IL LIBRO DI SABBIA, di Marilyne Bertoncini
deve il suo titolo al primo dei tre insieme poetici proposti : SABBIA,
AEONDE e LABIRINTO DELLE NOTTI che include La notte di Lilla, Re
Cervo e Daemon Failure Delivery.
SABBIA
è une poesia che si presenta come un flusso di versi articolati con spazi vuoti
che favorsicono il rilievo espressivo delle parole-forze. Entriamo cosí in un
paesaggio marino dove l’intreccio degli elementi che lo compongono è
essenziale : mare, vento, nuvole, dune et sabbia.
La sabbia proprio come materia viva si rivela tal il
cuore, la matrice di una memoria dove i ricordi sono elaborati dall’evocazione
delle bellezze marine e dalla ricerca dei suoi frutti e dove avviene la
personificazione delle sabbia come « Sabbia » (con maiuscola) o
« Donna Sabbia ». Questa è un’entità ideale e unificante nella
coscienza della poetessa, che viene esaltata e soggiogata. Questa entità
diventa identità dominatrice nello stesso tempo in cui viene venerata, cio che
ricorda la forma analogica di una certa Eva « Eva senza labbra, senza
bocca », per finalmente subirla nella sofferenza, e volerla astrarre
da se. Questa Sabbia, nel sogno-desiderio, si annuncia coma la scintillío nel
cuore di una poesia potentamente lirica.
Alla fine, l’unica realtà che sopravvive nel proprio
sovvertimento del desiderio è questa quasi allegoria di
« Sabbia », potere femminile imbavagliato, quindi privata della
parola. Questo « Sabbia » non sarebbe frenato nella sua potenza e
essere portata al dissolvimente ?
Avendo ragiunto il momento in cui l’ideale SABBIA se derealizza, la poetessa
pone questa affermazione finale : « Io grido ». Questo è un
grido di liberazione, e nello stesso tempo ha bisogno affermare :« IO
SCRIVO », lasciando Donna Sabbia sfumare nel segreto di se stessa sul
tessuto del sogno, nell’incavo delle dune e davanti íall’oceano.
Con AEONDE veniamo portati in un giardino dove
uccelli, alberi, fontane, fragranze florale compongono un mondo dove cio che di
solito lo rende bucolico, atraente, rilassante, qui si tinge di un velo oscuro
di tragedia e abbandono. I versi di questa raccolta, infatti, permettono a una
voce (interiore) di « fissare le imagini » dove l’acqua, la
statua, gli alberi hanno subito gli effetti di qualche catastrofe (« il
ciliegio decapitato…, « ...sulla spalla del rovere scarnato.. ») e,
dove perfino, « l’odore dei carnai sale nel cielo in fusione » ;
questa octatazione inclina ad una meditazione insieme malinconica e tragica.
Anche il cielo partecipa a
questo climax. Perché, guardandolo, arrivano « comete declina ti
e calcinate / ceneri d’astri in pioggia all’orizzonte ». Finalmente,
« Questo è il giardino / dei Pentimenti », si afferma la
poetessa, dove « il fulgore d’antichi disastri si spegne in bagliori
d’incendi . Astrali e fuggitivi visioni / si leggono ». Il che implica che una tristezza ha invaso
ogni cosa nel mondo, e il giardino si
sta chiudendo, ripiengandosi su se stesso.
LABIRINTO DELLE NOTTI.
La notte di Lilla è une magnifica evocazione-memoria : « Là / terreni vaghi all’infinito dei
nostri sguardi di fanciulli / La Zona / si cingeva di giardini operai /
stagliati precisi e colorati come i disegni / d’un tappeto di Fars ... ».
Paese del Nord, paese dei zone minerarie… Queste poesie intervallano quattro
« contrappunti » dedicati a Leila, il desiderio di Majnoun, dove si
aggiunge la notte personificata che, sotto il suo mantello, rimane il simbolo
dell’unione o dell’unificazione : « Notte-Donna nel giorno ». Questa
serie di poesie si presenta come un canto, un’ode di un lirismo traboccante di
allegria, colori, profumi e ronzii : lí, gli ucelli sono familiari, cosí
come gli nomi delle piante conduce alla meraviglia del giorno, profumi e
ricordi che rivivono ! Il nome Leila si fonde per omofonia con il lillà
potentemente profumato. « ...e la notte sola risponde / ai nostri
desideri... ».
E encora a proposito di Leila : « e il miti
ai ricordi si mescolano... ». Se puo dire anche che i ricordi si
amplificano nella personale mitografia della poetessa. I ricordi si formano nel
cuore del vissuto che, con il passare del tempo, diventa sostanza di un
mito : la memoria dello stupore diventa un racconto unico e mantiene un’ aura
luminosa di reminiscenza.
Re cervo. In questo fluire di versi, la poetessa addentrandosi
in questi santuari italiani di alto immaginario sacro, tra i rilievi cei
capitelli, le vetrate, i ricettivi muri di pietra, dove la luce guibila
finché nel profondo dell’oscurità, la poetessa è catturato in questa figura del
cervo dove decifra questo « insensibile arciera di pietra crivellato di
frecce alla testa di questo cervo / da cui il sangue scorre in lacrime di luce ».
L’animale diventa allora il cuore del poema attorno al quale si organizza la
metaforizzazione degli esseri e delle cose fino a rammentare il racconto della
terribile fine di Atteone attaccato dal branco di cane che, per la poetessa, è
« il branco dei miei anni », cioè branco divorante del
tempo che passa. Tante metafore che arricchiscono e colorano la poesia finché,
l’essere del cervo consapevole di sé e traboccante di presenza, vede crescere
le sue palchi : cosí « ...Nelle fronde delle parole si prendono i
miei palchi / trascinando i miei sogni ».
Daemon failure delivery. Questa serie di 12 poesie
invita ricordi di sogni tanto quanto sogni di ricordi. Scopriamo il movimento
sfrenato degli esseri e cose in metamorfosi dove si amplificano risonanze,
luccichíi di forme confuse mescolate con luoghi nominati, situazioni che
popolano la memoria della poetessa. In ognuna delle poesie si compenetrano le
sagome di uccelli, animali, esseri umani singolari (come questo « nero
pagliaccio dallo sguardo / d’oro » , o « il piccolo gobbo
negava di essere stato / il postino delle pernici »).
Costituiscono tante piccole
scene in cui la realtà specifica di un mondo imaginale scorre come
sostanza del sogno che si pone agli occhi del lettore. Sottolineo questa
magnifica immagine di questo « arrotino » che « faceva
cantare / la sua di ruota dalle scintille nude / color di notte... »Arrotino,
forbici, mola e scintille, ecco una bellissima serie metaforica dove i nostri
ricordi si rafforzano, mantenuti contro la macina del tempo che gira affinché
si ravvivino le scintille delle nostre vissuti.
Joël-Claude Meiffre
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