lunedì 6 luglio 2015

Il Canto di Cecilia e altre poesie di Laura Corraducci

Raffaelli Editore, 2015


nota di lettura di AR



C'è un'adesione sensuale alla vita (bellissimo l'esergo bacchinianoNei prati si scopre / la punta dell'erba. / La mia ombra cammina / io l'accompagno), nei versi di Laura Corraducci, ma il corpo, le cose sono al tempo stesso dei simboli, indici di una mancanza, frecce che indicano un oltre. Non si tratta di un oltre puramente metafisico, né della ricerca di un'alterità atta semplicemente a definirci e a delinearci: abbiamo qui piuttosto il desiderio religioso di un essere creaturale che trova in sé il mistero della scintilla divina e sa di esser-ci non certo per caso ma per amore, nonostante il dramma del male interno ed esterno a noi stessi (che pure è strettamente connesso al libero arbitrio). Come osserva nella illuminante Prefazione Francesco Napoli, questa raccolta rappresenta significativamente e in forma compiuta nell'ultima sezione che le dà il titolo: «L'attraversamento dei confini della prima persona singolare» per diventare «una voce e non più un'autobiografia in versi: suono e senso finalmente s'innalzano, esattamente come s'innalzò, di fronte all'estremo della morte, la “voce” di santa Cecilia» (p. 7).
La raccolta è scandita in 6 sezioni in versi liberi (anche se la presenza discreta degli endecasallabi qui e là trapunta la trama ritmica di una versificazione che potrebbe essere accompagnata da fiati e sobrie percussioni). Di ciascuna proponiamo qui di seguito alcuni sporadici lacerti delle poesie che ci hanno particolarmente emozionato per l'intensità delle immagini e la pregnanza del suono che “arriva” dove deve arrivare e “scuote” ciò che deve scuotere. 

sez I. “Il filo intorno al dito”


il vento che tu senti non è il volo

del gabbiano ritto sullo scoglio
è vapore di vita che s'innalza (p.18)

mi sento acqua scomposta al microscopio (p. 20) 


non parla nemmeno la chitarra

la penna si è chiusa nel suo tappo (p. 23)

srotolerai la lingua dentro il tempo

di una coniugazione nuova  dove
il buio si decompone piano e lento (p. 25)

o è il pigreco del tuo labbro superiore

a spaccare in un secondo tutti
gli assi portanti del mio mondo? (p. 26)


Sez. II. “I nomi rimasti” (con suggestioni di un viaggio in Africa)


sulla schiena ti percorrono i chilometri

con i figli incastonati al seno come perle (p. 37)

stanotte saprò indovinare le costellazioni

e risalire all'indietro la Via Lattea
ti accarezzerò i capelli in ogni stella
in cui mi sarà dato di inciampare gli occhi (p. 38)

ho inciso i miei giorni sotto i portici

nascondendo nel vuoto delle ossa
l'indifferenza del mio dio (p. 43)


Sez. III. “Versi per fare e guardiani”


la sera firmo patti con i cielo

per gettare oltre la porta
il fuoco del mio destino (p. 53)

sono un gabbiano che ha vinto la sua corsa

ho serrato l'oceano dentro i pugni (p. 57)


Sez. IV.  “Nella tasca sinistra” (incontri e volti in carcere)


gli han strappato ancora gli occhi dalla faccia

per prendere le lacrime e portarle a stagionare
come il legno scuro delle croci (p. 69)

questa scritta di penna sul muro

è il confine nero al nostro esilio
la firma sul nostro angolo di morte
del male che ci è uscito dalle dita (p. 75)

a Said (morto suicida in cella)

ora posso solo sfiorarlo col respiro
quel nome che non è più corpo (p. 76)

non c'è tempo ora per capire

il tempo è solo dato per restare (p. 78)


sez. V. “Il sonno della sera”


amore nero inchiostro di veleno

che riscrivi sul mio corpo
i quattro punti cardinali
segnando la rotta a tutti i desideri
amore grigio asfalto deturpato
che vai a lavarti gli occhi
nelle lacrime dei vecchi (p. 92)


sez. VI “Il Canto di Cecilia”


I.

lei serrava nella gola la vittoria
stappando al boia la sua voce
per sciogliersi il cielo nei capelli (p. 95)

V.

Cecilia vide Roma accartocciarsi sotto i piedi
(…)
e donne rubarle pezzi di corpo sulla pietra (p. 99)

VIII.

scegliesti di far cantare tutto il corpo
prima di fissarlo eternamente al Suo costato (p. 102)

IX.

sotto le sue dita palpitavano le vene
ma non tremò la carne al sussulto della lama (p. 103)

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