sabato 17 maggio 2025

“Ho fatto il pane pensando a noi”

Sheila Moscatelli, Una spiga, collana Portosepolto, Pequod 2025, volume a cura di Luca Pizzolitto, Prefazione di Francesca Serragnoli

recensione di AR



Inizio con alcune citazioni, risalendo il libro a ritroso come amo spesso fare, ecco alcuni lacerti dalla sezione «Le parole di domani»: “Gli anni tessono incanti alla radice / il silenzio fischia nelle orecchie.” (p. 77); “Seguo il canto delle cicale fino alla chioma / e punto alle stelle, fuori stagione.” (p. 72); “sradico dal fondo della borsa / il suono delle lucciole / (…() / Nessuno resta integro sue vive.” (p. 64).

La poetica di Sheila è profondamente legata alla vita, quella che ci è dato di portare avanti, quella delle stagioni con le loro infinite trasformazioni biologiche nel mondo vegetale e animale (esseri umani inclusi). Le immagini sono spesso sinestetiche; le relazioni fra sentimenti, persone e cose hanno una spiritualità sorprendentemente materica, intrisa di sensualità e mistero, una curiositas amante che ci porta con lei a navigare e a connettere zenit e nadir. Cito dalla sezione «Vicino alle radici»: “Si potesse addomesticare l’amore / quanto la biancheria pulita nel cassetto / cogliere la luminosità dei giorni bui / come le viole tessute tra i capelli” (p. 56); “Ho fatto il pane pensando a noi / a quella magia antica per cui / quando acqua e farina / si uniscono diventano cibo.” (p. 51, citazione integrale); “ho fatto un sogno e dipinto / immagini da guardare a occhi chiusi” (p. 47).

Siamo alla seconda sezione suggestivamente intitolata «Il grano ha resistito»: “Mezzo guscio di noce come grotta / una candela al centro del petto / custodisco la tua ombra / conto passi come giorni.” (p. 38); “nessun muro a proteggere il sonno dei bambini / la casa spazzata dal vento delle bombe.” (p. 37); “Conchiglia, concavità femminile / di forma auricolare / involucro della memoria del corpo / silenzia il suono che non so ascoltare.” (p. 35). Questa sezione è introdotta da uno stupendo esergo di Emiliano Cribari che ripropongo quale utile chiave per accedere alla raccolta nella sua totalità: “Quando ti manca l’aria / non pensare ai boschi / pensa come i boschi / trema ma senza sgomento / assisti al passaggio / accogli tutto / aspetta” (La vita minima). 

Eccoci arrivati al sezione che apre il libro, «La luna del raccolto»: “Quando il lunario promette petricore / – linfa di pietra – sui campi arati / sotto la nebbia il buio tiepido di ottobre / scioglie le gambe e spegne gli occhi.” (p. 25). Concludo con il primo verso della prima poesia (a p. 15) che è già tutto un programma, una vera dichiarazione d’intenti: “La stagione che non resta ha dentro la pace che non vedi”. Sheila sa cogliere la preziosità dell’impermamente, il fatto che la nostra transitorietà ha in qualche modo insondabile una connessione con un tempo altro. Come scrive Francesca Serragnoli (p. 8): “La poesia non dona eternità, non ha questo potere, anzi è l’anti-potere, è un servizio  (…), dove, scrive Sheila, dove niente  è perduto – tutto raccolto.”

Come Una spiga.



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