In
principio era il Verbo… E
la poesia dove era nascosta? Nel verbo? Nel suono? Nella melodia? Nel silenzio
che veniva dopo la prima Parola? Cioè come si è arrivato alla Storia che ha sconfitto
il silenzio che minacciava di inghiottire l’Uomo tutto paralizzato dalla paura
dopo il primo Scoppio del Big Bang estistenziale e linguistico? Cosa facilissima.
Bastava solo spalancare occhi e bocca per vincere sia lo stupore umano che il
silenzio universale. Ed è così che è nato il primo suono. Il prossimo era già
il ponte verso il canto che ci racconta ancora oggi che dall’emozione e dal
silenzio nasce sempre la Storia. Ovvero la poesia narrante.
Questo è anche il caso della poesia di
Caterina Camporesi. Poetessa, psicoterapeuta, condirettrice e redattrice delle
varie riviste che si occupano della poesia (La
Rocca Poesia, Le Voci delle Luna) collaboratrice ed ideatrice dei diversi
eventi culturali e Premi letterari nazionali in realtà non fa nient’altro che
osservare ed indagare quel legame – filigrana tra le emozioni ed pensieri,
propri ed altrui. Il che poi è solo il suo mestiere che sta nel riordinare le
nostre emozioni facendo uscire il nostro cuore dal silenzio della sofferenza
quotidiana, esistenziale, storica, cosmica… Ma prima di tutto umana. E la
Camporesi lo fa in modo eccezionale già da decenni con la sua poesia-rimedio
ovvero con i suoi sette libri di poesia (Poesie
di una psicologa, Euroforum, Rimini, settembre 1982, Sulla porta del tempo, Edizioni del Leone, Venezia, febbraio 1996, Agli strali del silenzio, Edizioni
dell’Istituto Italiano di Cultura di Napoli, marzo 1999, Duende, Marsilio, Venezia, ottobre 2003, la silloge Solchi e nodi, Fara Editore, Rimini,
gennaio 2008, Dove il vero si coagula,
Raffaelli, Rimini, 2011).
L’ultima raccolta Muove il dove (Raffaelli, Rimini 2015) è l’ultima perla della lunga
collana delle risposte poetiche che l’autrice dona sia ai suoi lettori che a se
stessa. Si tratta di una cinquantina di pagine dei componimenti brevi che a
volte assomigliano alla poesia haiku per la loro concentrazione e la semplicità
lessicale e retorica che eppure riflette una sagacia incredibile della
poetessa. Diremmo anche una filosofia poetica tutta sua. L’antologia infatti
comincia con l’incipit-aforisma del filosofo Ludwig Wittgenstein: “Impossibile
scrivere in maniera / più vera di quanto si è veri.” Siccome il dialogo e la
ricerca sia del sentimento giusto che della parola addatta e capace di
esprimere le vere “misure” dell’animo umano fanno il nucleo della poetica e
dell’ottica intima di Camporesi, la sua risposta: Il proprio andare / la meta rappresenta la sua introduzione in un
insolito viaggio della parola poetica che racconta e rivela sia se stessa che il
motivo del proprio andare. Ovvero della vita umana.
La sua è una ricerca poetica immaginata
come l’eterno gioco artistico che dovrebbe darci una valida risposta alla
domanda come nasce la poesia. E poi qual’è il fenomeno più antico: l’emozione o
la poesia? Cioè è la prima che innesca la seconda o viceversa? In
principio era il Verbo, ma seccondo la Camporesi esserci è parola / che all’azione spinge / silenzio. La seconda domanda che la poetessa si
pone è dove va la poesia? Ed è così che comincia il viaggio della parola
poetica fino allo stesso fine, il viaggio con i versi dove essa si tramuta in
tante cose, prima nei suoni e nelle luci e in seguito nei tempi ed eventi. Il
muoversi della parola poetica che diventa una poesia prima m(u)ovente e poi
narrante è l’invito della poetessa rivolto sia a noi che a lei stessa a
scoprire i nuovi spazi della poesia e dell’anima umana. Nello stesso tempo è un
incanto eterno che a volte con la nostra ricerca da lettori e da artisti
assomiglia ad un circolo vizioso da cui si esce solo muoversi o seguendo la
parola e la traccia magica della poetessa: apre
al mistero / la porta del cielo //
sprigiona scintilla / sulla terra.
Ed in più la ricerca-viaggio diventa un “cartellone” significativo durante
il nostro cammino per la strada “poetica” che ci indirizza verso l’essenza della
poesia e dei noi stessi: sprigiona
folgoranti lampi / il buio a lungo sigillato / strinando arcaici ieri / dona al
domani sentieri”
Questa sì che è la forza della parola
narrante delle poesie di Camporesi che narrano il processo - collana della creazione
artistica insieme alla crescita interiore di ogni suo lettore. Si cresce
muovendosi, emozionandosi cercando il motivo, il dove ed un magico e felice
altrove. L’eterna ricerca umana dei nuovi spazi, delle nuove conoscenze e di un
fine ‘finale’ o assoluto che ci renderà eternamente felici e sereni. In somma
una ricerca artistica e personale che non smetterà proprio mai perchè ci porta
sempre avanti, verso un futuro che cancella la fine. Ossia muove il dove nell’altrove. E tutto ciò che si muove rispecchia la
vita. La parola poetica che si muove va ancora oltre scoprendo l’essenza sia di
se stessa che del nostro essere: la creazione. Proprio la creazione che
illumina il vero senso della nostra esistenza: fare, ideare, dare la vita (a),
illuminare… In breve, poetare. Nonostante tutto. Ed inanzitutto.“…da abissi di corpomente / si risolleva il
pensiero / come luce di fuoco risale / per avvampare il tutto”
Per dire tutta la verità la poesia di
Camporesi “avvampa” o illumina proprio il vero significato del poetare. E lo fa
in modo semplice, breve e forte. Per non dire essenziale. Gianni Criveller ha notato benissimo
nella sua postfazione di questa ultima raccolta di Camporesi scrivendo che “la
parola chiave è essenzialità. Non ci sono tittoli per le poesie, suddivisioni
tematiche o cittazioni introduttive.” Un’impresa dificillissima visto che le
emozioni e lo slancio poetico a volte vincono la razionalità linguistica di cui
anche deve essere dottato un bravo poeta e scrittore. Ivo Andric, il premo Nobel serbo,
rinomatissimo inoltre per il suo stile impecabile, diceva che quando si scrive,
bisogna sempre togliere il superfluo e tornare al testo scritto più di una
volta cancellando sempre qualcosa finchè non si arrivi all’unica parola che
esplode dall’espressione. Cioè a quella che è la portatrice del significato. È
ovvio che la Camporesi ha trovato un modo giusto per billanciare la sua ricerca
poetica e lessica. I suoi componimenti che rispecchiano una certa musicalità
abbondano di tantissime assonanze, alliterazioni, insolite metafore e
neologismi (es: presentepassatofuturo, emozionivoce, corpomente ecc.)
E per finire in bellezza, basta seguire la
formula vincente di Caterina Camporesi lasciando la sagacia e l’acutezza della
sua poesia parlare da sola. “luce /
nell’unico lampo / che genera suoni // nell’arsura del vero / nidifica suoni
il canto // cova il senso atteso // esserci è parola / che all’azione spinge //
silenzio”.
Buona lettura ovvero buon silenzio poetico
che è sempre ben narrante!
MUOVE IL DOVE
Impossibile
scrivere in maniera
Più vera
di quanto si è veri.
(Ludwig Wittgenstein)
La meta?
Il proprio andare
in
scansioni ormeggiano parole
all’èrta
del cenno che le riveli
traslocano
da bocca a bocca
impazienti
d’impastarsi
sprigionano
folgoranti lampi
il buio
a lungo sigillato
strinando
arcaici ieri
dona al
domani sentieri
non
perde smalto il canto
lungo
strade deserte
se
incrocia ciò che manca
amalgamando
attese sogni intenti
la
storia si accasa sui fondali dell’io
nella
paradossale congerie dei tempi
presentepassatofuturo
si fa lampo
aggruma
vigore si racconta in evento
si
scioglie
in gocce
di accidia
l’agonia
del giorno
apre al
mistero
la porta
del cielo
sprigiona
scintille
sulla
terra
su acque
dell’alba
cammina
l’incontro
concepito
al tramonto
non
quello che si dice
neppure
quel che si fa
- dispera
ciò che si è –
procrastinata
scalpita
la parola
invoca
il tu
per
farsi canto
tornare
a sorgenti di ruscelli
navigare
in nebbie di anse
disseminare
intenti
divalgando
eventi
verità
naufraghe
lambiscono
rime
dimora
al divenire
in tane
lunari
trame
segrete
perpetuano
mete
scaramantiche
danze
propiziano
sortilege
il di
lui volto
nei
colori del tramonto
verità
inseguite
scompaginano
illusioni
dischiudono
percorsi
tallonando
scorci
in
pupille scorate
arcobaleni
radicano luci
nell’afonia
di notti
incendiano
voci
sulla
soglia
di
attesa sempre protesa
la
ragione capitola
corrompe
i cuori
a poco a
poco
il poco
diventa
tutto
il mai
sempre
ci si
cerca
là dove
non si è
per divenire
l’assolo
di loro
tu noi
e del
resto disperse
che
sempre si sottrae
in fessure
d’alba
s’allunga
la notte
tra
ciglia di buio
dischiude
segni
se ci si
perde
ci si
ritrova
annegando
nel
vuoto rovente
***
nell’arsura
del vero
nidifica
suoni il canto
cova il
senso atteso
esserci è
la parola
che all’azione
spinge
silenzio
TAMO U PESNIČKOM POHODU
Ne može
se pisati na verodostojniji način
nego što to sami jesmo.
(Ludvig Vitgenštajn)
Cilj?
Sopstveno kretanje
u trzajima pristižu reči
uz strminu znaka što ih odaje
sele se od usta do usta
nestrpljive da se zaodenu
munjevite odbleske oslobađa
tama dugo zapečaćena
dok gori vremešnost jučerašnjici
daruje puteve sutrašnjici
pesma ne
gubi svoju snagu
po osamljenim ulicama
sretne li ono što joj nedostaje
stapajući iščekivanja bremenite snove
priča se udomljava u dubine svog jastva
u besmislu spleta vremena
u trenu blesne sadjučesutra
zgrušava snagu u zbivanje se ovaploti
rastapa se
u kapima apatije
agonija dana
tajanstvenosti se otvaraju
nebeska vrata
šire se na zemlji
iskre
po vodama svitanja
brodi viđenje
začeto kad i dana smirenje
ne ono što se zbori
niti ono što se tvori
- gubi nadu u ono što postoji -
odgođena
utabana reč
zaziva tvojsto
da bi postala pesma
da se vrati na izvorišta potoka
da plovi po maglama okuka
da seje naume
preinačujući zbivanje
nasukane istine
zapljuskuju rime
opstajavanje u poretku stvari
u jamama mesečevim
skrivene spletke
ovekovečavaju ciljeve
sujeverne igre
umilostivljuju čini
obrise nekog lica
u bojama sutona
progonjene istine
razvejavaju opsene
otkrivaju puteve
sledeći u stopu izgone
u zenicama zamagljenim
duge gnezde svetla
u muklosti noći
bukte glasovi
na pragu čekanja
vazdan u produžetku
razum se predaje
miti srca
malo pomalo
ono malo
postaje sve
a uvek nikad
tražimo se
tamo gde nismo
ne bi li postali jedno
od njih tebe nas
i od ostatka razvejanog
što uvek izmiče
u pukotinama svitanja
produžava se noć
među trepljama tame
otkriva znamenja
ako se izgubimo
opet ćemo se naći
utopivši se
u uzavrelu prazninu
***
u muklom žaru istine
pesma gnezdi zvuke
tinja smisao što se čeka
postojanje je reč
koju na delanje podstiče
tišina
[Traduzione di Vesna Andrejević]
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