recensione di Giancarlo Baroni
La raccolta di Mauro De Maria, pubblicata nel 2024 da MC edizioni nella collana “Gli insetti” diretta da Pasquale Di Palmo, si intitola Piccole sofferenze. Afferma con acutezza e capacità di sintesi il critico Gabrio Vitali nella Prefazione: «D’amore è fatta la poesia di Mauro De Maria, che oggi pone questa sua nuova raccolta alle spalle di una trilogia di raffinati canzonieri amorosi, con la pubblicazione dei quali ha segnato l’ultimo lustro del suo lavoro di costruzione poetica: Beatritz (Book editore, 2017), Gli orecchini (Book editore, 2019) e Dal lago del cuore (MC edizioni, 2022). In tutti questi libri, la cifra poetica di De Maria si definisce nella ripresa - attraverso la lezione contemporanea del Montale de La Bufera e delle Occasioni o, più recente, del Giovanni Giudici di O Beatrice – dei modi e degli stilemi dell’antica poesia d’amore cortese, provenzale e stilnovista, del dodicesimo e tredicesimo secolo».
Scrive l’indimenticabile critico Giuseppe Marchetti nella sua nota a Beatritz: «Una forte radice di cultura poetica nutre, quindi, questo libro compatto». A sua volta il poeta e critico Alberto Bertoni sottolinea che l’autore de Gli orecchini «espone con coraggio la sua predilezione per quel grande stile che appartiene al nucleo più solido della tradizione lirica occidentale». Afferma Pasquale Di Palmo riflettendo su Dal lago del cuore: «È come se De Maria proseguisse nella stesura di un canzoniere amoroso senza fine, con echi montaliani che si riverberano da una raccolta all’altra, affidandosi a una pronuncia delicata e tesa, imperniata intorno a una realtà composita, sublimata da suggestioni colte». Dice lo scrittore Michele Abbati parlando del libro di esordio di De Maria, pubblicato nel 2013 da Book con il titolo Trame e orditi: «i tratti distintivi di questa poesia: un lessico ampio, colto e prezioso».
Questa nuova raccolta, Piccole sofferenze, conserva la consueta eleganza e ci sorprende per originalità. Sembra che riesca a mettere parzialmente in discussione la compattezza dei quattro volumi che l’hanno preceduta, quasi a sparigliare le tessere di un mosaico poetico dotato di una robusta e solida struttura formale, impeccabile e rigorosa, che predilige la forma chiusa. Le poesie diventano più brevi, il ritmo più mosso franto e agitato, il tono più graffiante; ci sembra di essere di fronte a una possibile svolta che prelude a futuri e inediti sviluppi. E forse potrebbe davvero essere così se non fosse che nella Postilla a fine volume il poeta ci rivela che i testi compresi in Piccole sofferenze risalgono al decennio 1986 – 1996 e quindi precedono di diversi anni quelli già pubblicati. Precisa l’autore: «Da un punto di vista squisitamente editoriale questo appare essere il mio quinto libro di versi, ma potrebbe a buon diritto rivendicare lo stato d’esordio, ovvero la qualifica di primo». Sarà il futuro a dirci esattamente che strada seguirà la sua poesia la quale, intanto, ci fa capire che le possibilità di cui dispone sono molteplici e che niente può essere dato come assodato e prevedibile.
Il percorso poetico e sentimentale di Piccole sofferenze segue sentieri tortuosi e impervi prima di raggiungere la sua meta. Un indicatore di questi ostacoli e impedimenti è il frequente uso dell’avverbio di negazione “non”, che tuttavia si dirada nel corso del racconto che oscilla fra accoglienze e separazioni, fra incontri e allontanamenti («La cadenza impeccabile / dei nostri incontri si consumava / come un rito […]»), fra divisioni e riunificazioni, fra assenze e presenze («[…] una grandiosa / presenza disciolta giorno per giorno / nell’aria da respirare»).
Diffidenze, bugie, screzi, rabbia, ribellioni, rischiano di ridimensionare l’importanza della figura della donna amata, ma nulla possono contro il suo potere magnetico, contro la sua forza attrattiva al contempo fonte di desiderio e generatrice di vita: «[…] dalle tue labbra / schiuse / sgusciò la primavera».
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