Fare Voci. Giornale di scrittura
Gennaio 2014
www.isontina.beniculturali.it/index.php?it/223/fare-voci-giornale-di-scritturaEcco qui l’edizione di gennaio di “FARE VOCI. Giornale di scrittura”.
Un numero ricco, di nuove proposte e nuovi nomi.
Per continuare ad esplorare la mappa del nostro tempo e del nostro territorio.
Di seguito trovate:
- il libro: LA CONSUETUDINE DEI FRANTUMI di Fulvio Segato (recensione, intervista e testi)
- la proposta degli autori: lo scrittore Gianni Spizzo parla di COLLINA di Jean Giono
- gli inediti: IL PAESAGGIO DELL’OGGI ovvero lo scrivere di Matteo Ghirardi
buona lettura
Giovanni Fierro
Il libro
Il tempo quando si apre
“La consuetudine dei frantumi” di Fulvio Segato
di Giovanni Fierro
Già nel primo testo di questo libro c’è una dichiarazione di poetica. L’odore, il corpo, i luoghi, il tempo.
Si apre così La consuetudine dei frantumi, prezioso libro di Fulvio Segato, poeta triestino, che sempre di più sta lasciando un segno indelebile nello scrivere del nostro territorio.
In questa raccolta ci sono anche ritmo e suono, tanto vento a scompigliare, ma anche in senso positivo, l’umana esistenza.
Pagina dopo pagina, ci si immerge in una ricognizione ampia e profonda, del tempo presente.
Sia quando si rapporta al passato sia quando è premonitore dei tempi a venire.
E in questo fare poesia, Segato testimonia la propria volontà di tenere tutti i pezzi assieme; crea un quadro costruito con tenacia e coinvolgimento: ‘ma ci sono quei tuoi gesti, quel prendere/ quieta l’aria, serrala nella mano/ perché mai più voli, scompaia’.
E, come in “Le campane”, c’è grazia nel tratteggiare il nostro tempo, il nostro luogo dell’accadere. Non è poco.
‘Ci sono dieci cornacchie sul/ balcone. Guardano i miei fiori,/ i colori dei miei fiori oggi che/ è primavera. Ma erano solo due/ due sole ce n’erano/ ieri’. E questo è a dire del respiro di cui Segato ci fa complici, in uno stare dove la vita trova la sua collocazione, la sua identità. Sempre a cercare il confronto, in una possibile crescita, con una inevitabile difficoltà, per una auspicata confidenza.
La consuetudine dei frantumi è scrittura da custodire con attenzione, materia calda e pulsante che vuole aprirsi e mostrare il proprio esistere. È libro che si augura a tutti di scrivere. E di leggere.
L’intervista
Nelle
tue poesie se c'è sempre, a parer mio, un qualcosa che si ricompone
(tempo, memoria, emozione...), il tuo scrivere ha a che fare con questo?
Tempo e memoria sono parametri essenziali nelle mie poesie. Sono movimenti, gesti, sospensioni e soprattutto lasciti che fanno scaturire l'emozione e di seguito la scrittura. Credo che la poesia (anche nelle sue forme più spinte o avanguardistiche) attinge sempre alla memoria, che io intendo come un fatto comune e non semplice momento soggettivo lontano, ricordo personale.
In questa raccolta sono molto presenti sia il vento che l'aria, che danno ulteriore respiro e senso alle parole, è così? e se si, perché?
Vento e aria, ma anche acqua, con tutti gli esseri viventi che contengono e vi vivono sono elementi che uso per dare appunto "respiro" al verso e alle parole, ma anche elementi necessari per far trasportare il ricordo personale verso un tipo di memoria più ampia e collettiva. Per liberare la parola dalla staticità e dalle secche e costringerla a giri più vasti, per toccare situazioni non prettamente mie, ma che riguardano il vivere di molti e anche sconosciuti.
La tua è una poesia completamente immersa nel quotidiano, anche se sono presenti gli eco di passato e memoria, cosa succede in questo tuo confronto temporale?
Un continuo dibattito, a volte una rivalutazione, certe altre una piccola battaglia. La vita nel quotidiano se non lanciata verso uno scambio e confronto con il già successo, il possibile o quello che avrebbe potuto accadere se...può causare un profondo sedimento nel quale rimanere invischiati. C'è bisogno anche di molta moderazione in questo, per non cadere nell'opposto, nella revisione continua, e per non restare impantanati nel passato stesso con il rischio che diventi mito. Il quotidiano è, insomma, l'adesso, il questo momento in qui io vivo.
Questo tuo 'cercare l'unità', dà ulteriore significato a come, e quanto, il vivere sia sfuggente, destinato ad andarsene. Ti riconosci come autore in questo?
Si, precari ed effimeri e facenti parte di una unità creata che si manifesta prepotente e viva in innumeri forme, anch'esse effimere e sfuggenti ma, tutte, uniche. Fermare gli attimi di questo veloce trascendere universale è quello che cerco di portare nelle mie poesie.
Le cose minime del vivere, quelle più difficili da raggiungere e mantenere, anche alimentare, sono qui presenti. Sembra che verso di loro tu abbia uno sguardo, e un senso, di protezione....
Sono le cose minime, catturarle, che ci permette di dare la misura e il peso del vivere, non solo di quello personale. Attimi che ci appaiono istantanei ma che dobbiamo fermare e decifrare, trascriverli, per poi lasciarli continuare nel loro fluire. E vanno accuditi con tenerezza, perché fragili come vetro e a volte riflettenti come specchi.
Tempo e memoria sono parametri essenziali nelle mie poesie. Sono movimenti, gesti, sospensioni e soprattutto lasciti che fanno scaturire l'emozione e di seguito la scrittura. Credo che la poesia (anche nelle sue forme più spinte o avanguardistiche) attinge sempre alla memoria, che io intendo come un fatto comune e non semplice momento soggettivo lontano, ricordo personale.
In questa raccolta sono molto presenti sia il vento che l'aria, che danno ulteriore respiro e senso alle parole, è così? e se si, perché?
Vento e aria, ma anche acqua, con tutti gli esseri viventi che contengono e vi vivono sono elementi che uso per dare appunto "respiro" al verso e alle parole, ma anche elementi necessari per far trasportare il ricordo personale verso un tipo di memoria più ampia e collettiva. Per liberare la parola dalla staticità e dalle secche e costringerla a giri più vasti, per toccare situazioni non prettamente mie, ma che riguardano il vivere di molti e anche sconosciuti.
La tua è una poesia completamente immersa nel quotidiano, anche se sono presenti gli eco di passato e memoria, cosa succede in questo tuo confronto temporale?
Un continuo dibattito, a volte una rivalutazione, certe altre una piccola battaglia. La vita nel quotidiano se non lanciata verso uno scambio e confronto con il già successo, il possibile o quello che avrebbe potuto accadere se...può causare un profondo sedimento nel quale rimanere invischiati. C'è bisogno anche di molta moderazione in questo, per non cadere nell'opposto, nella revisione continua, e per non restare impantanati nel passato stesso con il rischio che diventi mito. Il quotidiano è, insomma, l'adesso, il questo momento in qui io vivo.
Questo tuo 'cercare l'unità', dà ulteriore significato a come, e quanto, il vivere sia sfuggente, destinato ad andarsene. Ti riconosci come autore in questo?
Si, precari ed effimeri e facenti parte di una unità creata che si manifesta prepotente e viva in innumeri forme, anch'esse effimere e sfuggenti ma, tutte, uniche. Fermare gli attimi di questo veloce trascendere universale è quello che cerco di portare nelle mie poesie.
Le cose minime del vivere, quelle più difficili da raggiungere e mantenere, anche alimentare, sono qui presenti. Sembra che verso di loro tu abbia uno sguardo, e un senso, di protezione....
Sono le cose minime, catturarle, che ci permette di dare la misura e il peso del vivere, non solo di quello personale. Attimi che ci appaiono istantanei ma che dobbiamo fermare e decifrare, trascriverli, per poi lasciarli continuare nel loro fluire. E vanno accuditi con tenerezza, perché fragili come vetro e a volte riflettenti come specchi.
L'odore scavato
Questo odore scavato che circola fra strade rioni
salite di porfido disassato
si forma con calma
passando lentamente
sulle mura
sui tetti
sulle piccole pozze che si stanno asciugando
sugli occhi che si riflettono dentro
e cercano
poi qui s'accomoda,
vicino alla mia sedia - con il suo silenzio-
scavandomi le ossa
scavandoci le ossa,
illudendomi di essere più leggero
dell'aria
- l'inganno del volo,
ma fa solo una sosta
prima di riprendere il suo giro
prima di bussare alla porta accanto
d'infilarsi in un letto fra lenzuola pulite
che hanno quel leggero profumo di viole
di viole
che ci siamo portati dietro
con noi dietro
tanto tempo fa.
Nato in quegli anni e lì disperso
Sono nato in quegli anni e lì disperso,
- il fiato dell’affetto ha fatto
rugginose le biciclette, quelle mai
pedalate, quelle lasciate negli angoli
le parole sospese sono rimaste lì
e da nessuno più usate.
Ho visto forse passare il santo,
- ci sono ancora i suoi segni
e se c’è un pozzo qui vicino
è lì che bisogna cercare,
cercare quegli anni dispersi
in cui siamo nati, con le mani
nell’acqua scura quel presente
riportare a galla,
e piano bagnarsi le labbra,
berla a sorsi quell'acqua
ricomporre le frasi, ridirle,
come se non ci fossero solo
queste pietre, dure e bianche
e senza luce e il netto lacero
del confine scavalcato , con le mani
coprirsi gli occhi oppure disegnare nell’aria
quello che si volle e non abbiamo fatto,
dispersi come eravamo in quegli anni
in cui nascemmo. Coprirsi gli occhi
con le nostre mani nate con noi.
Un cavallo rosso fatto con la plastilina
Un cavallo rosso fatto con la plastilina,
duttile docile, messo in centro alla tavola,
quattro alberi con poche foglie in controluce
luce e raggi dalla finestra, la debole
luminescenza di una lampadina quando
si fa scuro e una mela verde e brillante,
che rotola se toccata appena col palmo,
e una figuretta, sottile, sopra tutto,
più avanti del cavallo, della mela,
ma non più grande solo più vicina,
più vicina per riconoscere il viso, gli occhi
quello che c'è di liquido oltre gli occhi,
così da impastare e diteggiare una gonna,
o una giacca o un cappello,
nominare qualcuno per poi metterlo
ad arcione, farlo andare, farlo correre
e perdersi fra gli alberi che son diventati bosco
che sembra di sentire l'odore di umido,
perché è passato un temporale
ma ora è lontano e si odono appena
i colpi del tuono che scompaiono
e un ultimo tremare dei vetri.
La biografia
Fulvio Segato è nato a Trieste nel '59, città dove lavoro in una scuola pubblica.
Negli anni ottanta ho pubblicato due sillogi di poesie: "I canti della Fenice" e "Io, Narciso".
Nel 2013 le sue poesie sono state pubblicate in una silloge intitolata "Vocativi in eco" dall'editrice Helicon, quale premio Casentino e La consuetudine dei frantumi Fara Editore, premio Faraexelsior 2013.
È in preparazione per l'editrice Edizioni Progetto Cultura una raccolta di racconti dal titolo "Cadono i cormorani".
Ha conseguito riconoscimenti in concorsi letterari sia in poesia che in prosa.
Negli anni ottanta ho pubblicato due sillogi di poesie: "I canti della Fenice" e "Io, Narciso".
Nel 2013 le sue poesie sono state pubblicate in una silloge intitolata "Vocativi in eco" dall'editrice Helicon, quale premio Casentino e La consuetudine dei frantumi Fara Editore, premio Faraexelsior 2013.
È in preparazione per l'editrice Edizioni Progetto Cultura una raccolta di racconti dal titolo "Cadono i cormorani".
Ha conseguito riconoscimenti in concorsi letterari sia in poesia che in prosa.
Nessun commento:
Posta un commento