Provo piacere per il ramo, sempreverde
che si spezza, cade e poi muore. Eccolo là
ormai, a poco serve, se non a fare
un po’ di brace per del pane o del pesce.
Aveva, ricordo, tanta superbia e forza
tanta, a dire il vero, tanto che invitava:
Venite uccelli del cielo, riposate
sotto la mia ombra!
Diceva che non si sarebbe mai seccato
ne le sue foglie sempre allegre, agitate
dal vento e dal volo di passeri
giramondo per le campagne.
Odo il: crac! e il tonfo e il silenzio.
Odo il: cip, cip! del piccolo pennuto
volato giù.
Ho lasciato che il ramo venisse divorato
prima di dare un calcio
a cento foglie secche.
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