AIΩN di Mario Fresa [16]
In questa poesia...
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In questa poesia non ci sono alberi
Animali o elementi naturali
Neppure parti del corpo e
Neanche oggetti di uso comune
Che pure sono quelli che preferisco usare
In questa poesia ci sono soltanto
settanta parole che senza aspettarsi premi
Cercano di scrivere appena
Ciò che la vita non riesce a dire
Quello che dalla vita avanza
Perché possa smaltirsi il dolore
Per dare un senso alla salvezza.
Commento.
Una poesia "parlante" e meditativa,
il cui sguardo indaga il senso stesso dello scrivere in versi con una diretta e
sciolta naturalezza espressiva che mette al bando qualsivoglia costrizione
linguistica "letteraria" o artificiosa o impura. La prospettiva dalla
quale la scrittura di Pasquale Vitagliano (1965) scruta e descrive il mondo è, certo, delicata e cauta, ma anche ben ferma e assai sicura nei suoi fini e nelle
sue intenzioni: la poesia deve "scrivere appena / Ciò che la vita non
riesce a dire", restituendo a chi la legge la bella illusione di un
momentaneo risanamento o di un'apertura a ciò che non muta e che non muore mai
- dunque all'eterno e all'immutabile - sì che possa, finalmente, aiutare a
"dare un senso alla salvezza". Ma la sapiente misura dei versi di
Vitagliano sa anche giocare con aguta leggerezza: facendo ricorso al gioco
sottile della preterizione, il poeta finge di non nominare e di non voler
rappresentare gli oggetti del suo sguardo amoroso (gli alberi; gli animali; i
vari elementi della natura; gli oggetti di uso comune); e intanto questi ultimi
- evocati, appunto, quasi di sfuggita, con noncalante e fine sprezzatura -
emergono di fronte a noi, per curioso paradosso, con una rinnovata e
addirittura plastica energia.
L'elusione reticente e l'affettuoso
nascondimento non sono, infatti, i più attraenti strumenti di una indicibile (e
al tempo stesso incontenibile) dichiarazione d'amore?
Il dipinto è di Nicola Caroppo: Astrazione materica (tecnica mista con olio e smalti e applicazioni materiche su tela, 2011).