Massimo Morasso, La leggenda della primavera, Algra Editore 2023, Prefazione di Antonio Di Mauro
recensione di AR
L’opera è divisa in tre sezioni: “Nel ritmo del ritorno”, “Distacco” e “Le storie dell’aria”. Partiamo da quest’ultima. A p. 96 troviamo questi splendidi versi in corsivo (un endecasillabo, un martelliano, un endecasillabo e un settenario): “il tempo qui non passa, il tempo accade, / il tempo inizia e poi continua a ritornare / nel punto in cui il tuo sguardo cede al sogno / e incontra l’Impossibile.”
Spesso ricorrono in Morasso spacchi, ferite e crepe, incrinature, frammenti, separazioni e immagini simili; ad esempio: “ci sono gli immigrati sulle gru / e spacchi nel cemento fra i capannoni messi a nuovo” (p. 90); “Qui su in Alfama sono basse anche le porte / delle case tagliate in due da lunghe crepe, / (…) / … se uno tirasse il addio il pallone / finirebbe giù chissà in quale spacco tra i muri…” (p. 91); “Frammenti, ti dico, Lampi di mezze / memorie che invece di penetrarmi / mi spezzano. / Andrea non basta averli, / i ricordi. / Occorre avere la forza di perderli / per non tradirli.” (p. 67, XI della seconda sezione del libro).
La memoria del poeta tiene traccia di queste cesure, di questi accadimenti epocali (nel senso etimologico, sospensivo-critico, della parola) e forse, riportandole al cuore, le cura o almeno ne connette i labbri (senza eliminare ovviamente la cicatrice) col fino tenace della corrente vitale che tiene insieme vecchio e nuovo (cfr. la poesia a p. 87). Abbiamo dunque una tensione “impegnativa” ma generativa (come le doglie paoline, v. Rm 8,22-23) fra attaccamento e distacco, fra il ritrovarsi e l’uscire da sé, fra al di qua e al di là, fra l’accettarsi e l’affidarsi, fra il comprendersi e il donarsi, fra fede e ragione: “Il distacco non è un progetto / della mente che desidera. / Semplicemente accade. Si dà. Scioglie / e ricompone il mondo nel suo centro.” (p. 72, XVI); “il punto di raduno / dei ricordi è l’anima / lo spazio di purissima coscienza / protetta tra le palpebre / chiuse per pensarla.” (p. 70); “l’abbandono come la casa più nostra” (p. 64, VIII); “Distacco è gettar via l’abito / per non soccombere davanti al demonio: / è una disposizione del pensiero che s’indentra / nella fortezza della sua umiltà.” (p. 60, IV); “La via del distacco non ha luogo, / (…) / si aggira per sentieri imprevedibili” (p. 59, III); “Il distacco a guardar bene è la ragione / e la ragione è la fede / nella ragioni dell’invisibile.” (p. 58, II).
Morasso confessa nella I poesia del “Distacco” (p. 57): “affidarmi alle parole, / a un gesto estremo di pietà”. Ma nella poesia IX (p. 65) afferma: “Scrivere sembra sempre più difficile”. Si avverte un nostalgico desiderio di redenzione, di salvezza, di distacco dalla stessa forma poetica, dai suoi ritmi più o meno canonici, dalle sue immagini sintetiche e multireferenziali se disancorate dalla verità, ovvero dalla vita. Non a caso diverse composizioni, specie nella sezione iniziale a cui siamo giunti in questo cammino a ritoso, hanno un tono prosastico, adottano un linguaggio da reporter, non disdegnano la precisazione scientifica, lo sguardo da entomologo (cfr. ad esempio la poesia dedicata all’ape a p. 49). Una sobrietà ligure e cristallina aleggia ovunque in questa Leggenda, rendendoci vicino il suo dettato non privo di intense vibrazioni che animano il silenzio necessario alla parola con cui Morasso pudicamente e coraggiosamente si espone quasi fosse sul tavolo del medico legale che si accinge a farne l’autopsia. Ma chi è morto? Il poeta oppure noi lettori spesso inerti e atarassici, concentrati per lo più sul mantenimento di un nostro precario equilibrio? O è la stessa parola poetica a non arrivare più?
Chiudiamo questo nostro piccolo viaggio citando integralmente la poesia a p. 46: “Ci sono certe notti che il paesaggio / sembra muoversi con circospezione, / disporsi al nuovo cautamente / in un chiarore pieno di presagi / si attende a lungo / fuori di metafora / la svolta decisiva del linguaggio.”
PS Il verso che intitola questa recensione è tratto dalla poesia a p. 89. Molto utile la lettura della bella Prefazione di Antonio Di Mauro.
Nessun commento:
Posta un commento