Alberto Mori Minimi Vitali (Fara Editore 2018)
recensione di Andrea Rompianesi pubblicata nel blog di Enea Biumi
“Nei vetri ripuliti dallo straccio / scorrono scenari
sovraimpressi”. Il distico rivela un passaggio, accenna un’eco d’evento, un’attenzione
non passiva in cui siglare l’esito dell’approccio che toglie residui
indesiderati e permette lo scorrimento di un flusso aperto al progetto. È Minimi Vitali, esito poetico di Alberto Mori, autore, performer e artista da
lungo tempo attivo nella ricerca di una interazione fra i linguaggi; dalla
poesia sonora a quella visiva, dall’installazione al video. Qui la trasparenza
veicola contributi che compongono un insieme di parti sostenute da suoni e
gesti, movimenti (forse mutamenti), ombre e luci, persone. La logica definisce
mereologia quella disciplina che studia il rapporto dell’insieme con le parti,
quando in gioco è il senso dell’identità. Ma qui, l’operare di Mori si
concentra sul singolo fatto che accade; sul come l’accadimento stesso sia
applicazione d’esegesi quotidiana e minima. Sembra che i sintagmi siano frutti
ritmici colti dall’autore in perenne ascolto e osservazione viandante. Ci sono
sedimenti di urbanità (tema fondamentale per Mori che ci riporta ad un suo
testo pubblicato nel 2001, “Urbanità” appunto, evidenziato dalle erranze
segnaletiche) dove le applicabili attenzioni sensoriali divengono testimoni di
un processo che unisce spontaneità e artificio. L’atto umanizza poiché
registra; raccogliendo salva, oltre le inagibili provvisorietà delle
incomprensioni. Il minimo comune determina la traccia riconoscibile e, per lo
più, percorribile “Del gradino e della strada / Pausa ed affaccio /
Nell’affluenza trafficata / Trascelta per termine d’attesa”. I gesti poi sono
quelli che concedono geometrie esemplari, riconoscibili referenti geografici:
“Big Ben controcielo / La tracolla sospende London Bridge”. Alberto Mori disegna
profili che contengono l’essenziale gravità densa di un minimo vitale idoneo ad
“evoluzionare” gli spunti verso figurazioni future colte nel loro momento
aurorale. Dopo, l’imprevisto si farà destino, come ricezione civile e partecipe
“verso notte ancora indetta”, senza escludere l’attenzione ai marginali e il
miracolo delle variabili che disegnano le interpretazioni abilitate a vocare.
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