mercoledì 1 febbraio 2017

Carmine TROISI: il poeta innamorato di Cristo

di Vincenzo D'Alessio & G. Culturale F. Guarini







Il quattro ottobre del 1866, nell’abitazione paterna situata in “Capopiazza” nella cittadina di Solofra, nasceva un bambino al quale fu dato il nome di Carmine, Antonio, Nicola ed il cognome TROISI. 


Solofra (AV), era allora una cittadina operosa come scriveva un altro grande poeta conterraneo nel suo Pantheon Solophranum (Carmen) pubblicato nel 1886: «Vi corrono vistose, e comode strade vuoi per transito, vuoi per passeggio (non esclusa la Ferrovia con la rispondente Stazione). Non vi manca l’illuminazione notturna: vi trovi pubbliche Fontane a dovizia, fluenti acque freschissime, e salubri. Opificii del Battiloro in antico molteplici, e famosi; Fabbriche per la concia de’ Cuoiami, e delle Pelli, di cui alquante dirai non inferiori alle più simili specie, rinomate: Macchine idrauliche per sfarinare granaglie e corteccia: una pubblica Piazza, ricca di Negozi, in cui, secondo la varietà delle stagioni, avrai ogni cosa venale: eleganti Farmacie, e Speziarie Manuali, e caffè. (…) Il suo popolo pacifico, intellettivo, ospitale, laborioso, prima di essere stato quasi interamente esterminato dal flagello della Peste del 1656 oltrepassava le 10000 Anime» (pag. 7).

Carmine aveva nel cuore un immenso amore per la sua terra natale e per la vocazione sacerdotale, nata nel petto in tenera età davanti all’ostia consacrata. Della sua immensa dignità sacerdotale ne parla ampiamente il chiarissimo professore don Michele RICCIARDELLI nel volumetto da lui curato dal titolo: Tre uomini di fede (Solofra, 2000).

Scrive a tal proposito, nella breve biografia, nel volume realizzato dalla professoressa Mimma De Maio dal titolo: L’ottimismo dell’umanità (Ed. Accademia Solofra, 1984): «(…) Fin dalla tenera età sentì il richiamo alla missione sacerdotale che fu sempre consona alla sua indole e che lo portò, infine, ad essere Primicerio della Collegiata di San Michele Arcangelo in Solofra. Lo vediamo anche presente nella vita civile, come consigliere ed assessore al comune. Profuse le sue doti migliori nell’educare i giovani. Alla sua scuola privata si formarono, in più di mezzo secolo, tanti giovani solofrani, che da lui apprendevano, accanto al latino, anche ad essere cristiani coerenti e cittadini responsabili» (pag. 11).

I suoi sonetti “volanti” vengono commentati in questo volume dal professore Michele GRIECO, già sindaco di Solofra, con le seguenti parole: «(…) Bentornati, sonetti volanti , che con una cadenza antica ci venite a rinnovare, a rievocare, in un momento di esperienze liriche fra le più rischiose e innovatrici, atmosfere d’altri tempi, con movenze e accenti e pennellate pascoliane e zanelliane, quelle vecchie cose e quei palpiti su cui indugiava malinconicamente e pateticamente il sorriso dolce amaro di Guido Gozzano» (pag. 5).

Mirabile è il sonetto scritto durante il soggiorno a Roma negli anni che vanno dal 1892 al 1916, città materna perché vi era nata sua madre, donna Michela Gisolfi, e per l’amore eterno che egli nutriva per il luogo più sacro della Cristianità:

La cupola

Di contro al ciel soffuso di zaffiro,
in vaga, vaporosa lontananza,
come sdegnando la terrena stanza,
la Cupola librarsi alta rimiro.

Ne l’ampio, aereo suo trionfal giro,
dai sette colli, su le nubi avanza,
bella di leggerezza e d’eleganza,
vertice, eterno d’anime sospiro.

Olimpo novo è tal celeste mole,
ove di Cristo maturò la pianta,
faro a l’errante, uman , mutabil prole.

Ed è ad un umil pescator che tanta
macchina torreggiante incontro al sole,
in sue superbe linee, gloria canta.


(ivi, pag. 107)


L’anno appena trascorso ha segnato i centocinquant’anni dalla sua nascita. Una semplice lapide marmorea ricorda agli abitanti della città natale la bellezza della sua immortalità conquistata tra le gigantesche mura della Collegiata di San Michele Arcangelo davanti agli uomini e nelle arcate della Città Celeste del Cristo che ha tanto amato durante tutta la sua vita.


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