lunedì 17 febbraio 2025

“… nelle poesie di Randazzo, ci siamo tutti …”

recensione di Flavio Vacchetta



È racchiuso tutto il mondo, questo ed il prossimo, in questa raccolta dal titolo allegorico: E fu sera e fu mattina, di Francesco Randazzo.

Diviso in tre parti, è soprattutto l’esergo della prima: “dal paradosso di Schr
ödinqer” che ci aiuta ad entrare meglio nel mondo dell’autore. La sua poetica ci esorta a uscire dal nostro “io” egocentrato, ad abbracciare non solo le altrui realtà, ma i possibili, alieni, mondi futuri, dove le sovrapposizioni ci porteranno a dubitare di tutto ciò che ha rappresentato la nostra sicurezza e a scaraventarci in atmosfere mai conosciute né, forse, auspicabili.

Se il “Libro d’ore” epigrafe della seconda parte, sembra volerci catapultare all’indietro quando la riflessione sull’esistenza passava necessariamente per i connotati religiosi, qui Randazzo infrange quelle convinzioni, e ci consegna, in una ridda di esemplificazioni quotidiane, all’equivoco in cui tutti cadiamo, e dove il dio, se per qualcuno c’è, si mimetizza, e scoprirlo è un dilemma in cui le alternative sono più d’una!

Ed eccoci alla terza parte dove ritorna, martellante, il titolo, evocativo, di un “incipit” del Tutto, e dove noi ancora non respiravamo, mentre qui nelle poesie di Randazzo, ci siamo tutti, e tutta la storia umana si condensa nel bene e nel male. E come nella musica di Gy
örgy Ligeti, alla fine delle infinite vibrazioni, ritorna il tema del sacro: «Tutti i bambini appena nati pensano: / “E fu sera e fu mattina, un nuovo giorno”. / In secula seculorum.» 

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