La nota irriverente
E’ dalla omonima poesia che si trae la chiave di lettura di questa opera non voluminosa di Claudia Piccinno, ma come suol dirsi “ non multa sed multum”. Ed in effetti i concetti emanati dai versi sono di spessore e si elevano prescindendo dalla numericità e dalla consistenza materiale della silloge. La poesia in questione è emblematica del tutto perché tratta il tema del male e della sofferenza con un timbro mistico, quasi a volerci ricordare che in frangenti drammatici, la visione della bellezza, intesa come i fenomeni che la Natura ci offre, si erge a fine e cura, si staglia sopra il brutto e il male con la metrica dolce e leggera che comporta una sorta di levitazione, un’astrazione dalla materia, che è propria di chi sa far volare con il susseguirsi della lirica dei versi. Quanta nostalgia, quanto spleen in tutti i testi di questa raccolta! Versi che solo gli acquerelli delicatissimi di questa poetessa, tracciano sul foglio bianco, o meglio sul “ bianco foglio” delle lenzuola d’ospedale. Nella sua dolcezza, la poesia qui presente, è l’antidoto necessario a contrastare quanto tende a creare in noi il Caos sia fisico che mentale. Molti i temi trattati con la maestria e la maturità poetica della Piccinno, nel suo procedere su percorsi sempre più orientati verso un'ontologia seria e convincente. I versi di Claudia ristabiliscono una sorta di Armonia e riconciliano il lettore con la natura più madre che matrigna. Alcune di queste poesie sono delle vere e proprie preghiere, ma nulla di artefatto e di retorico, semplicemente il riconoscersi creature fragili proiettate comunque verso approdi celesti. Sicuramente le liriche approderanno in porti tranquilli e quei gabbiani di Istanbul saranno compagni di volo, come lo furono per Giordano Bruno, da dietro le feritoie del suo soffrire e del suo sperare.
Evaristo Seghetta
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