l’ardore che temiamo perduto
Che sia questa l’occasione buona
per spiegarsi? Per fare scintillare
tutto l’ardore che temiamo perduto?
Le nostre parole non sono capaci
di sciogliere i dubbi, incrostati
tra una sillaba e l’altra;
si rifiutano, si contorcono
non sanno dire altro
oltre ai ripensamenti, ai travisamenti.
Rimangono le mani a dire
e la postura del tuo corpo
e i segni infraintendibili
capaci di convivere con gli enigmi
che ci compongono
oltre le scontate evidenze,
oltre lo sprofondo occultato
sotto il filo delle pozzanghere,
il fango nell’erba alta
e il bagliore che annuncia l’alba,
che imperla la rugiada
sgorgata sonora dalla notte
figlia della nuvola,
delle nostre anime insonni,
dei nostri sogni umidi
convertiti in desideri d'acqua.

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