martedì 13 dicembre 2016

Su Piano Argento



recensione di Silvio Aman  


http://www.ilverri.it/index.php/le-collane/collana-rossa/piano-argento-detail


Piano Argento, edizione bilingue con versioni in inglese di Anthony Robbins, è l’ultima raccolta poetica di Angela Passarello. Il volume, preceduto da una nota di Giampiero Neri e da un saggio di Giulia Niccolai, presenta quattordici disegni della stessa autrice, situabili fra l’espressionismo e l’art brut. Giulia Niccolai, che ha interpretato molto bene il lavoro della poetessa, definisce così Piano Argento:

[…] Piano Argento, per Angela non può che essere la sua Time Square, una vasta Piazza del Tempo, una sorta di ampia e profonda conca d’argento che abbia custodito per quasi una decina di “lustri” i suoi ricordi d’infanzia, che si sono man mano tramutati in poesia per la sua sensibilità ed esperienza di vita.

Nelle interviste a poeti e scrittori si usa chiedere chi siano i loro padri, dimenticando le madri, che da Saffo in poi hanno costellato il mondo letterario con opere indimenticabili. Angela è, infatti, molto sensibile ad alcune poetesse russe, fra le quali Marina Ivanovna Cvetaeva, anche se nella propria scrittura si muove in modo indipendente. Lo stile è l’uomo, scrisse il conte di Buffon (frase ripresa dallo psicanalista Lacan) esso colora di sé ogni atto, come accadde a re Mida, e non è tramandabile per filiazione. Se nella poesia dell’autrice si trovano riflessi di altri autori (come spesso accade: basti pensare a automnes e monotones nel Paysage di Baudelaire poi presenti in Chanson d’automne di Verlaine) ciò è dovuto a un atto d’amore o alle cosiddette affinità elettive. La vera guida di Angela Passarello è in fondo Μνημοσνη, figlia di Urano e di Gaia, antichissima dea della memoria preposta alla conservazione degli accadimenti fin dagli albori del mondo, memoria che in questa raccolta appare governata dal desiderio di ricordare persone, fatti e oggetti della città di Agrigento – patria dell’autrice – circoscritta alla piazza-onphalos dal luminoso nome di Piano Argento, Time Square, appunto, tranne nelle ultime due composizioni In visita e Flashback legate alla città di Milano, dove l’autrice si era trasferita.
A offrirle subito il tono al libro abbiamo, in apertura, la pietra dell’omonima poesia, reliquia che la poetessa raccoglie fra le macerie della casa distrutta, e perciò “testimone d’indelebili presenze” poi espresse nel corso del libro:

adesso che la tua casa è scomparsa
fra le macerie raccolgo un’antica pietra
testimone di indelebili presenze

Dopo questa pietra-simbolo, appariranno molti oggetti: la vecchia Singer, l’uncinetto, il ferro da stiro, il catoiu (dove c’era tutta la casa compreso l’asino bigio in un angolo) i garofani, i tulipani, le quartare, i campi, la valigia, le canzoni e via elencando, attorno ai cui si sviluppano i vissuti…

con la singer di nero smaltata
posta in un angolo della cucina
facevi u’ritipuntu alle lenzuola
sotto la punta dell’ago scorreva
dalla spagnoletta il filo bianco
quando imbastivi i vestiti per la festa
spezzavi il filo con i denti davanti
nel medio indossavi il ditale
appariva regale la tua mano vestita

Fin da queste due prime poesie, in cui le memorie affiorano senza maquillages, ma conservandone i loro aspetti umili e spesso crudi, si nota che l’autrice completa le proprie memorie inserendovi alcuni tratti del dialetto agrigentino, ma non solo, perché troviamo espressioni e termini in francese, tedesco, inglese oltre all’arabizzato salaam aleikum. La forma assunta dalle micro-prose in questione è l’epigramma, non per colmarlo con prove di virtuosismo lirico, come spesso avverrà in seguito con la celebre Antologia palatina, o di arguzie e toni satirici alla Marziale, perché esso testimonia il desiderio di rimemorare in termini oggettivi un fatto, un luogo, un comportamento, una caratteristica personale, sia pure in modo puntiforme, tramite dei flash, offrendoci così un’immagine dell’ambiente caro alla poetessa. Ricordiamo che in Grecia, inizialmente, l’epigramma era posto su monumenti e lapidi sepolcrali per ricordare un evento o un defunto, ed è in queste due accezioni che qui si presenta.
Nelle composizioni naïf di Piano argento (naïf nel senso etimologico di nativo, vero e poeticamente suggestivo, contrapposto a sofisticato e accademico, quindi senza malevoli riduzioni, se si pensa che il termine fu impiegato da Schiller per definire la poesie di Goethe) colgo alcuni contatti con la scrittura di Giampiero Neri, che della poesia non lirica, svolta nella forma del poema in prosa fino a raggiungere concisioni epigrafiche, si è imposto come il rappresentante più caratteristico. Si tratta di empatia nei riguardi di un autore apprezzato o di due percorsi paralleli? Considerando anche i dipinti e le sculture dell’autrice, molto essenziali ed enigmatici, propenderei per la seconda soluzione. Ecco, qua di seguito, alcune caratteristiche di Piano Argento, che inclini al dettato laconico di Neri e al suo ricorso alla memoria – con il verbo costantemente all’imperfetto – punteggiano le composizioni di Angela Passarello: sulla facciata della basilica/ il muschio si espande/ lungo crepe vacillanti d’ombre (Via Sa Girolamo). nel discendere per la via la sua ombra/ si allungava sulle pareti delle case (Il lattaio). li comprava al mercato a basso costo/ diceva senza acqua durano nel tempo (Tulipani). sembrava guardarli la sua forma animale/ di sera poggiata sul prato (La roccia ippogrifo). Parlando di affinità, un autore che accomuna i due poeti è Lee Masters con la sua Spoon River Antology, se consideriamo il tono di fatale irrevocabilità con cui si articolano le loro composizioni. A questo punto occorre però far notare le differenze, perché gli esiti poetici di Angela Passarello sono lontani da quelli di Neri, quasi tutte in funzione meditativa attorno alla violenza e al mimetismo. Con un piglio scevro di nuances psicologiche e musicali, Passarello – nota anche come artista visiva – compone in modo realistico e laconico, ma ciò può dipendere dalla necessità di esorcizzare la commozione suscitata da certe figure, ad esempio quella della madre intenta a cucire o a dar forma alla tipica pagnotta del luogo. A prima vista, le composizioni di Piano Argento parrebbero didascalie per scene di genere, mentre si tratta di situazioni davvero vissute dall’autrice, che le ha poi religiosamente rilegate assieme al commento visivo tanti bei disegni. Un libro con figure affascina, e quelle di Angela ottengono anche lo scopo di spostarci dalla visione molto asciutta delle sue poesie in prosa, come leggiamo in ferro da stiro:

lo muoveva nero nero
sulla superficie di lenzuola di camice
dai fori il chiarore dei carboni
percorreva valichi piste fra le pieghe
impugnava con forza il manico antico
girava la punta solcava angoli lati
diceva dal piego dipende la forma
gli indumenti lisi li ricomponeva
nell’ordine da lei stabilito

Riguardo alla struttura, di cui ho già indicato la cifra, in questa raccolta prevale l’aspetto denotativo su quello connotativo (al contrario dei disegni) e l’estraneità alla metrica. In alcuni versi luccicano qua e là rarissime rime: in u’ritipuntu “ditale” in uscita di verso, e “regale” come rimalmezzo. In garofani abbiamo l’assonanza di “defunti” all’interno e di “profumo” in uscita di verso, e in ferro da stiro le desinenze anaforiche di -eva, -eva, -ava, -eva. L’assenza della punteggiatura, le mancate maiuscole nelle parole iniziali e la sintassi semplificata, quasi priva delle particelle in funzione connettiva, danno una selvatica fluidità al percorso, scandito, tuttavia, dall’incessante percussione del preterito.

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