AIΩN
di Mario Fresa
Jacopo Ricciardi
*
Rottura delle acque
Il sistema
tolemaico
fra pollice e indice.
Dieci
carezze sotto i porticati
fuse tra loro.
Tira sul
catetere.
Grigio boreale.
Quanti
tropi nella conduttura.
Sello il cavallo. Giustizia.
...dai volubili tornanti.
Potare
l'acqua.
Le stagioni fanno una treccia dentro
[al corpo.
Le doglie
si astraggono.
.
Altura.
Il giorno e la sua luce di superficie.
La notte scende dentro ciò che scende
[dentro ciò che scende dentro...
La breve macchina attraversa anelli
[luminosi
ma la lunga macchina sprofonda
[dentro sprofonda dentro sprofonda.
Prima la paura capovolta del figlio.
Dopo la paura capovolta del figlio.
Ora la paura capovolta
dalla luce scivolata via sul cristallo
trasparente inclinato.
La cottura ghiaccia.
.
La
sentenza, ferma.
Divinità, mia laguna!
Mangi la tua vita nel piatto.
Il fiume sbanda in altri fiumi
e siamo di pioggia.
I muscoli
ci atterrano
e la bara è un tubo catodico.
Serpeggia. Anidride carbonica.
Costume. Animatrice.
Sulla terra un cratere.
È toccante.
.
Arsura.
Declino delle civiltà.
Il tallone di Achille, quel punto,
Tenero, bianco. Il pianto
coi belati. Sono tutti ortodossi
lì intorno. Il fruscio
delle canne. La saliva
del neonato si disperde
nei fiumi della terra.
L'elsa sfugge alla presa.
Sul
contorno
il tramonto sanguina d'alba,
l'alba sanguina di tramonto.
La via trovata ovunque.
Scrivo della tua testa.
Girai la testa.
L'ustione del cielo.
Ulna.
«È mancato l'approdo, vero, amore mio?»
Sempre manca l'approdo, infinitesimamente
manca - pensavo.
La dentatura scompare prima del
[previsto.
Sulla dorsale stanno gli Apache
accovacciati pronti all'attacco.
Il loro tempo è diverso dal mio.
Non ci incontreremo mai.
Troppi voli di uccelli che è difficile
[contenere.
Sostenuto
da una tensione potentemente molecolare e circolare, questo poemetto inedito di
Jacopo Ricciardi (Roma, 1976) immerge il lettore in una casa fitta di
specchi ingranditi e raddoppiati senza pace. Qui, ogni immagine si spinge,
incontenibile, in tutte le direzioni possibili; ogni suono si unisce, si
rinforza e si dilata, costruendo una possente armatura polifonica che sembra
continuamente aggiungere nuove voci e nuove intonazioni. Canto e discanto
procedono, così, con parallela intensità: sicché lo stesso andamento temporale
di questa narrazione ampia, dai toni oracolari e dalle visioni squarcianti, si
fraziona e si moltiplica su diversi piani di uguale acutezza e vigore. Il
tempo dello sguardo e dell’ascolto, allora, non più unico né monolitico,
ma frantumato in innumerevoli scansioni di particelle simultanee, permette al
poeta-cantore la rivelazione di una gioiosa e oscura verità: tutti gli eventi
esplodono insieme, rinascono insieme, si distruggono a vicenda e vivono, nel
medesimo istante, più vite, più sorgenti; e più precipizi e più resurrezioni.
Anche l'io del poeta e l'io del lettore, infine, diventano una sola
realtà ontologica: essi riconoscono, adesso, la loro autentica e comune natura
di alterità e di mistero che, trasformandoli in un io più profondo (e
non più personale o psicologico) li sottraggono alla greve prigionia del loro
essere soggetti (e, quindi, soggiacenti o soccombenti) nei
riguardi della stessa cosiddetta realtà.
In
alto, un’opera di Riccardo Guarneri: 3 linee luce (2011).