Intervista a Carla De Angelis
a cura di Ilaria Brandi
Qualche giorno fa ho avuto il piacere di intervistare la poetessa Carla De Angelis, autrice, fra l'altro, di Mi fido del mare e A dieci minuti da Urano.
A seguire l'intervista.
– Perché
ha cominciato a scrivere e cosa le ha fatto sentire la necessità di continuare?
R. Non lo so perché ho iniziato a
scrivere, ero molto giovane, piccola direi. I miei primi appunti risalgono a
quando facevo le elementari. Poi durante gli anni delle scuole superiori,
copiavo (il mio primo lavoro) a macchina poesie e racconti del Prof. Luigi
Bartolini (pittore, scultore, incisore poeta) ogni tanto cambiavo qualche sua
parola, sicché un giorno mi chiamò e mi disse senza troppi preamboli: “Tu
scrivi! Fammi leggere i tuoi lavori.”
Di fronte a tanta sicurezza risposi la
verità e il giorno successivo gli portai le mie liriche. Qualche mese dopo mi
telefonò annunciandomi una sorpresa e mentre gli consegnavo i suoi
dattiloscritti, mi diede la rivista internazionale “Pensiero ed Arte” dove
erano pubblicate due mie liriche. La
conservo gelosamente. Ho continuato per qualche anno ancora a scrivere e
pubblicare, e prendere premi, poi per problemi familiari ho smesso.
Mi sono dedicata alla ceramica, dalla terra
al lavoro finito. L’ho insegnata per molti anni in Centri di quartiere,
gratuitamente. Ho ripreso a scrivere perché mi piace, mi fa stare bene.
Scrivere per me è sognare, non so da dove vengono i sogni e spesso rileggendo i
miei lavori non so da dove sono arrivate le parole.
– Ho letto online che è appassionata
di classici. C’è un autore o un testo in particolare che ha formato lei e il
suo stile?
R. I poeti latini sono da sempre il mio
faro, ma mentre non so se abbiano formato il mio stile (peccherei di presunzione)
il mio pensiero sì. Amo soprattutto Catullo, Lucrezio Caro e Il senso della
vita di Cicerone. Un altro libro che mi è molto caro è il Cantico dei Cantici
nella trasposizione poetica dall’ebraico di Agostino Venanzio Reali.
– Come nascono le sue poesie? Scrive
di getto o ha un processo di formazione più rigido?
R. Scrivo (penso) di getto, mentre sto
facendo altro – cucinare, guidare, leggere – mi viene in mente quella frase che
sarà l’inizio di un mio componimento. La prima stesura è quasi sempre anche
l’ultima, leggo a voce alta per cercare il ritmo, quella armonia che permette
la musicalità del verso, quindi posso togliere o aggiungere parole, resto sul verso
fino a che non ho trovato quella giusta, ma il nocciolo resta.
– Nei suoi libri è presente una
profonda connessione con la natura (e con il mare): da dove è nato questo legame
e perché?
R. È difficile stabilire dove e quando
è nata la mia passione per la natura. Mi hanno sempre raccontato che fin da
molto piccola mi sedevo per terra con le ginocchia tra le mani e guardavo il
prato che si trovava di fronte alla casa che abitavo, o mi incantavo a
osservare il cielo quando di sera si popolava di stelle. Non parlavo molto in
queste occasioni, mentre in altre sì, tanto che vedevano per me una carriera da
avvocato.
Il mare ha una storia particolare. Accadde in
una estate, dopo le vacanze dalla scuola elementare, mi trovavo in cabina per
mettere il costume, con mia sorella, più grande di me di 11 anni. Mi rivelò una
cosa che mi diede un grande dolore, poi mi guardò e aggiunse: “Adesso non
piangere.”
“No, non piango.”
Andai a gettarmi in acqua e l’acqua del
mare nascose le mie lacrime.
– Ci sono poesie che rimpiange di avere
scritto?
R. Ci sto pensando, no non credo. Vado
avanti a rispondere, se mi tornerà qualcosa in mente, tornerò a rispondere.
– Spesso nelle sue poesie troviamo
ipotetiche conversazioni con Dio. Quale è il suo rapporto con la fede?
R. Negli anni della scuola, frequentavo
l’oratorio e durante quegli spazi in cui le suore ci facevano entrare in classe
per parlarci di religione, rimasi impaurita da questo Dio, così punitivo, da
questo Padre che ci avrebbe amato solo se avessimo ubbidito alle sue leggi.
Nessuna comprensione.
Ora lo sento come un amico che mi
conosce profondamente e gli parlo senza timore, non importa che esaudisca o
ignori le mie richieste. Esiste, esiste in me. Ne ho bisogno perché mi aiuti a
capire cos’è il perdono, e il significato di “libero arbitrio” e tante altre
cose.
– Nel suo libro Mi fido del mare e
nella raccolta di poesie e racconti Il coraggio del bene compaiono due poesie
molto simili, entrambe intitolate Ci aprono il sipario. Cosa l’ha spinta a
fare due versioni diverse?
R. Sono stati due momenti diversi;
conosco Guido Passini, perciò pensando a lui il senso di quella poesia non
poteva essere altro. La stavo scrivendo quando mi è arrivato l’invito per
l’antologia.
Poi ho ripreso la prima stesura per il libro
Mi fido del mare.
– Ha in cantiere altri progetti?
R. Al momento collaboro con la
biblioteca Renato Nicolini per la poesia e la letteratura per adulti e ragazzi delle scuole elementari e
medie. Sto scrivendo e spero di pubblicare
ancora un libro di poesie e uno di racconti. Forse sto esagerando “non so
quanto mi resta da vivere”.
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