Mi è giunto il plico con i libri degli autori vincitori o segnalati del/al Concorso Nazionale Faraexcelsior 2017. Come sempre l’amico Alessandro Ramberti che, delle Edizioni Fara, è il deus ex machina, mi ha voluto omaggiare con gli stessi. Libri molto belli, anche graficamente parlando, e ricchi di sensazioni, umanità, profumi, coraggio e grande amore per la poesia e il racconto. GRAZIE Alessandro e grazie a tutti i poeti e i narratori che ho avuto il piacere di leggere.
- Notturno e altre poesie, di Gabriella Bianchi, FaraEditore.
- Notturno e altre poesie, di Gabriella Bianchi, FaraEditore.
Scrive della raccolta Claudia Piccinno: “Il lessico asciutto e senza orpelli trae ricchezza da uno stile ricco d’immagini, che ben fotografano lo stato d’animo di chi scrive”, e continua Germana Duca: “Il tono lirico di fondo, alternato a scorci naturali e realistici, è sorretto da un flusso espressivo controllato e convincente”. In effetti la poesia della Bianchi rientra per tensione e struttura in quel lirismo proprio della nostra tradizione più alta, senza quindi indugiare, senza perdersi in “sovrastrutture” metaforiche o descrizioni che, spesso, vanno ad appesantire altri testi che vado leggendo. Nata in ricordo di un bene perduto, Gabriela Bianchi ci trasmette immagini di una storia d’amore sul filo dello specchio dell’intima riflessione, producendo ritratti di dialogo che caratterizzano nell’assenza uno stato di sofferenza che infine trova quiete nella poesia. Dal testo: “Mille volte mi hai preso tra le braccia”; “A me restano/ poche cose da fare”; “Mi sono incamminata verso te”; “La tua città era un libro aperto”; “Avrei voluto entrare con te/ nell’arco del tramonto”; “… e dietro il velo del Notturno, la realtà del distacco, il regno delle ombre ti ha rapito”.
- Terre d'acqua, di Donatella Nardin, FaraEditore.
Scrive Nazario Pardini della raccolta: “È con questa poesia eponima, incipitaria, che possiamo immergerci, fin da subito, in un animo tutto proteso alla scoperta di sé stesso, di un legame terra-acqua che fa di questo poema il leimotiv, il filo rosso, la simbiotica fusione fra spazi ontologici e ondulazioni native”, e continua Annalisa Ciampalini: “La silloge prende vita da un’ispirazione legata ai luoghi in cui la presenza dell’acqua è determinante. Leggendo questi versi si ha un senso di spaesamento, non si capisce dove ci troviamo, poiché a predominare è l’acqua, insieme agli elementi che le stanno attorno: luce, cielo, uccelli. Poi, all’improvviso, sorgono riferimenti geografici precisi che ci riportano a un contatto concreto con la terra”. Io, uomo di fiumi, canali, valli e paludi non ho potuto non amare da subito l’andare della Nardin, perdendomi con lei, e rinascendo, con lei.
- Siamo sono, di Marco Colonna, FaraEditore.
Antonio Vittorio Guarino, analizzando l’opera in questione, scrive: “Dice Marco Colonna che il suo poetare tende a ‘mettere in scena i nostri atti e pensieri quotidiani ritagliati all’interno di un micro o macro cosmo soltanto apparentemente immoto’, dimensione letteraria che risulta di grande responsabilità per ciascuno di noi, cioè fare del nostro esistere un nodo di relazioni di senso e foscolianamente amorose affinché le immancabili e tragiche cesure della vita non siano solo ferite sanguinanti ma varchi di empatia”. Al che, un altro giurato del concorso ha aggiunto, non senza sbagliare: “Finché siamo in vita non possiamo che prenderci carico di tutte le relazioni che ci hanno costruito, formato, ospitando in noi quelle identità perdute, quei vuoti, quel ‘siamo’ in cui non siamo più ma
che permette a ciascuno di noi di dire ancora: Sono”. Altro non aggiungo … reputo che non si possa dire altro sul nostro Essere ed Esserci.
- Lascia la tua terra – Sinfonia del congedo, di Stefano Iori, FaraEditore.
“Tutto non è che fumo” … il poeta, come il profeta, sente forse più di altri la presenza costante dell’ultima ora, la ferita invisibile eppure sanguinante del distacco (dall’infanzia, dalle persone e dai luoghi cari, dal “grembo del mondo), quindi l’inevitabile e sempre maggiore entropia a cui è soggetto, col passare degli anni, il nostro organismo biologico. La poesia è in fondo anche un modo di lasciare la terra anzitempo, di alleggerire il peso del corpo “per donarsi al cielo”, per volare alto. Così ci ritroviamo senza nulla sotto i piedi, senza certezze, a tendere verso un luogo “promesso”, alimentando speranze che paiono illusorie. Quanto ci costa varcare l’ultima soglia? Quali paure ci tolgono il fiato? Quali appigli troviamo per affrontarle? Quindi impossibile che uno come me che, ultimamente, evoca una “sparizione” da questo stato umano, che sempre più va stretto al mio esistenziale, possa rimanere insensibile a ciò che ha scritto, con così grande consapevolezza e taglio netto, Stefano Iori.
- Dopo l'inverno e altre poesie, di Vincenzo D'Alessio, FaraEditore.
Questo nostro autore campano, pur senza disprezzare la forma, che anzi, a tratti, è ricercata, è uomo che mira all’essenza, lanciando, tramite la sua poesia civile, continui strali verso una situazione di immobilismo storico, tipica della sua terra, di cui la Camorra ha larghe e preponderanti colpe. Quindi poesia, quella di D’Alessio, sempre dolente, ma mai arrendevole, innegabilmente inserita in un contesto geografico che ben fa comprendere come il poeta sia calato con amore ma anche con tristezza nel suo Genius Loci. La sua raccolta racconto, per tali componenti, si è classificata al secondo posto nel concorso Faraexcelsior 2017. Perciò, anche questa volta, Vincenzo D’Aessio non si smentisce quale letterato che, ben conscio di sé e dei suoi conterranei, porta sulle spalle l’eterno malanno di una certa meridionalità, con quella rabbia a stento soffocata per i continui tradimenti subiti, per quella sofferenza talmente radicata che sembra escludere, seppure il passare degli anni, ogni possibile speranza di miglioramento.
- Le campagne hanno bocche, di Andrea Biondi, FaraEditore.
L’orgasmo delle campagne
ha spaccato le case,
le pietre sono rotolate nei fossi
e le famiglie sono scoppiate in pianto.
Io ho preso le carte,
ho pensato al ginepro.
Ho vergato versi sottili
che mi hanno fatto piangere.
I cuccioli d’uomo rifuggono le tane
quando i campi sciolgono in ombre.
Gesù! Gesù! Non farci morire.
Come dice Antonio Vittorio Guarino: “E dunque si lasci andare, chi avrà la fortuna di leggere la raccolta, alle suggestioni che essa stessa suggerisce”, e continua Cesare Davide Cavoni: “Poesie che raccontano storie e per questo si fanno leggere. Infatti raccontano con garbo”, poi Germana Duca: “Il poeta partecipa al racconto della natura, fra memoria, desiderio, attesa”, quindi Teresa Armenti, anch’ella membro della giuria: “Sulla terra ballerina, squarciata, sommersa nel dolore, percossa e bastonata, si eleva un singulto, che diventa sussulto, preghiera, pianto, canto, ora sommesso, ora agonizzante, ora grido di protesta” … e, per finire, il mio bravo a Biondi, che riesce a far diventare la sua terra, terra di tutti noi, madre, di tutti noi.
- Accecate i cantori, di Angela Caccia, FaraEditore.
Come scrive Alessandro Ramberti: “Questo libro - vincitore del concorso Versi con-giurati (con, in appendice, alcuni inediti dei poeti Lucianna Argentino e Francesco Filia, membri della giuria) vi scaverà a fondo con il suono di immagini bellissime nella loro concretezza palpabile, con la poesia che si rivela (assieme alla preghiera) forse l’unica modalità di accettare la parola fine, di predisporsi - tremanti, timorosi e tuttavia fidenti - ad accogliere quella soglia abissale e ignota che sembra ingoiare ogni senso, ogni parola”. Ecco alcuni stralci dal libro …
“A sera / nella camera oscura del ventre / ricomponete i minuti raccolti / potenzialmente preziosi – poi – / ancora una volta accecate i cantori!”
“La poesia sta dietro / in agguato / tira su capanne / in cui le sillabe s’accalcano”
“Non si sguscia dai tanti bui – non ci si salva – / senza portarsi un’ombra addosso”
“Come nave al largo ti guarderò sparire / col tuo minimo di equipaggiamento / … ti avessi dato la mia mappa dei venti! / Ma crescere / è l’avventura di solitudini in mare aperto”
“L’ortica ridipinge l’entrata / ha un rossetto sbavato sulle labbra”
“Chi fu il primo a piantare sé nell’altro / e confidare in quell’innesto vide anche / la fatica di crescere e l’albero di oggi”.
- Sussurri e rivelazioni, di Franca Oberti, FaraEditore.
Del suo fare scrittura così dice l’Oberti: “Sono sicura che ci sia sempre un Angelo vicino a noi. Potrebbe essere uno solo, oppure tanti, dipende dai momenti della vita, ma uno è quello che io chiamo il Primo, credo si possa definire l’Angelo Custode delle nostre preghiere, ed è quello che ho imparato ad ascoltare, quello che sussurra, specialmente la mattina, di buon’ora. Non sento voci, né bisbigli, piuttosto è qualcosa che entra in me, non sono necessariamente parole; le parole arrivano dopo, mentre sto scrivendo. (…) Sono le prime ore del mattino quelle in cui l’Angelo arriva a sussurrarmi, e, a volte, le sue rivelazioni mi spingono a fare ricerche, a dare corpo a quella che, ancora nella mia mente razionale, classifico come fantasia; ma nel momento in cui scrivo, comincio a concretizzare quei sussurri e le rivelazioni si svelano, diventando racconti e poesie” … al che aggiungo: e come non essere d’accordo?
- La storia di Layla e Yurkemi”, di Gianluca Chierici, FaraEditore.
“ … Qualcosa cambiò quella notte. Le nuvole arrancavano nel cielo color carne. Il cielo sembrava sul punto di sfasciarsi. Nella vertigine delle ore una crudele attesa stava filando la sua ragnatela. Non ero io la preda. Ma il mio amore per Yurkemi … “ (dal testo)
Scrive di questo libro Angela Colapinto: “Mi chiamo Layla e vivo di ricordi. Con queste poche parole l’autore ci presenta il personaggio e ci offre la sua chiave di lettura. Un incipit che ha in sé l’eco di una storia lontana nel tempo e che lascia il lettore sospeso, in un limbo tra mito e realtà?”, e continua Francesco Di Sibio: “La sua lingua era fatta di luce. La luce che eravamo. La vibrazione che siamo. Una storia a cavallo tra un fantasy e un manga giapponese, dove la lunga ricerca è frutto di dolore e sofferenza in un posto in cui l’incantesimo dell’amore lascia un inverno senza fine”, quindi Claudio Fraticelli: “Una varietà di quadri in cui il non detto lascia il lettore libero di proiettare le proprie emozioni sullo scritto”, e Alessandra Gabriela Baldoni: “Il ritmo incalzante della narrazione incarna il sentire della protagonista sempre in tensione tra due mondi, quello della vita e quello della morte, della realtà e della visione” … opera che molto mi ha colpito per come il vero e il verosimile danzino fra loro, dando comunque forma alla verità.
ANCORA INFINITI GRAZIE a tutti coloro che mi omaggiano con questi preziosi regali che andranno ad ampliare la mia ormai babelica biblioteca !!!
- Terre d'acqua, di Donatella Nardin, FaraEditore.
Scrive Nazario Pardini della raccolta: “È con questa poesia eponima, incipitaria, che possiamo immergerci, fin da subito, in un animo tutto proteso alla scoperta di sé stesso, di un legame terra-acqua che fa di questo poema il leimotiv, il filo rosso, la simbiotica fusione fra spazi ontologici e ondulazioni native”, e continua Annalisa Ciampalini: “La silloge prende vita da un’ispirazione legata ai luoghi in cui la presenza dell’acqua è determinante. Leggendo questi versi si ha un senso di spaesamento, non si capisce dove ci troviamo, poiché a predominare è l’acqua, insieme agli elementi che le stanno attorno: luce, cielo, uccelli. Poi, all’improvviso, sorgono riferimenti geografici precisi che ci riportano a un contatto concreto con la terra”. Io, uomo di fiumi, canali, valli e paludi non ho potuto non amare da subito l’andare della Nardin, perdendomi con lei, e rinascendo, con lei.
- Siamo sono, di Marco Colonna, FaraEditore.
Antonio Vittorio Guarino, analizzando l’opera in questione, scrive: “Dice Marco Colonna che il suo poetare tende a ‘mettere in scena i nostri atti e pensieri quotidiani ritagliati all’interno di un micro o macro cosmo soltanto apparentemente immoto’, dimensione letteraria che risulta di grande responsabilità per ciascuno di noi, cioè fare del nostro esistere un nodo di relazioni di senso e foscolianamente amorose affinché le immancabili e tragiche cesure della vita non siano solo ferite sanguinanti ma varchi di empatia”. Al che, un altro giurato del concorso ha aggiunto, non senza sbagliare: “Finché siamo in vita non possiamo che prenderci carico di tutte le relazioni che ci hanno costruito, formato, ospitando in noi quelle identità perdute, quei vuoti, quel ‘siamo’ in cui non siamo più ma
che permette a ciascuno di noi di dire ancora: Sono”. Altro non aggiungo … reputo che non si possa dire altro sul nostro Essere ed Esserci.
- Lascia la tua terra – Sinfonia del congedo, di Stefano Iori, FaraEditore.
“Tutto non è che fumo” … il poeta, come il profeta, sente forse più di altri la presenza costante dell’ultima ora, la ferita invisibile eppure sanguinante del distacco (dall’infanzia, dalle persone e dai luoghi cari, dal “grembo del mondo), quindi l’inevitabile e sempre maggiore entropia a cui è soggetto, col passare degli anni, il nostro organismo biologico. La poesia è in fondo anche un modo di lasciare la terra anzitempo, di alleggerire il peso del corpo “per donarsi al cielo”, per volare alto. Così ci ritroviamo senza nulla sotto i piedi, senza certezze, a tendere verso un luogo “promesso”, alimentando speranze che paiono illusorie. Quanto ci costa varcare l’ultima soglia? Quali paure ci tolgono il fiato? Quali appigli troviamo per affrontarle? Quindi impossibile che uno come me che, ultimamente, evoca una “sparizione” da questo stato umano, che sempre più va stretto al mio esistenziale, possa rimanere insensibile a ciò che ha scritto, con così grande consapevolezza e taglio netto, Stefano Iori.
- Dopo l'inverno e altre poesie, di Vincenzo D'Alessio, FaraEditore.
Questo nostro autore campano, pur senza disprezzare la forma, che anzi, a tratti, è ricercata, è uomo che mira all’essenza, lanciando, tramite la sua poesia civile, continui strali verso una situazione di immobilismo storico, tipica della sua terra, di cui la Camorra ha larghe e preponderanti colpe. Quindi poesia, quella di D’Alessio, sempre dolente, ma mai arrendevole, innegabilmente inserita in un contesto geografico che ben fa comprendere come il poeta sia calato con amore ma anche con tristezza nel suo Genius Loci. La sua raccolta racconto, per tali componenti, si è classificata al secondo posto nel concorso Faraexcelsior 2017. Perciò, anche questa volta, Vincenzo D’Aessio non si smentisce quale letterato che, ben conscio di sé e dei suoi conterranei, porta sulle spalle l’eterno malanno di una certa meridionalità, con quella rabbia a stento soffocata per i continui tradimenti subiti, per quella sofferenza talmente radicata che sembra escludere, seppure il passare degli anni, ogni possibile speranza di miglioramento.
- Le campagne hanno bocche, di Andrea Biondi, FaraEditore.
L’orgasmo delle campagne
ha spaccato le case,
le pietre sono rotolate nei fossi
e le famiglie sono scoppiate in pianto.
Io ho preso le carte,
ho pensato al ginepro.
Ho vergato versi sottili
che mi hanno fatto piangere.
I cuccioli d’uomo rifuggono le tane
quando i campi sciolgono in ombre.
Gesù! Gesù! Non farci morire.
Come dice Antonio Vittorio Guarino: “E dunque si lasci andare, chi avrà la fortuna di leggere la raccolta, alle suggestioni che essa stessa suggerisce”, e continua Cesare Davide Cavoni: “Poesie che raccontano storie e per questo si fanno leggere. Infatti raccontano con garbo”, poi Germana Duca: “Il poeta partecipa al racconto della natura, fra memoria, desiderio, attesa”, quindi Teresa Armenti, anch’ella membro della giuria: “Sulla terra ballerina, squarciata, sommersa nel dolore, percossa e bastonata, si eleva un singulto, che diventa sussulto, preghiera, pianto, canto, ora sommesso, ora agonizzante, ora grido di protesta” … e, per finire, il mio bravo a Biondi, che riesce a far diventare la sua terra, terra di tutti noi, madre, di tutti noi.
- Accecate i cantori, di Angela Caccia, FaraEditore.
Come scrive Alessandro Ramberti: “Questo libro - vincitore del concorso Versi con-giurati (con, in appendice, alcuni inediti dei poeti Lucianna Argentino e Francesco Filia, membri della giuria) vi scaverà a fondo con il suono di immagini bellissime nella loro concretezza palpabile, con la poesia che si rivela (assieme alla preghiera) forse l’unica modalità di accettare la parola fine, di predisporsi - tremanti, timorosi e tuttavia fidenti - ad accogliere quella soglia abissale e ignota che sembra ingoiare ogni senso, ogni parola”. Ecco alcuni stralci dal libro …
“A sera / nella camera oscura del ventre / ricomponete i minuti raccolti / potenzialmente preziosi – poi – / ancora una volta accecate i cantori!”
“La poesia sta dietro / in agguato / tira su capanne / in cui le sillabe s’accalcano”
“Non si sguscia dai tanti bui – non ci si salva – / senza portarsi un’ombra addosso”
“Come nave al largo ti guarderò sparire / col tuo minimo di equipaggiamento / … ti avessi dato la mia mappa dei venti! / Ma crescere / è l’avventura di solitudini in mare aperto”
“L’ortica ridipinge l’entrata / ha un rossetto sbavato sulle labbra”
“Chi fu il primo a piantare sé nell’altro / e confidare in quell’innesto vide anche / la fatica di crescere e l’albero di oggi”.
- Sussurri e rivelazioni, di Franca Oberti, FaraEditore.
Del suo fare scrittura così dice l’Oberti: “Sono sicura che ci sia sempre un Angelo vicino a noi. Potrebbe essere uno solo, oppure tanti, dipende dai momenti della vita, ma uno è quello che io chiamo il Primo, credo si possa definire l’Angelo Custode delle nostre preghiere, ed è quello che ho imparato ad ascoltare, quello che sussurra, specialmente la mattina, di buon’ora. Non sento voci, né bisbigli, piuttosto è qualcosa che entra in me, non sono necessariamente parole; le parole arrivano dopo, mentre sto scrivendo. (…) Sono le prime ore del mattino quelle in cui l’Angelo arriva a sussurrarmi, e, a volte, le sue rivelazioni mi spingono a fare ricerche, a dare corpo a quella che, ancora nella mia mente razionale, classifico come fantasia; ma nel momento in cui scrivo, comincio a concretizzare quei sussurri e le rivelazioni si svelano, diventando racconti e poesie” … al che aggiungo: e come non essere d’accordo?
- La storia di Layla e Yurkemi”, di Gianluca Chierici, FaraEditore.
“ … Qualcosa cambiò quella notte. Le nuvole arrancavano nel cielo color carne. Il cielo sembrava sul punto di sfasciarsi. Nella vertigine delle ore una crudele attesa stava filando la sua ragnatela. Non ero io la preda. Ma il mio amore per Yurkemi … “ (dal testo)
Scrive di questo libro Angela Colapinto: “Mi chiamo Layla e vivo di ricordi. Con queste poche parole l’autore ci presenta il personaggio e ci offre la sua chiave di lettura. Un incipit che ha in sé l’eco di una storia lontana nel tempo e che lascia il lettore sospeso, in un limbo tra mito e realtà?”, e continua Francesco Di Sibio: “La sua lingua era fatta di luce. La luce che eravamo. La vibrazione che siamo. Una storia a cavallo tra un fantasy e un manga giapponese, dove la lunga ricerca è frutto di dolore e sofferenza in un posto in cui l’incantesimo dell’amore lascia un inverno senza fine”, quindi Claudio Fraticelli: “Una varietà di quadri in cui il non detto lascia il lettore libero di proiettare le proprie emozioni sullo scritto”, e Alessandra Gabriela Baldoni: “Il ritmo incalzante della narrazione incarna il sentire della protagonista sempre in tensione tra due mondi, quello della vita e quello della morte, della realtà e della visione” … opera che molto mi ha colpito per come il vero e il verosimile danzino fra loro, dando comunque forma alla verità.
ANCORA INFINITI GRAZIE a tutti coloro che mi omaggiano con questi preziosi regali che andranno ad ampliare la mia ormai babelica biblioteca !!!
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