“Vattene” affidati all'invito folle
che fa di te il viandante del respiro
la parte delle terra più animata.
(pag. 39)
Orme intangibili di Alessandro Ramberti è un viaggio, su questo siamo tutti d'accordo.
Per me è il racconto di un viaggio intellettuale, creativo, di fede.
Mi sembra di riscontrare l'uso poetico del verso già utilizzato da fini teologi dei secoli passati.
Ci sono state figure considerate maggiormente legate alla poesia, come Dante Alighieri, altre più vicine alla teologia, come Tommaso d'Aquino.
Per Ramberti forse scorgo un'equidistanza che lo rende affine all'uomo di oggi.
Sì, perché il bisogno di riscoperta del trascendente e di una diffusa influenza poetica incombe sull'umano dei social.
Lì dove manca un elemento, va compensato.
Un viaggio, si diceva, ma il percorso è stato fatto, vissuto, sudato, sedimentato, infine narrato con l'artificio del verso poetico.
La struttura stessa, quartine di endecasillabi, rimanda a gruppi di scalini da salire, con un pianerottolo per tirare il fiato, il verso tra parentesi, ritmato e puntuale.
È un raccontare le salite effettuate, ora che è giunto alla vetta momentanea. Infatti, l'autore sa benissimo che nella vita, soprattutto nella conversione cristiana, non si giunge mai a un traguardo ultimo, ma sempre a tappe intermedie.
Tante possono essere le chiavi di lettura del titolo scelto, a me piace trovarci la diversità delle impronte che ognuno pone nel proprio percorso. La vita non è una cordata. Non c'è un percorso impostato dal primo della fila e da seguire passo dopo passo. Per chi crede, l'imitazione di Cristo non può prescindere dal calare l'esempio nella propria esistenza, nel particolare (particolarissimo esistere).
Potremmo prendere le quartine una alla volta, una al giorno. Ruminarla per scovarci dentro non il senso dell'autore, ma il nostro in quelle parole.
Per me è il racconto di un viaggio intellettuale, creativo, di fede.
Mi sembra di riscontrare l'uso poetico del verso già utilizzato da fini teologi dei secoli passati.
Ci sono state figure considerate maggiormente legate alla poesia, come Dante Alighieri, altre più vicine alla teologia, come Tommaso d'Aquino.
Per Ramberti forse scorgo un'equidistanza che lo rende affine all'uomo di oggi.
Sì, perché il bisogno di riscoperta del trascendente e di una diffusa influenza poetica incombe sull'umano dei social.
Lì dove manca un elemento, va compensato.
Un viaggio, si diceva, ma il percorso è stato fatto, vissuto, sudato, sedimentato, infine narrato con l'artificio del verso poetico.
La struttura stessa, quartine di endecasillabi, rimanda a gruppi di scalini da salire, con un pianerottolo per tirare il fiato, il verso tra parentesi, ritmato e puntuale.
È un raccontare le salite effettuate, ora che è giunto alla vetta momentanea. Infatti, l'autore sa benissimo che nella vita, soprattutto nella conversione cristiana, non si giunge mai a un traguardo ultimo, ma sempre a tappe intermedie.
Tante possono essere le chiavi di lettura del titolo scelto, a me piace trovarci la diversità delle impronte che ognuno pone nel proprio percorso. La vita non è una cordata. Non c'è un percorso impostato dal primo della fila e da seguire passo dopo passo. Per chi crede, l'imitazione di Cristo non può prescindere dal calare l'esempio nella propria esistenza, nel particolare (particolarissimo esistere).
Potremmo prendere le quartine una alla volta, una al giorno. Ruminarla per scovarci dentro non il senso dell'autore, ma il nostro in quelle parole.
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