lunedì 14 dicembre 2015

Lo slancio vitale delle Orme

recensione di Germana Duca Ruggeri 


In giorni come questi, che sono una vera sfida per l’umanità, abbiamo il dovere morale di far progredire i valori positivi che la vita ci può offrire, sia mediante la ragione sia attraverso il dono della fede. Potrebbe essere questo, in estrema sintesi, il messaggio che Alessandro Ramberti desidera mettere in circolo con l’opera più recente, Orme intangibili.
I testi, oltre trenta, incastonati fra Premessa e Congedo, sorprendono per la coesione stilistica e tematica. Essa si concretizza in una complessa, originale drammaturgia sull’amore cristiano, trascritta mediante quartine di endecasillabi in rima abca, intercalate da un verso libero fra parentesi. Ciascuna sequenza, di lunghezza variabile, è sempre chiusa da una parola in caratteri cinesi, puntualmente tradotti nel suono e nel significato.Nomi – gioia, meta, fede, bellezza, spirito, anima… – e verbi – scegliere, farsi carico, aiutare… – seguiti con una certa frequenza da citazioni tratte dalle Scritture e dagli autori prediletti: Camus, Hadjadj, padre Matteo Ricci, George Hebert, C.S. Lewis, Kant, papa Francesco, L.A. Gokim Tagle, Teresa di Lisieux, Recalcati. Autori ripresi nelle Note finali con utili ragguagli bibliografici e posti in dialogo con altri ‘specialisti’ come Bianchi, Bergoglio, Bonhoeffer, Stein.
Poesia di meditazione sulla prima virtù teologale, in gran parte; con un recitativo che, se da un lato evoca l’innografia sacra, dalle origini fino al Manzoni e oltre, dall’altro diviene sinossi di echi di stringente modernità, da Luzi a Merini, a Nove nel poema mariano. Nel caso di Ramberti, la fede viene donata in sogno, è «una lancia gettata / da qualcuno indistinto e remoto…»; è boomerang salvifico lanciato dall’Amore e all’Amore ridestinato; è generatrice di un flusso di energie ascendenti e discendenti.
Queste ultime hanno il loro fulcro nell’azione dello Spirito Paraclito, che il poeta accoglie già in Apertura: «Da dove nasce la consolazione / capace di arrestare ogni lamento / l’idea che siamo all’orlo di un bacino / sul quale aleggia e vibra la ragione // (da unire con la fede) // plasmando i nostri sogni ed i progetti? / c’è un fuoco che discende dal battesimo / sui nostri corpo-ed-anima a dirigere / i passi perché siano più diretti» (p. 19).
Il Consolatore riappare nel cuore del libro: «Se superi la prova del naufragio / c’è un’aria che risplende prodigiosa / voce-colomba squarcio del battesimo / manto-scudo al diabolico contagio» (p.46). Ed è sia «voce infuocata dell’Io-sono», sia proiezione interiore, élan vital che, sul modello socratico, diviene progetto di vita: «Crescere fino a renderlo brillante / il nostro spirito; allora la gente / che incontriamo proseguirà con noi / estraendo felice in un istante // (un’illuminazione) // dall’anima dal cuore dalla mente / ricchezze misteriose insospettabili / persino nel dolore della fitta / nell’abbandono o al fischio del serpente» (p. 51). 
In parallelo, le energie ascendenti sembrano scaturire dall’anima. Un’anima dotata di ali, capace di portare in alto tutto ciò che in ogni essere umano vi è di pesante e, in tal modo, farlo partecipare del divino. Ad esprimere in figura tale moto ascensionale contribuiscono i quattro volti femminili che impreziosiscono la pubblicazione, incisi con sensibilità e maestria da Francesco Ramberti, fratello dell’autore. La somiglianza di tali immagini con l’anima umana, che ci fa di poco inferiori agli angeli, arricchisce di senso ulteriore il poemetto sulle orme intangibili: «Chi vola non imprime tracce a terra». Con tale consapevolezza, passo dopo passo Alessandro si apre al mondo, alla trascendenza, all’infinito, pronto a credere in sé stesso, negli altri e in Dio, in una prospettiva di umanesimo universale: «Il Regno è proprio lì con la sua perla / quando siamo abbracciati dal perdono / ci accorgiamo della sua vicinanza / nel più celato anfratto della gerla».
Attento al magistero di papa Francesco, ma anche ad Agostino, per cui non basta conoscere il bene per essere buoni ma occorre amarlo, egli canta il legame che intercorre tra bene comune e fede. Grazie ad essa, il poeta non solo ritrova Dio, ma anche il fondamento dei rapporti umani, la cui unità è garantita dalla fraternità: «Chi troveremo là se non chi abbiamo / gratuitamente aiutato? Quel prossimo / magari senza nome ci verrà / incontro e ci rivelerà chi siamo // (la grazia è proprio questo)». Un invito, in altri termini, a rifuggire l’utilità fine a sé stessa, l’interesse personale, la paura.

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