lunedì 11 dicembre 2017

Lo scudo della memoria

di Vincenzo D'Alessio G.C. “F. Guarini”

Il prossimo 20 gennaio 2018 il poeta Pasquale MARTINIELLO avrebbe compiuto novant’anni: era nato nel 1928 a Mirabella Eclano, l’antica Aeclanum d’Età Romana nell’Irpinia adagiata lungo le rive del fiume Calore.
L’ho conosciuto mentre era preside nel Liceo Scientifico Statale “Enrico FERMI” (oggi Istituto d’Istruzione Superiore) di Vallata, sulla dorsale appenninica che congiunge l’Irpinia alla Daunia antica seguendo la Via Appia. Successivamente nella città natale mentre era intento alla fondazione e alla promulgazione del “Premio Aeclanum ” di poesia dopo il sisma del 1980.
MARTINIELLO era l’uomo del SUD sempre in movimento, come dettavano le sue radici contadine mai tradite, convinto che il riscatto della gens irpina iniziasse dai banchi della scuola statale per raggiungere i gangli sociali attivi in un paesaggio antropico troppo spesso spopolato dalla cattiva gestione politica locale, e nazionale, e dai ciclici fenomeni naturali.
Da questa profonda lezione di vita, con l’autorità concessagli dalla sua gente, fu eletto sindaco della sua città, istituendo scuole di base e licei, oggi orgoglio di questa terra, dando l’avvio alla crescita culturale che negli anni settanta ha poi permesso il benessere durevole, anche per gli emigrati di ritorno, fino al terremoto del 23 novembre 1980.
Uomini/poeti come il Nostro sono difficili da racchiudere nelle parole e in un pensiero se non richiamando alla mente l’orgoglio di un altro poeta meridionale, al servizio di Roma capitale del mondo, Orazio: Exegi monumentum aere perennius.
Tanti sono i premi raggiunti, i convegni realizzati, i viaggi in tutta Italia, le pubblicazioni di raccolte poetiche, la collaborazione gratuita offerta nelle Giurie dei premi letterari alle quali donava il senso della sua onestà culturale, le critiche letterarie e le parole di conforto ai giovani esordienti nel campo delle Lettere.
Serietà, coscienza e amore per la vita: sono testimoni oggi la moglie e i suoi due figli sostenitori della fiaccola paterna affinché lo scudo della memoria sorregga l’avanzare della polvere del Tempo.
La poetica del nostro Autore è solida e fonda principalmente sull’arricchimento dovuto alla lettura continua dei testi poetici e delle opere che hanno segnato il decorso letterario del secondo Novecento.
Per me, che l’ho avuto compagno di viaggio sul treno delle Lettere, desidero ricordare di lui, oggi che parlano i suoi versi e non più i suoi occhi scuri, la raccolta più cara che lo consacra a “Padre della Terra” Nostra e dell’Italia contadina di una volta: I canti della memoria (Ibiskos Editrice 1995) dai quali traggo la gioia di leggere per voi il canto che fu anche del poeta di Tricarico nella poesia che tocca le corde dell’anima:


“Buona la mia gente / che teneva figli sparsi per il mondo / Al mattino di latte battezzava il giorno / e di afrore di stalla inzuppava panni / e voglie / E quando la stella del “valàno” / luce pulsava / mio padre con il dito la segnava / a candela di partenza nell’ombra ancora densa / (…) La nostra via era il cuore di tutta / la famiglia / che vogliosa di lavoro / in silenzio / andava come ad un altare il sogno di una sposa.” (pag. 26).


Non posseggo le parole dei grandi critici che hanno commentato le opere del Nostro. Né la fortuna di avere respirato l’aria di casa sua come i figli che oggi scrivono di lui.
Mi sono inebriato, nel calore delle sue parole, mentre presentava ai giovani studenti del Liceo Classico Statale “Dionisio Pascucci” di Dentecane la figura eclettica di Monsignor Michele RICCIARDELLI, compagno di viaggio del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra” giunto alla sua ottava edizione nel 1990, e da quell’incontro scaturì la corrispondenza tra un alunna dell’istituto scolastico e la poetessa Annalisa CIMA da Lugano.
Oggi ne rinnovo la memoria ai lettori prendendo in prestito il pensiero critico di un altro scrittore impegnato nel sociale, docente anch’egli nei Licei Statali, avvinto alla stessa radice di riscatto dai mala tempora del Nostro Sud:

“(…) Pasquale Martiniello era infatti un Poeta vero, perché era innanzitutto un Uomo vero, un uomo che sapeva guardare negli occhi la realtà, senza finzioni, senza ipocrisie, con realismo e con passione, con intelligenza e amore, e sapeva indicare la strada, sapeva comprendere gli altri, perché conosceva gli uomini e sapeva comprenderli ed amarli.” (Paolo Saggese, in Comunità Provvisoria, febbraio 2010).



Antologia del Premio Nazionale Biennale di Poesia “Città di Solofra” VIII edizione 1990

Giuria Popolare, dell’VIII edizione, formata dagli studenti del Liceo Classico “D. Pascucci”, marzo 1990. Martiniello è il primo a sinistra.

Tavolo della Giuria della IX edizione del “Città di Solofra” di Poesia: Martiniello è il secondo a destra dopo il relatore.

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